di Antonello

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

SALUTO L’ESTATE

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Saluto l’Estate con grandi Autori ed esordienti nello Zainaccio… e, noi, ci vediamo a Settembre.

“Scopro che una libreria di Parma ricorderà il ’68 leggendo alcuno miei testi. L’iniziativa mi tocca particolarmente, convinto che quello fu  l’anno fatale e simbolico , fine del dopoguerra e inizio  del primo vero cambiamento del  sentire comune . Vorrei  attraverso te  inviare un saluto e un ringraziamento alla libreria.”

Inizia così una mail inviata dal grande scrittore Gilberto Severini al suo editore di Playground, Andrea Bergamini.

Playground è una piccola e raffinata casa editrice, adesso affiliata al gruppo Fandango, che pubblica ottima letteratura, da Edmund White a Helen Humphreys, da Allan Gurganus a Emidio Clementi. Alcuni di questi volumi parlano di sesso, parte di questo sesso è omosessuale. Ed è proprio l’incontro tra omosessualità, cattolicesimo e vita di provincia a percorrere tutti i libri di Gilberto Severini, appartato scrittore marchigiano.

1Venerdì 20 luglio,infatti, alle ore 20.00 ai Diari di bordo, nel borghetto antistante la Libreria abbiamo fatto una Serata di letture ad alta voce dedicata a Gilberto Severini all’interno di una Rassegna del Comune di Parma sul 1968.

Abbiamo scelto di raccontare il 1968 attraverso la visione di uno scrittore talentuoso e appartato come Gilberto Severini e il suo Backstage senza però trascurare brani tratti da “A che servono gli amori infelici”, “Dilettanti” e “Congedo Ordinario”.

Una Serata di letture ad alta voce incentrate sulla scrittura di Gilberto Severini, che si interroga sugli esiti del Sessantotto attraverso incontri ed eventi fondamentali nella propria esistenza, svela retroscena, e allo stesso tempo riflette sulla storia del proprio paese: il mitico e mancato ’68, il lavoro odiato, le contestazioni al teatro di parola alla fine degli anni Settanta, i desideri fuggiti, gli amori infelici vissuti e suscitati, la rivoluzione tecnologica.

In “Backstage”, in particolare, ci racconta i personaggi propulsori o figli di questo cambiamento epocale: Lucio Dalla e Gaber, Flaiano e Moravia e Pier Vittorio Tondelli. Ci sono anche loro nel “Backstage” di questo concerto in cui il sentimento della perdita non è mai più forte dell’amore per la vita. In dialogo con il suo editore, Severini racconta le difficoltà di scrivere un libro sulla condizione di orfano: non solo orfano di padre ma anche “della fede. Della politica. Del futuro.

Muovendo dalla propria esperienza, l’autore passa a brevi e fulminanti racconti di amici, conosciuti tra gli anni Sessanta e Ottanta, che erano orfani pur avendo i padri in vita: “Lo dicevamo l’ultima volta che ci siamo visti, Andrea: di orfani con i genitori in vita ce ne sono tanti.”

Racconti di ragazzi che nel passaggio epocale dall’Italia contadina a quella industriale “diventavano per scelta orfani del mondo dei padri e dei fratelli maggiori, da cui scappavano ogni sera uscendo di casa.” Ritratti formidabili di individui e di un’epoca, capaci di trasformare Backstage in una ragionata e sintetica autobiografia italiana.

Consapevole, infine, dei tanti anni dedicati alla scrittura, Severini immagina sia arrivato il momento di tentare un bilancio. Lo spiega con una lunga riflessione in cui i ricordi del passato si alternano a irruzioni del presente. La pagina si popola di personaggi, tra realtà e finzione, sconosciuti o noti, citati con rapidi frammenti delle loro opere o ritratti con nostalgia, come l’amico poeta Franco Scataglini.

(dal sito della casa editrice Playground)

Di quello che è considerato il capolavoro assoluto di Gilberto Severini, “Congedo Ordinario”, ne ho parlato a lungo anche su Giuditta Legge e, non a caso, era al Quarto Posto della mia Classifica estiva di qualche settimana fa proprio sulla pagina Facebook.

