di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Viaggiatori viaggianti in Libreria

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Martedì 17 Aprile è arrivato ai Diari il Clown Pimpa a raccontarci della Siria, dei bambini e della guerra. Una testimonianza diretta di chi porta il sorriso in giro per il mondo e nei posti dove non abita la Pace.
Attraverso il suo libro, “La guerra in un sorriso” ci ha condotti nei luoghi del Medio Oriente martoriati dalla maledetta guerra.
Marco Rodari, nome d’arte “Il Pimpa”, è un clown: naso rosso, cappellino girato all’indietro. Un clown che, però, sceglie una cornice differente da quella ordinaria per regalare un sorriso: le zone di guerra. Un clown che, in una striscia di terra martoriata dalla guerra, diventa il respiro più grande, diventa un momento di gioia condivisa, e i sorrisi che innesca diventano luce in quel mondo circostante, dilaniato e massacrato. Sorrisi che diventano pace mentre tutto intorno è guerra e macerie e muri traforati dai cecchini.
Sono state le sue parole a farci vivere e in parte capire cosa succede nelle zone dilaniate dalla guerra. Al centro di questo incontro poche parole: Guerra, Sorrisi, Bambini.
Marco RodariIl libro è il racconto dell’esperienza di un “claun” fra Iraq e Gaza, fra bombe e lacrime, dove vince solo il sorriso dei bimbi e diventa uno spettacolo. Libro che nasce con il desiderio di portare tutti, dai nonni ai nipoti, nei luoghi della guerra. Attraverso la lettura di alcuni brani e il supporto di immagini girate nei luoghi di conflitto, abbiamo rivissuto e in parte capito quali sono le emozioni e le dinamiche umane che si provano sotto le bombe e toccato con mano il fatto che anche lì si può sorridere, nonostante tutto.
Durante l’incontro, da Gaza, dove è stato uno dei pochi testimoni diretti dell’operazione militare Margine Protettivo, all’Iraq, dove ha vissuto la terribile avanzata di ISIS, ha tracciato un punto di vista nuovo sulle “questioni” mediorientali, poco politico, poco giornalistico, assolutamente umano. Il Pimpa  ci mostra e racconta “La guerra in un sorriso”  nel suo cammino e nel suo più recente viaggio ad Aleppo, quella che qualche anno fa era una città e oggi è per larghi tratti un cumulo di polvere e macerie. Rodari è l’Uomo dietro la corazza protettiva del naso rosso, che riflette sul senso del suo viaggio che si fa anche straziante viaggio interiore. Il “clown”, invece, è colui che restituisce il diritto alla Meraviglia a quei bambini che vivono sulla loro pelle distruzione, disperazione, smarrimento, abbandono. Marco Rodari per vari mesi all’anno gira il mondo: dal 2009 sono state oltre trenta le località colpite da conflitti e carestie da lui visitate. Ha portato il suo naso rosso in luoghi dove spesso faticano a entrare anche le Ong. Gaza, Iraq, Egitto, Siria, le zone di guerra e di dolore sono state colorate dai suoi spettacoli di clownerie. La sua missione è non tirarsi indietro, non girare la testa, portare un istante di sorriso a quei bambini cui non è rimasto più niente, anche a costo di rischiare la propria vita, come è più volte successo. Nel libro la storia di Marco è raccontata a partire dal febbraio 2017, momento in cui rientra in Italia dopo una lunga permanenza ad Aleppo, in Siria, al tempo del terribile assedio. Questo lavoro non parla solo di guerra: la guerra c’è, è la grigia scenografia, dove però i protagonisti sono persone, bambini, che lottano per ritrovare una normalità e un bizzarro clown che è il loro medico spirituale per qualche minuto.

Di Marco Rodari, Il Pimpa, aveva parlato su Il Fatto quotidiano anche lo scrittore Shady Hamadi: QUI il link all’articolo

«La Siria ha bisogno di noi e del nostro impegno. Chi guarda alla Siria e dice: “Non capisco, è complicato”, non fa che rafforzare lo stuolo di negazionisti che agevolano la macchina della repressione. Dobbiamo individuare le vittime e perseguire i colpevoli, diventare cittadini attivi.»

