di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

Libri e librai Meravigliati

1Circo Immaginario, Atlanti delle Meraviglie, Voci, Suoni, un Contrabbasso… Ai diari abbiamo preparato un fine settimana all’insegna di Libri particolari nella loro unicità e, sapendo che in città c’erano tutta una serie di eventi culturali, anche con nomi grossi del’editoria, noi abbiamo pensato a qualcosa di veramente spettacolare. Pur proponendo libri non semplici e parecchio raffinati abbiamo puntato tutto sulla Meraviglia.

Venerdì 13 aprile ci siamo fatti venire a trovare in libreria da Roberto Abbiati, attore e illustratore, che ci ha portato il suo Romanzo a Disegni “Moby Dick o la Balena”, Keller Editore, liberamente ispirato al capolavoro di Herman Melville.
Melville e il Moby-Dick sono tornati, negli ultimi anni, al centro dell’attenzione di critici e lettori, anche grazie alla nuova traduzione di Ottavio Fatica per Einaudi. Da alcuni anni Roberto Abbiati porta in giro “Una tazza di mare in tempesta”, spettacolo sul Moby-Dick ed è ispiratore o compagno di viaggio di un altro libro curioso e illuminante sul capolavoro di Melville (“Un tentativo di balena” di Matteo Codignola, Adelphi).

In una atmosfera stralunata e nonostante un’apparente ritrosia, da buon cabarettista, Roberto Abbiati ha parlato di Moby Dick, del libro, dei falegnami della Brianza, della sua dislessia infantile, dei suoi spettacoli teatrali, dei film di Mazzacurati, delle scenografie dell’ultimo spettacolo di Marco Paolin con i suoi disegni e di tante altre storie.
Il libro è unico nel suo genere: poche parole tratte dall’originale americano e bellissimi disegni, splendide tavole, una per ciascuno dei 135 capitoli, dedicate al grande capolavoro della letteratura mondiale di Herman Melville.
L’autore Roberto Abbiati è disegnatore, grafico, attore, regista e con Moby Dick ha intessuto un dialogo intimo, una consuetudine di anni. Ne è scaturito un poetico spettacolo teatrale e questo incantevole romanzo a disegni.
Tra i suoi lavori più recenti in campo editoriale anche il progetto della nuova edizione di Ian Fleming per Adelphi.

Dall’introduzione al volume, “Vita di un allibratore brianzolo”
di Matteo Codignola:

Roberto Abbiati ha cominciato a lavorare su Moby Dick molti anni fa, intagliando nel legno scene e personaggi del libro di Melville. Ha continuato, ricavando da uno dei romanzi più lunghi e densi della letteratura moderna uno degli spettacoli più brevi e aerei del teatro contemporaneo. Oltre quel piccolo miracolo di illusionismo teatrale – quindici minuti in cui quindici spettatori, chiusi in una scatola di legno buia che sembra il ventre di una baleniera, guardano gli oggetti di volta in volta illuminati sulle pareti, ascoltando la voce di Roberto raccontare, in un numero straordinariamente esiguo di parole, l’intera storia della Balena Bianca – sembrava difficile andare. E invece adesso Roberto è tornato a Moby Dick studiando un’altra possibilità, altrettanto estrema: raccontare il libro solo per immagini – una per capitolo – rinunciando a qualsiasi forma di testo.
Eppure, anche se la vicenda che ho appena riassunto parrebbe dimostrare il contrario, conosco Roberto quanto basta per garantire che la parola «ossessione» – troppo spesso e con troppa leggerezza strappata al suo ecosistema d’origine, i trattati di psicologia clinica – non gli si addice. No, Roberto non è ossessionato da Moby Dick. Le ossessioni non lo interessano, e del resto la maschera con cui ama presentarsi in pubblico – quella di un rude artigiano brianzolo, momentaneamente prestato a varie attività artistiche – non le prevede. In realtà, a Roberto piace semplicemente scommettere, o raccogliere scommesse: pensate che non sia possibile tornare su un libro già letto in tutti o quasi i modi possibili, e farlo sembrare raccontato per la prima volta? Vi farò vedere che non è vero.
E tuttavia, l’ultima delle sue scommesse – questa, che tenete in mano – Roberto probabilmente l’avrebbe persa, se non avesse seguito la sua vera, grande passione. Moby Dick è stato illustrato infinite volte, e almeno in un caso, quello di Rockwell Kent, con tavole talmente precise da identificarsi una a una col libro che le conteneva. Solo che Kent accompagnava ancora un testo, mentre per affidarsi esclusivamente alle immagini serviva altro. Serviva, certo, quella capacità virtuosistica di entrare nelle pieghe del racconto di Melville che Roberto ormai dimostra anche solo schizzando un cetaceo su un foglio a quadretti. Ma soprattutto servivano il culto maniacale – stavolta sì – del nero, e soprattutto l’uso maestoso del bianco, che Roberto ha sviluppato imparando, da ragazzo, le regole e i segreti della tipografia. Un’arte quasi estinta, e soprattutto favoleggiata, ormai. Eppure, se qualcuno decide di darle comunque la caccia, vale sempre la pena di imbarcarsi con lui.