In questo breve, intenso e compatto romanzo pubblicato per la prima volta nel 1996 (da peQuod) e tornato in libreria con Playground, troviamo ben delineati lo stile e i contenuti della narrativa di Gilberto Severini, voce d’eccellenza tra i nostri scrittori contemporanei.

Severini sembra prediligere il genere epistolare perché in “Congedo ordinario” è sempre una lettera lo strumento di comunicazione prescelto per raccontare, spiegare e riflettere. Lo scenario di riferimento è ancora la provincia italiana, una non meglio identificata cittadina delle Marche, con il solito ingombrante bagaglio di ipocrisia, rigidità e moralismo, dove la trasgressione e l’alterità sembrano essere tollerate solo a patto che non cedano all’impulso di un’esibizione provocatoria.

Tommaso è un professore di provincia, oratore colto e affascinate quanto stravagante. Uomo dall’anticonformismo quasi aggressivo, capace di entusiasmare e respingere, sempre in bilico tra coraggio e incoscienza, tra esibizione e pudore. Ines, invece, è figura di cattolica senza pregiudizi che ammira Tommaso, e che cerca di proteggerlo, in attesa di leggere il capolavoro al quale Tommaso dichiara di lavorare da sempre. La loro amicizia, nata nel dopoguerra, e capace di attraversare i decenni del cambiamento profondo della provincia italiana, è raccontata in una lunga lettera da un giornalista, che un tempo, da studente, era stato affascinato dalla personalità di Tommaso, benché con dubbi e resistenze. Il ritorno nei luoghi dell’infanzia e della giovinezza per partecipare ai funerali di Tommaso sarà per lui l’occasione di ripercorre i nodi, le svolte e soprattutto il senso di quella singolare esistenza. con una prosa che incanta, Severini racconta la vita di Tommaso, gran seduttore “un po’ teatrante e un po’ prestigiatore”, colto e spudorato, cattolico e trasgressivo, di giorno professore eccentrico, di notte amante di marinai “dalla bellezza antica e statuaria”, ma sempre alla ricerca di un dio che non giudichi la sua esistenza e i suoi amori.

In “Congedo ordinario” l’omosessualità è il tema ricorrente e dominante, nelle sue infinite coniugazioni, come stile di vita, sfida alla comunità bigotta e ostile. Tommaso

«non solo reclamava il diritto a vivere la sua diversità, ma la proponeva come un valore assoluto. E fu questo che nessuno accettò. Eppure, perseguitato o no, è riuscito a vivere come ha voluto e forse a durare, nel ricordo o nella leggenda, più del tempo che gli è stato concesso».

Pier Vittorio Tondelli di Gilberto Severini era solito dire «lo scrittore più sottovalutato d’Italia». Nato nelle Marche, Gilberto Severini vive a Osimo. Autore di romanzi e di libri di racconti. È diventato un autore di culto con la pubblicazione nel 1996 di “Congedo ordinario”, ma non hai mai smesso di essere sottovalutato. Anzi, come scrive Elena Stancanelli

“la sottovalutazione è diventata quasi un suo tratto stilistico, si è trasformata in un modo di scrivere, morbido come quel velluto che nasconde il ferro”.

Ha scritto “Sentiamoci qualche volta”, “Consumazioni al tavolo” e “Feste perdute”, che compongono la trilogia “Partners”. Del 1988 la raccolta di racconti “Quando Chicco si spoglia sorride sempre” (Rizzoli, Premio Arturo Loria).

Nel 2001 pubblica il romanzo “La sartoria” (Rizzoli), quindi nel 2002 “Ospite in soffitta” (PeQuod) e nel 2006 “Ragazzo Prodigi” (PeQuod). Per Playground ha pubblicato nel 2009 “Il praticante” e a seguire “A Che servono gli amori infelici” e “Dilettanti”.

Nel 2011 è Finalista al Premio Strega con il romanzo dal titolo suggestivo: “A cosa servono gli amori infelici “.