Il libro “Esilio Dalla Siria”, edito da Add, si chiude così, con un’esortazione dello scrittore Shady Hamadi all’azione, all’esercizio dei propri diritti, a non chiudere gli occhi davanti alla tragedia siriana.

Esilio dalla SiriaShady Hamadi torna in questo libro a raccontare una terra di cui si parla spesso in modo superficiale, mentre continua il suo impervio percorso di pacificazione. Attraverso il suo personale esilio e il racconto della sofferenza di un popolo che sta conducendo una lotta quotidiana contro l’indifferenza, Hamadi affronta temi fondamentali come identità, integralismo, rapporto tra le religioni, libertà e lotta contro la dittatura. Ricordi, incontri, riflessioni sulla società siriana si alternano in questo volume che

«vuole essere un ambasciatore capace di arrivare a tutti coloro che sono confusi dal tanto rumore che si fa quando si parla di terrorismo e mondo arabo».

La morte di Mustafa, inghiottito nelle carceri del regime siriano; il viaggio di Samer, un borsellino per bagaglio e tanta determinazione; il ragazzo dell’ospedale di Tripoli pronto a uscire per combattere con un braccio solo; il confronto con gli attivisti della società civile e con la gente di tutti i giorni, puntellano una narrazione che dà volto e dignità alla Siria e a un popolo che vuole l’emancipazione dalla dittatura e dal fondamentalismo, sotto lo sguardo disinteressato (o forse troppo interessato e per questo muto) dell’occidente.

“Io non ho mai vissuto un giorno sotto le bombe, non conosco il ronzio che fanno prima di colpire, di uccidere. Non ho sofferto la fame, la sete, né ho mai vissuto nella tenda di un campo profughi. Però conosco quello che prova chi vive un dramma dall’esterno. È come assistere impotenti alla morte della propria madre. Questa è la sensazione che più rappresenta quello che voglio descrivervi. Conosco la sofferenza dell’esilio, perché ci sono nato…Vorrei che le mie pagine fossero uno strumento per chi è digiuno di Siria. Durante la lettura vi accorgerete che uso il noi sia quando parlo da «occidentale» sia quando parlo da «arabo». La mia storia personale racchiude in sé Europa e mondo arabo, cristianesimo e islam.”

Shady Hamadi è nato a Milano nel 1988 da madre italiana e padre siriano. Fino al 1997 gli è stato vietato di entrare in Siria in seguito all’esilio del padre Mohamed, membro del Movimento nazionalista arabo. Con lo scoppio della rivolta siriana contro il regime di Bashar al-Assad nel marzo 2011, Hamadi diventa un attivista per i diritti umani e un importante punto di riferimento per la causa siriana in Italia. Collabora con “Il Fatto Quotidiano” dove tiene un blog.
Nel 2013, Shady Hamadi aveva pubblicato sempre per Add “La felicità. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana” .
Ibrahim, Mohamed e Shady Hamadi: tre generazioni di una famiglia siriana che ha vissuto sulla pelle i dolori della dittatura. Poi ci sono Abo Imad, Eva Zidan, Rami Jarrah e molti altri ragazzi che hanno raccontato al mondo la grande rivolta siriana, eroi che lottano per la libertà di un Paese schiavo della propria infelicità.
Nelle pagine di Shady Hamadi si incrociano i racconti di una stagione di lotte e di speranze che l’Occidente, distratto e colpevole, ha guardato troppo poco. Hamadi raccoglie testimonianze di sacrifici, di sofferenza, di dolore ma anche di coraggio e di aspettative portate avanti con orgoglio.
Il libro è un manifesto per il popolo siriano che sta vivendo la sua Primavera nelle piazze e nella rete. La felicità araba ci racconta quello che per troppo tempo non abbiamo voluto vedere.