Nel finale di serata copie del libro per tutti autografate in maniera molto personalizzata con tanto di illustrazione.

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Sabato 14 Aprile avevamo in programma di ospitare lo scrittore Danilo Soscia per la presentazione di “Atlante delle meraviglie – Sessanta piccoli racconti mondo”, Minimum fax. Abbiamo pensato di sviluppare la serata con interventi di letture ad alta voce da parte dell’attore Andrea Gatti intervallate dalle riflessioni dell’autore e dall’interpretazione in musica del sentimento dominante del brano letto e commentato attraverso l’esecuzione dal vivo da parte del musicista Claudio Saguatti, contrabbasso dell’orchestra Filarmonica Toscanini. Abbiamo raccontato attraverso le letture, la musica e le parole i brani dell’Atlante delle meraviglie per renderne il senso più ampio. Sono stati letti, in un silenzio irreale, cinque racconti, molto diversi tra loro… da “Farfalle” a “Carne Cruda”, da “Campo di Concentramento” a “Occhiali”, per finire con “La statua di Mao a Fuzhou”. La solennità delle parole lette era contrappuntata dal suono di quello strumento monumentale che è il contrabbasso. Con sicurezza e velocità Claudio Saguatti correva su e giù per la tastiera del contrabbasso per raggiungere suoni acuti e sovracuti e giocare con gli armonici, disegnando una serie rapidissima di variazioni che erano la vera Meraviglia. Mescolare suoni e parole con quei cinque dei sessanta racconti mondo contenuti nell’Atlante ha reso bene il senso della quarta di copertina:

C’era una volta la Wunderkammer, la camera dei prodigi: collezione di oggetti rari e squisiti, meraviglie della tecnica, orrori sublimi della natura e della storia.
Danilo Soscia riprende questo immaginario e raccoglie sessanta parabole esemplari, memorie infedeli, miti e fantasmi, inventando una sulfurea e personalissima Spoon River e narrando con uno stile potente e originale le inquietudini e le ossessioni che da sempre attanagliano il cuore e la mente degli uomini. L’Atlante è dunque molti libri insieme: può essere letto dall’inizio alla fine come un catalogo fantastico delle passione e delle avventure umane, oppure può essere percorso seguendo a piacere la fitta trama di temi e luoghi che lo sottende. Di racconto in racconto, incontriamo uomini non illustri accanto ad Arthur Rimbaud, Gesù, Mao, Antigone, San Francesco, Jurij Gagarin e Friedrich Nietzsche, e ogni personaggio, oscuro o eminente, ci chiede di partecipare al destino e ci trae con forza irresistibile dentro il suo mondo. La Berlino di Bertolt Brecht e quella del panda Bao Bao si collegano alla Parigi di Walter Benjamin, e il viaggio della nave di Odisseo all’isola di Circe prosegue nell’avventura di una cagnetta selvatica, in orbita intorno alla Terra a bordo di un’angusta navicella spaziale.
Una scrittura animata da un’impetuosa forza creativa e visionaria, nella tradizione di Manganelli, Mari e Borges.