Un romanzo breve, ma intenso, la cui lettura lascia un senso di pienezza emotiva attraverso una storia di solitudine ricercata, ma a tratti anche straziante di un uomo, che alla vigilia del nuovo millennio, si ammala e deve subire un delicato intervento chirurgico rinviato per un esame preliminare andato male. Nella lunga attesa decide di non ricevere visite. In attesa di finire sotto i ferri per una delicata operazione chirurgica decide di chiudersi in se stesso passando il tempo a leggere e a dedicarsi al progetto che in tutta la sua vita non è mai riuscito a portare a termine: la stesura di un libro. Preferisce passare il tempo leggendo e prendendo appunti per un ipotetico libro che non ha mai trovato il tempo o la voglia di scrivere. Scrive anche tre lettere fondamentali. A un suo collega d’ufficio. A un sacerdote che lo ha amato e da cui è scappato. A un misterioso personaggio senza nome, una specie di alter ego, vero o inventato, con cui ha creduto di parlare per tutta la vita. In queste tre lettere l’uomo racconta incontri ed eventi fondamentali nella propria esistenza, svela retroscena, e allo stesso tempo riflette sulla storia del proprio paese: il mitico e mancato ’68, il lavoro odiato, le contestazioni al teatro di parola alla fine degli anni Settanta, i desideri fuggiti, gli amori infelici vissuti e suscitati, la rivoluzione tecnologica. Un percorso accidentato, ironico, doloroso, accompagnato da un dubbio: “Ho trascurato davvero la parte migliore della vita?

(dal sito della casa editrice Playground libri)

“Dilettanti” è il suo nuovo romanzo, uscito il 15 febbraio 2018 e che arriva dopo alcuni anni di silenzio, con una bellissima copertina di Maurizio Ceccato. Gilberto Severini racconta le vite e le disavventure di un gruppo di “dilettanti della vita”, costretti a fare i conti con le proprie impotenze e le prepotenze dell’ambiente provinciale, alla disperata ricerca di una felicità che col tempo si trasforma in ricerca di una rassegnata quiete, rimessa però in discussione da nuove energie e da protagonisti nuovi.

Sergio, Giancarlo, Giulio, Giovanna, Marcello: ogni protagonista incarna un decennio (cinquant’anni di vita italiana), con le sue aspirazioni e le sue paure, con i suoi riti e con le sue regole, spesso subite. Sergio, Giulio, Vincenzo, la dottoressa Giovanna, Lorenzo e il giovanissimo Marcello sono i protagonisti di questa lunga carrellata in piano sequenza che prende le mosse dalla fine degli anni Cinquanta in una cittadina delle Marche, dominata dalla Chiesa, dai riti e dal controllo sociale, per proseguire con brevi incursioni romane negli anni Settanta, e approdare, infine, ai territori contemporanei della rete, degli ambienti virtuali, senza più centri e periferie, capaci di incoraggiare imprevedibili dialoghi tra sconosciuti, magari anche tra giovani e maturi, sul crinale di un desiderio sempre più diretto, a tratti brutale, ma allo stesso tempo ambiguo nei suoi accenti romantici. Una galleria di “dilettanti della vita”, di protagonisti sentimentali, integri, ma anche goffi e spaventati, spesso incapaci di collegarsi con orgoglio e determinazione ai propri desideri.

(dal sito della casa editrice)

Un altro grande Autore con cui voglio fare il mio Saluto all’estate è uno Scrittore argentino dall’immaginazione inesauribile, di nome Adolfo Bioy Casares, uno dei più grandi autori della letteratura latinoamericana.

Adolfo Bioy Casares (1914-1999) è stato uno scrittore tra i più attivi di sempre nella letteratura fantastica e fantascientifica. Vicino al gruppo di intellettuali che fondò la rivista Sur, fu per tutta la vita uno dei più cari amici di Jorge Luis Borges, con cui scrisse romanzi e racconti.

Appena pubblicato da Sur a Luglio è “Dormire al sole” con la traduzione a cura di Francesca Lazzarato.