“La felicità araba ci porta per mano dentro, al cuore del dramma siriano diventato tragedia a causa di un’incredibile incomunicabilità tra manifestanti, disertori, partigiani siriani e un mondo condotto per il naso dall’abilissima e criminale manipolazione menzognera dell’opinione pubblica da parte del regime e dello stuolo di alleati i più disparati. È posta benissimo la questione sulla credibilità delle fonti rivoluzionarie. Sembra di riascoltare Gesù di Nazaret, del quale Shady, in quanto musulmano, si dice innamorato, allorché si trova disarmato di fronte alla sistematica negazione della sua buona fede. Con Shady percorriamo la massa delle evidenze accumulate a illustrare i crimini di regime e le menzogne. Con lui ci chiediamo come sia possibile che t anta parte del mondo non voglia ascoltare, capire, solidarizzare. Attraverso questo libro si ripercorrono i due anni della rivoluzione siriana, le sue glorie, umiliazioni, contraddizioni ideologiche e tanto, troppo sangue versato.” – Paolo Dall’Oglio.

Lunedì 16 ha fatto Tappa a Parma, percorrendo a piedi la Via Emilia, un altro viaggiatore del mondo, Giuseppe ‘Leo’ Leonelli, che è giunto in Libreria, zaino in spalla, per incontrare i lettori e raccontare il suo libro “Santiago”, Incontri Editrice.
SantiagoDopo aver fatto tre volte il Cammino per Santiago, Giuseppe Leo Leonelli, viandante con lo spirito del Cammino dentro ha deciso di raccontare il suo libro e la sua testimonianza ripartendo, zaino in spalla e scarponi ai piedi, verso Piacenza, attraverso la trafficatissima SS9,la via Emilia, quella che collega alcune delle più importanti città dell’Emilia Romagna. A piedi da Cesenatico, partendo dalla chiesa di San Giacomo, fino a Piacenza e ogni sera, a fine tappa, il momento dei racconti, in una serie di incontri in varie librerie. Librerie indipendenti lungo la via Emilia dove Leo condivide l’esperienza del Cammino con il pubblico e presenta il romanzo “Santiago”. Un percorso, questa on the road sulla via Emilia, agli antipodi rispetto ai silenziosi scenari che portano a Santiago. Qui è tutto un ingorgo di camion, gente che va al lavoro, studenti, zone industriali annerite dallo smog e splendide quanto caotiche città. E’ stato piacevolissimo anche il confronto con altri viandanti e con il racconto delle esperienze di ognuno di loro.
Ottocentocinquanta chilometri. E’ la distanza che separa Irun, paese di confine tra la Francia e la Spagna, da Santiago de Compostela. Lo chiamano Il Cammino del Nord.
Ottocentocinquanta chilometri disseminati di albergue, frecce gialle, chonchas e mojon, rifugi per per pellegrini e segnali che da secoli guidano milioni di persone da tutto il mondo, tappa dopo tappa, ai piedi della Cattedrale di Praza de Obradoiro. Ottocentocinquanta chilometri percorsi dai più, interamente a piedi, zaino in spalla. E’ per una catena di eventi ed enigmatiche coincidenze che il quarantenne Antonio Baldini parte. Artista in declino, abbandonato dalla compagna Marina per via della sua immaturità, afflitto dalla morte di Tiago, più che un cane “un fratello e compagno di vita”, Antonio Baldini intraprende un viaggio sul Cammino di Santiago, spinto da un’inattesa volontà di rimettersi in gioco. Le pagine del libro narrano, giorno per giorno, il suo avvincente viaggio. Fra paesaggi suggestivi musicati dallo sciabordio dell’oceano, sotto le esplosioni di colore di un cielo mutevole, sono tanti gli incontri significativi, fra cui Magda, Padre Ernesto, Jesus, Joanna, Belem, Luis, Allen, Frate Renato. Ma sono soprattutto la straordinaria amicizia con Carlos, e il sentimento indecifrabile per Elena, a condurre Antonio in un percorso di rilettura del proprio passato e delle proprie rigidità, nell’approdo alla conoscenza di un nuovo possibile modo di pensarsi e di pensare alla vita. Fino all’esaltante sorpresa finale che sbalordirà il lettore.
Una riflessione sulla solitudine, sulle relazioni umane, sul senso della famiglia esplorato nei dettagli più profondi e talvolta più dolorosi. La scoperta del significato di essere un “pellegrino”. Con o senza fede. Un viaggio a passo d’uomo attraverso i grandi temi umani dell’amore, della tolleranza, del rapporto con la natura e della comprensione del diverso, che necessariamente richiede il superamento dello scoglio delle abitudini e dei pregiudizi più radicati. Giuseppe Leo Leonelli è un vagabondo della ristorazione con la passione della scrittura. Attualmente trascorre le giornate in un bar di Vignola ai piedi delle colline modenesi. I suoi lavori precedenti: “Santa Maria” con Giraldi Editore, “Almeno non sono grigie” per Toilet19, “Hasta Sempre!” con Oppure Editori.
Anche quest’anno i Diari aderiscono alla manifestazione Parma 360, Festival della Creatività contemporanea che anima la primavera della città da alcuni anni. Alla libreria Diari di bordo per un mese sarà presente la personale fotografica di Ilaria Benedetti dal titolo “Giappone Anima Gentile”.
Dalle foto di Ilaria emerge un paese, che sorprende e meraviglia con la sua cultura, e un popolo gentile, accogliente e sempre pronto a guidarti nei meandri della sua cultura. Abbiamo pensato a una serie di libri che parlano del Giappone da suggerire in occasione di questa mostra.