Sempre per Keller editore è uscito in questi giorni una piccola meraviglia, un libro bello e intelligente dal titolo “Veloce la vita” di Sylvie Schenk (1944), tradotto dal tedesco da Franco Filice per la collana VIE.
b“Veloce la vita” è un romanzo dalle molteplici letture e scritto in modo incantevole. È la bellissima storia di una donna, della sua indipendenza, della sua forza, delle sue scelte e dell’amore, dei ponti tra le lingue, dei libri letti, dei sogni, delle ombre e delle colpe che ci portiamo dietro – a volte anche quelle di cui non siamo responsabili – della drammatica velocità con cui passa il tempo e con cui anche la vita più piena, alla fine, si consuma. In Germania, 800 librai indipendenti del paese lo hanno selezionato nel 2016 come uno dei 5 libri che hanno più amato nell’anno. Un libro dalla scrittura sensibile e poetica, un condensato di immagini raccontate in uno stile quasi impressionista, di storia europea del Secondo Novecento, dei rapporti tra popoli e generazioni.
Lione, dopo la seconda guerra mondiale. La città piange ancora i morti e ricorda con rabbia figure come Klaus Barbie (il boia di Lione). Eppure in un’Europa ferita i primi tentativi di riavvicinamento passano attraverso gli scambi studenteschi e le nuove generazioni. In questa Lione degli anni Cinquanta che non ha ancora dimenticato i drammi dell’occupazione, arriva Louise che ha lasciato le Alpi francesi e un ambiente famigliare oppressivo. Per lei tutto è nuovo: la vita di una grande città, le avventure, l’amore…
Conosce Henri, pianista jazz molto dotato che non riesce ad accettare l’uccisione dei genitori e vive in un’antica casa con una biblioteca ormai vuota perché depredata dai nazisti, e quindi Johannes, un ragazzo tedesco, con il quale è amore.
Per lui, Louise lascerà la Francia, si opporrà alla famiglia e sceglierà un nuovo Paese e nuove relazioni, imparerà una nuova lingua… Resta solo un tarlo: quello che Henri le ha svelato in un misto di rabbia e confidenza prima della sua partenza. Le persone da cui andrà forse non sono così innocenti.
“Veloce è la vita” è un romanzo dalle molteplici letture ma è fondamentalmente la bellissima storia di una donna e anche di una coppia che passa attraverso le tempeste e non saprà se ce la farà. Tutt’attorno un’Europa che deve fare i conti col passato: chi con rabbia, chi con segreti, chi con tremendi sensi di colpa.

Sylvie Schenk è nata nel 1944 a Chambéry, in Francia. Ha studiato a Lione e si è trasferita in Germania nel 1966. Ha pubblicato poesie in francese e, dal 1992, ha iniziato a scrivere in tedesco. Vive vicino a Aachen (Aquisgrana) e a La Roche-de-Rame, nelle Alte Alpi francesi.

Cento pagine di meraviglia scritte da Albrecht Goes tornano in libreria in una nuova edizione.Un piccolo gioiello, una perla nascosta in uno scrigno. d“Notte inquieta” è un piccolo capolavoro, che Marcos y Marcos aveva pubblicato qualche anno fa, e che torna in libreria, in questi giorni, con la traduzione di Ruth Leiser  e una nuova veste grafica, come la la bellissima copertina di Laura Fanelli.

 

“Mentre fuori impazza la guerra assassina, qui si scambiano parole chiare: qui c’è calore, dignità, vita, pane e amore nella notte più nera”.

Una notte fredda e buia. Fuori impazza la follia nazista. Ma in una piccola stanza si svolge, dolcissima e drammaticamente intensa, la notte inquieta di un pastore, che assiste le ultime ore di un condannato a morte per diserzione, e di due innamorati che al primo sole devono dirsi addio. Una notte di sguardi, abbracci e parole che uniscono per sempre.
La storia della guerra è fatta di tante storie, tutte degne di essere raccontate: come quella che vive questo pastore in questa sua “Notte inquieta” dell’ottobre del 1942, durante il secondo conflitto mondiale, in cui è chiamato ad accompagnare il triste destino di un militare condannato a morte. È una sera di ottobre del 1942. La locanda di Proskurov è gremita di militari in trasferta. Il pastore venuto ad assistere un condannato a morte deve dividere la stanza con un capitano in partenza per il fronte di Stalingrado. È la guerra, la guerra di Hitler. La notte è nera e tempestosa, la follia nazista e la morte ammorbano l’aria, eppure in quella stanza trionfa la vita. La bella Melanie sale le scale di nascosto e viene ad abbracciare per l’ultima volta il suo capitano. In tre dividono pane e miele, un sorso di caffè vero. Poi, mentre gli amanti si appartano in un angolo, il pastore si immerge nella storia dell’uomo che verrà fucilato per diserzione: negli atti del processo trova la strada per giungere al suo cuore. E in carcere, più tardi, pastore e condannato si dicono addio come fratelli. All’alba il plotone d’esecuzione si metterà in marcia, l’aereo del capitano decollerà per Stalingrado.
Ma in quella notte inquieta sguardi, abbracci, voci e parole uniscono per sempre, e rendono giustizia assoluta.