Lucho Bordenave è un orologiaio di quartiere. Conduce una vita tranquilla che viene di colpo sconvolta quando Diana, la moglie – bellissima e tirannica – inizia a comportarsi in modo strano: la sera esce e torna sempre tardi, mentre si fa più brusca e schiva durante il giorno. Seguendo i consigli di un misterioso conoscente, l’uomo permette il ricovero della moglie in una Clinica per malattie mentali. Da quel momento, la sua esistenza viene intossicata, non solo dall’assenza della donna amata: Lucho subisce infatti la prepotente intrusione della cognata, e i tortuosi ragionamenti del direttore della clinica non fanno che scoraggiarlo. Eppure, quando i medici la dimettono, Diana non sembra più lei. L’arrivo di un cane che porta il nome della moglie trascina Bordenave in un inquietante traffico di anime e corpi, di cui rischierà di essere insieme spettatore e vittima.

Che lo si legga come una brillante parabola politica in chiave satirica, o come una riflessione sull’amore e l’identità personale, Dormire al sole è uno dei libri fondamentali della letteratura argentina, che unisce un’atmosfera fantastica e a tratti allucinatoria a uno scaltro umorismo.

(dal sito della casa editrice SUR)

“L’invenzione di Morel” è il romanzo più celebre di Adolfo Bioy Casares, uno dei narratori più originali della letteratura latinoamericana del Novecento. Pubblicato nel 1940, un anno fa è uscito in una nuova traduzione di Francesca Lazzarato, che ne ha curato anche la postfazione. È stata l’opera che ha permesso a Casares di raggiungere la notorietà e di vincere nel 1941 il Primo premio municipale per la letteratura della città di Buenos Aires. L’autore stesso considerò il libro il vero inizio della sua carriera letteraria, sebbene esso fosse il suo settimo libro. La disegnatrice della copertina della prima edizione è stata Norah Borges, sorella dell’amico di tutta la vita di Casares, Jorge Luis Borges.

5Fortemente ispirato all’”Isola del dottor Moreau” di H.G. Wells e ai racconti di E.A. Poe, questo romanzo visionario narra le avventure di un fuggiasco che, sbarcato su un’isola deserta per evitare la condanna all’ergastolo, scopre di non essere solo come credeva. In bilico tra il terrore di essere identificato e la frustrazione per il desiderio di essere riconosciuto, il protagonista si ritrova sospeso tra realtà e irrealtà e inizia a seguire, osservare e spiare gli altri isolani. Sarà infine il misterioso Morel a fornirgli le chiavi di lettura di un mondo allucinatorio costituito da pura forma.

Un fuggitivo si nasconde su un’isola deserta da qualche parte nella Polinesia. Alcuni turisti arrivano sull’isola, e la sua paura di essere scoperto diviene un’emozione mista quando si innamora di una di loro. Egli vuole esprimerle i suoi sentimenti, ma un fenomeno anomalo li tiene distanti.