Partiamo dal premiato romanzo della scrittrice francese Dominique Sylvain ambientato a Tokio e dal titolo”Kabukicho” edito da 66thand2nd nella traduzione di Guia Boni.
KabukichoUn giallo di ambientazione asiatica è una caccia all’assassino dove nessuno è quello che sembra e le luci di Tokyo sono immobili.
Quando in Inghilterra, Jason Sanders riceve la foto della figlia Kate, immobile all’ombra di un albero in un parco di Tokyo, parte subito per il Giappone, dove viene a sapere che la figlia è stata vittima di un omicidio il cui modus operandi ricorda quello di un famoso serial killer giustiziato tempo prima. Erano anni che padre e figlia avevano interrotto i rapporti e per Jason è uno shock scoprire che Kate lavorava come hostess in un club di Kabukicho, il quartiere a luci rosse più sulfureo della capitale nipponica, costellato di personaggi da manga. Tra questi, Yudai, gigolò carismatico, legato a Kate da una relazione ambigua e incapace di rassegnarsi alla morte della ragazza. Su di lui indaga il capitano Yamada, che dopo il coma, cui è seguita una parziale amnesia, non è più il poliziotto infallibile di un tempo. Le ricerche procedono con lentezza mentre i protagonisti si destreggiano tra le regole non scritte della società giapponese, che spesso diventano muri invalicabili. Troppe cose non quadrano: perché una gaijin con il dono della scrittura, che suscitava le fantasie erotiche di attempati uomini d’affari, continuava ad abitare in un modesto appartamentino con un’amica? Per fortuna c’è Marie a consolare Jason. È lei la custode dei segreti della vita di Kate, anchedi quelli che non aveva mai rivelato ad anima viva.

