di Federica Pergola

Federica Pergola, lettrice, con la rubrica “Le amiche consigliano”
Federica Pergola, lettrice, con la rubrica “Le amiche consigliano”

 

 

 

 

A bordo della Ibis

Mare di papaveri

  Alla fine di un inverno in cui i papaveri tardano a spargere i loro petali, Deeti vede una nave in navigazione sull’Oceano. E’ certo un segno del destino, perché il suo villaggio dista più di 600 Km dalla costa e mai prima lei aveva visto (né mai avrebbe potuto vedere) una simile imbarcazione.

Comincia quindi con una visione Mare di papaveri, primo libro di una trilogia che Amitav Ghosh (considerato “uno dei più grandi scrittori indiani di lingua inglese”) ha dedicato alla nascita dell’India moderna.

Siamo nel 1838. La Ibis, goletta inglese a due alberi, è alla foce del Gange per quello che all’epoca era ormai diventato uno dei traffici più importanti e remunerativi. Proibita infatti la tratta degli schiavi neri, il commercio si spostò sul traffico di “oppio e coolie”: delinquenti e stupefacenti.

In queste navi, però, si imbarcavano anche i più poveri. Costretti dagli europei a coltivare ormai solo papaveri, i contadini indiani, sempre più immiseriti, spesso sceglievano di imbarcarsi per andare a lavorare altrove, dietro un compenso per le loro famiglie. Erano i migranti di allora, schiavi anch’essi dell’appetito degli “opifici” inglesi.

E mentre la nave affronta il nero oceano, come non ripensare a quanto si è lasciato?

  “la consapevolezza che sarebbe stata l’ultima immagine del loro paese produsse un’atmosfera di aggressività e inquietudine in cui la minima provocazione degenerava in un litigio. (…) La donne parlavano soprattutto del passato, delle piccole cose che non avrebbero mai più visto, udito, gustato: il colore dei papaveri che ricopre i campi; i rintocchi delle campane del tempio…; l’odore acre dei fuochi di cottura…Per quanto dure fossero state le esperienze al villaggio, nelle ceneri del passato brillavano tizzoni di memoria ardenti e adesso quelle braci si riattizzavano, facendo della loro presenza lì, nel ventre di una nave che stava per lanciarsi nell’abisso, qualcosa di incomprensibile, inspiegabile se non come un’improvvisa follia

Le storie di un raja caduto in rovina; di un’orfana accolta in una famiglia pericolosa; del figlio di una schiava liberata; di un uomo che spera di trasfigurarsi nella donna che ha amato e perduto; di una vedova che infrange i sacri riti della tradizione hindi vengono narrate in parallelo, per poi confluire proprio lì, a bordo della Ibis, dove la ciurma è formata dai lascari, i leggendari marinai che parlano una lingua tutta loro…

   “quella lingua eterogenea che si parla solo sull’acqua, le cui parole hanno la stessa varietà del traffico nel porto – un’anarchica accozzaglia di calaluz portoghese e patamar keraliti, sambuchi d’Arabia e lance bengalesi, parri malesi e catamarani tamil, pulwar indostani e senali inglesi- eppure sotto la superficie di tale guazzabuglio di suoni, il significato fluiva liberamente come le correnti sotto quella folla di imbarcazioni”

E infatti, sotto l’incalzare di un romanzo d’avventura che tiene il lettore con il fiato sospeso, ecco la vera protagonista del romanzo: la lingua, che è poi una molteplicità di lingue.

  “ogni personaggio parla un inglese diverso, contaminato ora dal bengali, l’hindi e l’urdu, ora dal bhojpuri, ora dal cinese, ora dal francese, ora dal lascari, la lingua dei marinai a bordo…” scrivono i traduttori del romanzo, Anna Nadotti e Norman Gobetti.

Del resto lo stesso Ghosh, in una lettera destinata proprio ai suoi traduttori, dice:

  “Credo che un romanzo dovrebbe sempre avere una certa dose di rumore di fondo, che può non essere immediatamente comprensibile, ma serve ad altri scopi”.

E questo rifiuto di note esplicative, glossari e gerarchie tra le parole; questa volontà di non preferire una lingua sull’altra si riflette anche sui personaggi, multiformi per usi, costumi, razze e caste. E mutati dalle circostanze. Neeti, raja ricchissimo e indolente, schifiltoso e abituato al lusso, si troverà in una cella con Aafat, un oppiomane in piena crisi di astinenza, e dovrà prendersi cura di lui…

  “Sta’ a sentire, se pensi di poter sfuggire a quest’uomo ti sbagli. D’ora innanzi non avrai scampo da Aafat. Salirà sulla nave con te e dovrai viaggiare con lui sul Nero Oceano. E’ tutto ciò che hai, la tua casta, la tua famiglia, il tuo amico; né fratello né moglie né figlio ti sono mai stati vicino quanto ti sarà vicino lui. Devi rassegnarti: è il tuo fato, il tuo destino”

Zachary, meticcio, verrà scambiato per americano bianco e così trattato di conseguenza; Paulette (diventata Putei) vorrebbe travestirsi da uomo, mentre Baboo Nob Kissin, convinto di stare trasfigurandosi nella donna amata, si lascia crescere i capelli e comincia a muoversi e a comportarsi teneramente.

A riprova che la Ibis non è una nave qualunque.

 “Nel profondo era un veicolo di trasformazione che fendeva le brume dell’illusione puntando dritto verso l’approdo elusivo, sempre sfuggente, della Verità”.

 

Mare di papaveri, di Amitav Ghosh, traduzione a cura di Anna Nadotti e Norman Gobetti, pp. 507, Beat edizioni, €9,90

Federica consiglia: Mare di papaveri