Il fuggitivo inizia a scrivere un diario dopo che i turisti arrivano sull’isola deserta dove si sta nascondendo. Nonostante consideri la loro presenza un miracolo, egli ha paura che essi lo portino al cospetto delle autorità. Si ritira così nelle paludi mentre essi si accampano nel museo sulla cima della collina in cui prima viveva. Con l’avanzare di questo diario veniamo a sapere che il fuggitivo è uno scrittore proveniente dal Venezuela condannato all’ergastolo. Egli crede che si trovi sull’isola (inventata) di Villings, una parte delle Isole Ellice (ora Tuvalu), ma non ne è sicuro; tutto ciò che sa è che l’isola è il bersaglio di una strana malattia i cui sintomi sono simili a quelli dell’avvelenamento da radiazione.Tra i turisti c’è una donna che va a vedere il tramonto ogni giorno dalla scogliera sul lato occidentale dell’isola. Il fuggitivo la spia e mentre lo fa si innamora di lei. Lei ed un altro uomo, un giocatore di tennis con la barba chiamato Morel che le fa spesso visita, parlano tra di loro in francese. Morel la chiama Faustine. Il fuggitivo decide di avvicinarsi a lei, ma lei non reagisce di fronte a lui; egli presume perciò che lei lo stia ignorando, ma gli incontri con gli altri turisti producono lo stesso risultato: nessuno sull’isola sembra notarlo. Egli fa presente che le conversazioni tra Faustine e Morel si ripetono ogni settimana e teme di stare per impazzire.Tutto ad un tratto i turisti scompaiono. Il fuggitivo ritorna al museo per investigare e non trova tracce di persone che siano state lì durante la sua assenza: egli riconduce la sua esperienza a del cibo avvelenato, ma i turisti durante quella stessa notte ricompaiono. Essi sembrano essere comparsi dal nulla e parlano ancora una volta come se fossero lì già da un po’ di tempo; il fuggitivo li guarda da vicino, mentre cerca ancora di evitare il contatto diretto, e nota altre strane cose: nell’acquario si imbatte in due copie identiche del pesce morto che aveva trovato il giorno del suo arrivo. Durante una giornata passata alla piscina, vede i turisti che saltellano per scrollarsi di dosso il freddo, sebbene il caldo sia insopportabile. L’avvenimento più strano che nota è la presenza di due soli e due lune nel cielo.Egli allora elabora molte teorie riguardo a ciò che sta avvenendo sull’isola, ma scopre la verità solamente quando Morel racconta agli altri turisti che ha registrato le loro azioni della settimana passata con una macchina di sua invenzione capace di riprodurre la realtà: egli afferma che la registrazione catturerà le loro anime, e che attraverso la sua ripetizione essi rivivranno quella settimana per sempre e che passerà l’eternità con la donna che ama. Nonostante Morel non menzioni il suo nome, il fuggitivo è sicuro che stia parlando di Faustine.Dopo aver sentito che le persone registrate in esperimenti precedenti sono morte, uno dei turisti suppone correttamente che anche loro moriranno. L’incontro finisce bruscamente quando Morel se ne va arrabbiato. Il fuggitivo raccoglie degli appunti di Morel e apprende che la macchina continua a funzionare grazie ai venti e alle maree che la riforniscono di una quantità infinita di energia cinetica. Capisce che i fenomeni dei due soli e delle due lune sono una conseguenza di ciò che è accaduto quando la registrazione si è sovrapposta alla realtà—uno è il sole reale e l’altro rappresenta la posizione del sole nel momento della registrazione. Di conseguenza anche tutti gli altri strani accadimenti che erano avvenuti sull’isola avevano una spiegazione simile.Il fuggitivo inizia ad immaginare tutti gli usi possibili per l’invenzione di Morel, compresa la creazione di un secondo modello per far risorgere le persone. Nonostante ciò prova repulsione per i “nuovi tipi di fotografie” che abitano l’isola, ma con il passare del tempo accetta la loro esistenza. Impara come azionare la macchina e inserisce se stesso nella registrazione così che sembri che lui e Faustine siano innamorati, benché possa aver giaciuto con Alec ed Haynes. Ciò lo infastidisce, ma è fiducioso del fatto che ciò non importerà nell’eternità che passeranno insieme: per lo meno è sicuro che lei non sia l’amante di Morel.

Nelle ultime pagine del diario il fuggitivo descrive come sta aspettando che la sua anima passi nella registrazione mentre sta morendo: chiede un favore alla persona che inventerà una macchina capace di fondere le anime basata sull’invenzione di Morel; chiede, come atto di misericordia, che l’inventore le cerchi e che gli permetta di entrare nella coscienza di Faustine. Un romanzo estremamente moderno e denso, che in poche pagine cattura il lettore invogliandolo ad addentrarsi nei labirinti della trama e a decifrarne gli enigmi.

 

Altra segnalazione di questo saluto è la moglie di Adolfo Bioy Casares, Silvina Ocampo (Buenos Aires, 1903-1993). Un’argentina geniale e affascinante. Che piacque a tutti i grandi, da Borges a Calvino ma che è stata a lungo uno dei “segreti meglio custoditi” della letteratura argentina, all’ombra della sorella maggiore Victoria, del marito e dell’amico di sempre Jorge Luis Borges. Poetessa di valore, ottima traduttrice e soprattutto maestra del racconto, è oggi universalmente riconosciuta come un classico della letteratura di lingua spagnola.

“La promessa” è il libro di Silvina Ocampo che voglio evidenziare ed è stato pubblicato da La Nuova Frontiera nella collana Il basilisco con la traduzione della sempre brava Francesca Lazzarato.