“L’uomo che aveva sete” è un libro di Hubert Mingarelli pubblicato da Nutrimenti nella collana Greenwich e ambientato in un Giappone sfinito dalla Seconda Guerra Mondiale.
Il racconto di un viaggio impossibile di un soldato, tra le macerie umane e l’eco di quanto provato nel corso della guerra. Appena uscito dal disastro della seconda guerra mondiale, in un Giappone sconfitto e ferito, Hisao si impegna senza enfasi, piuttosto con umiltà e timore, nel progetto di ricostruirsi una nuova vita accanto a una ragazza con cui si è fidanzato per corrispondenza. Intraprende il suo viaggio in treno con un bagaglio minimo, in cui risalta solo il regalo splendido e inutile (un uovo di vetro decorato) da consegnare alla sposa. Un contrattempo sconvolge il suo viaggio, con il rischio che il prezioso dono vada perduto, e il resto della storia racconta la piccola odissea in cui Hisao si imbarca per rimediare all’accaduto e ridare senso alla sua storia. La gigantesca immagine dell’uovo da ritrovare incombe su di lui, ma non è l’unica a perseguitarlo. Nella sua mente ci sono altri conti in sospeso, meno chiari e più drammatici, che lo riportano ai ricordi di guerra. Nel suo breve ma intenso viaggio gli fa compagnia una mesta processione di persone ferite dalla guerra e dalla vita. Reduci, individui sradicati, una ragazza dal viso sfigurato, un vecchio che vorrebbe far uccidere il cane troppo vecchio, un camionista che porta con sé un ragazzino a incontrare la madre, già sapendo che l’incontro sarà deludente. Storie spezzate che non saranno mai ricomposte per intero. Sono figure in transito, incontri passeggeri, ombre che acquistano spessore per gli echi che suscitano nelle sue stesse ferite. Sempre onnipresente invece l’amico Takeshi, caduto in battaglia ma scolpito nella solidità di un ricordo indelebile: la guerra l’ha saldato a fuoco nella mente e nel corpo di Hisao. Diventato un nume tutelare, dopo essere stato suo commilitone e partecipe di timori e speranze, Takeshi viene ricordato e invocato anche in virtù di un dono capace di trascendere e trasfigurare ogni problema e ogni dolore: l’arte di inventare canzoni.

C’è un libro interessante pubblicato dalla casa editrice ObarraO, scritto da due giornaliste francesi, Julie Rovéro-Carrez e Raphaëlle Choël. Il titolo del libro è “Tokyo sisters – Reportage dall’universo femminile giapponese”. Una prosa precisa e asciutta, ma tanta poesia per quello che possiamo definire il “romanzo giapponese” dell’autore, per la sua essenzialità.
“Ma a Tokyo ci sono soltanto donne?”, si domanda ogni straniero in visita in Giappone, stupito di fronte all’esorbitante presenza femminile nelle strade.
Tokyo sisters, reportage di due giovani e curiose giornaliste francesi, racconta la complessità della città di Tokyo attraverso la voce delle sue abitanti, donne dai quindici ai sessant’anni, single e sposate, casalinghe o businesswomen. Il risultato è una brillante e ironica guida antropologica al femminile per orientarsi nei luoghi simbolo della megalopoli (ristoranti, karaoke, love hotel, terme, sale da pachinko, grandi magazzini) e scoprire come la donna modesta e riservata che vive all’ombra del marito, immortalata nei film di Yasujiro Ozu, abbia fatto ormai il suo tempo.
Nuovi stili di vita e abitudini di consumo, differenti rapporti con il corpo e la sessualità, contaminazioni incessanti tra influenze occidentali e immaginario manga creano modelli di cittadine che, oscillando con grazia tra tradizione ed estrema modernità, incarnano tutto il fascino della cultura giapponese.

Terminiamo questo viaggio in Oriente con Carlo Mollino e il suo “Giappone 1970”, pubblicato da Humboldt.
Nel maggio 1970 Carlo Mollino raggiunge Osaka per l’Esposizione universale. È un lungo viaggio con tappe a Bangkok, Hong Kong, Tokyo e Kyoto. Ha con sé una macchina fotografica e, un po’ alla volta, sembra appassionarsi a una civiltà che ancora non conosce. Lo affascinano le donne, i luoghi della tradizione (templi, giardini, pagode), ma anche le nuove architetture, i dettagli di costruzione, lo sciamare della folla. Mollino coglie un Giappone sospeso tra antichi riti e la modernità che in pochi anni cambierà il volto del Paese e di cui l’Expo è un’anticipazione. Il libro contiene testi di Claudio Giunta, Corrado Levi e Fulvio Ferrari che contestualizzano il viaggio e approfondiscono il rapporto tra Mollino e la fotografia. Completa il volume una serie di scatti che Mollino ha compiuto in altri viaggi in Oriente.

Nello Zaino di Antonello: Viaggiatori viaggianti in Libreria