Una donna si china sul parapetto di un transatlantico in navigazione sull’oceano per riprendere una spilla e cade in mare. Mentre vede la poppa della nave allontanarsi fa una promessa a santa Rita, l’avvocata dell’impossibile: se si salva scriverà un libro e lo terminerà prima del suo compleanno.

Luoghi e personaggi sfilano davanti agli occhi della naufraga componendo un dizionario dei ricordi spesso vergognosi e umilianti mentre il mare, tutto intorno, mostra la sua forza minacciosa.

A poco a poco l’immaginazione s’impadronisce dei ricordi e li affranca dalla schiavitù del reale: la lotta per la sopravvivenza ammette il ricorso a ogni stratagemma narrativo, a ogni invenzione di cui solo lo stile sicuro e sempre ispirato di Silvina Ocampo è capace.

(dal sito della casa editrice La Nuova Frontiera)

Salutiamo l’estate e ci ribecchiamo a Settembre con lo Zainaccio non prima di segnalare due giovanissimi alla loro prima prova con un Romanzo.

Il primo è quello di Giorgia Tribuiani con “Guasti”, edito da Voland nella collana Amazzoni.

Dopo la morte del compagno, fotografo di fama internazionale, Giada ha un insolito luogo dove andare a trovarlo: la sala in cui adesso è esposto il cadavere plastinato dell’uomo, trasformato in opera d’arte dal celebre anatomopatologo Dottor Tulp, come richiesto nelle sue volontà. Un countdown di trenta capitoli accompagna Giada nei trenta giorni di durata della mostra, e mentre i ricordi della vita vissuta all’ombra dell’amato si mischiano agli incontri con giornalisti, critici d’arte e visitatori, il premuroso “vigilante del piano di sotto” cerca di indicarle una via di uscita per quel lutto troppo difficile da elaborare. Quando tutto sembra potersi risolvere, ecco la notizia: un appassionato di arte è intenzionato ad acquistare il fotografo plastinato per la propria collezione privata. Giada è dunque chiamata a prendere una decisione: rischiare di non vedere mai piu l’amato o finalmente agire ?

(dal sito della casa editrice Voland)

Nata a San Benedetto del Tronto nel 1985, attualmente vive a Bologna e lavora nel campo della comunicazione. Laureata in Editoria e giornalismo presso la facoltà di Lettere e filosofia, per cinque anni è stata responsabile della sezione letteratura per la rivista di arte e cultura “Re-volver”. Da ottobre 2017 collabora con la Bottega di narrazione di Giulio Mozzi. Nel 2008 ha pubblicato la raccolta di racconti Cronache degli artisti e dei commedianti (Tespi). Guasti è il suo primo romanzo.

Il secondo romanzo d’esordio è quello che abbiamo presentato nell’ultima serata curata dalla Libreria Diari di Bordo nella suggestiva location del Giardino Del Gusto nel Cuore Di Parma: Il “MENTANA 104” di Luca Farinotti Giovedì 26 luglio, con la presentazione di “52 49” di Jacopo Zonca edito da Epika.

Filippo è un ragazzo benestante che sembra avere tutto quello che la vita può offrire a un giovane: soldi, una bella casa e una macchina potente, compagni di notti brave e ragazze facili. Eterno disoccupato, il ragazzo passa le sue giornate organizzando le uscite del weekend con gli amici. A seguito di un evento traumatico il ragazzo deciderà di cambiare rotta e con molta fatica imboccherà un percorso che lo porterà a seguire di più le sue passioni e meno le vecchie compagnie. Filippo inizierà la propria crescita personale e spirituale, fino a che si ritroverà a dover fronteggiare un passato che cercava di dimenticare, ma che con lui aveva ancora un conto in sospeso.

(dal sito della casa editrice Epika)

Nato a parma nel 1991, Jacopo Zonca coltiva fin da bambino la passione per il cinema e la lettura. Dopo il diploma si trasferisce a Roma dove studia cinema e in seguito recitazione.

A teatro ha lavorato come attore, aiuto regia e drammaturgo. E’ autore di monologhi che ha anche diretto e interpretato.

Nel tempo libero ricopre il ruolo di cinefilo e lettore ossessivo-compulsivo.

Nello Zaino di Antonello: saluto estivo