Albrecht Goes non è un nome nuovo al pubblico italiano. I suoi testi sono già stati infatti pubblicati in Italia ma non sono riusciti a trovare con il passare del tempo un luogo in cui mettere le loro radici. Nato nel 1908 a Langenbeutingen, ha studiato teologia ed è stato ordinato pastore protestante nel 1930.Ha prestato servizio come cappellano militare durante la Seconda guerra mondiale, e nel 1953 ha deciso di lasciare il sacerdozio e dedicarsi alla scrittura. È morto a Stoccarda nel 2000. Figura eclettica di teologo e libero pensatore, ha pubblicato opere poetiche e in prosa. Da Notte inquieta, la più famosa, tradotta in diciotto lingue, sono stati tratti un film e uno sceneggiato televisivo per la BBC.

Altre Novità in libreria firmate Marcos sono “Anime perse” di Umberto Piersanti e “La parabola degli eterni paesani” di Luciano Cecchinel. Libri importanti, storie intese che raccontano sfaccettature diverse della stessa umanità, per provare a comprenderne qualcosa di più.

Umberto Piersanti in “Anime Perse” racconta di un mondo particolare. Un tempo si chiamavano manicomi criminali; ora sono strutture di recupero. Ci finiscono persone al limite, che spesso hanno addirittura ucciso,non per interesse o per calcolo, ma in preda a un raptus di follia. Da dove vengono, cos’è scattato nella loro testa, e cosa pensano ora, come vivono, al riparo dal mondo? Con delicatezza e immaginazione poetica, senza facili morali e senza mai giudicare, Umberto Piersanti ha condensato in queste pagine le loro storie.
Ferruccio Giovanetti dirige alcuni di questi centri nel Montefeltro, e ha conosciuto molte delle loro storie.
Per raccontarne qualcuna, si è rivolto a Umberto Piersanti, che era stato suo professore all’università.
Con sensibilità poetica e senza mai giudicare, Piersanti ne ha scritte diciotto. Diciotto lampi di vite smarrite, che non sempre han trovato la pace. 
Enrico ha tagliato la gola a un pescatore per un commento fuori luogo; Mario ha sparato al vicino perché gli rubava la terra. Claudia doveva porre fine alle sofferenze di Lucia; Luisa aveva tutte le ragioni per brindare con la madre, alla morte del padre.

“Enrico ha sempre il rasoio in tasca. Gli piace far la barba con quello e non con quelle stupide lamette che s’incrinano e si spezzano come niente.
Ogni tanto deve andare dai dottori del dipartimento di salute mentale. È sempre inquieto, ma non è pericoloso, dicono. Non dà fastidio a nessuno, e anche se è pieno di rabbia verso tutti e tutto, non lo dimostra. È una persona mite, magari anche un po’ timida. È uno che si può lasciar girare tranquillamente per le strade.
Ma Enrico ha un orgoglio spaventoso, nessuno lo deve offendere, nessuno lo deve toccare su quell’affare del lavoro che non ha: questa è una cosa che gli brucia dentro, che lo fa star male”.

“La parabola degli eterni paesani” di Luciano Cecchinel è la prima prova narrativa del grande poeta veneto. Racconta una storia semplice, quasi una commedia popolare, con toni aulici che creano un effetto di delicato e sapiente umorismo. In un angolo remoto del Veneto, un gruppo di paesani ‘scanagòti’ si dà appuntamento, la sera, in una casera sui monti. Tra un bicchiere e l’altro, sognano un cambiamento, ma la realtà della politica li inghiottirà. È una storia di popolo, ricca e viva, che incrocia la Grande storia; un’evocazione comicamente altisonante della caduta di un’utopia di paese, che è forse un tentativo di cauterizzare autentiche ferite, etiche e politiche, mai del tutto rimarginate. Storia ‘indigena’ di una generazione, nata dall’esperienza viva della politica; romanzo epico-picaresco sulla caduta di un’utopia.
Sul tavolo davanti alla casera, tra canti anarchici e bicchieri di vino, alcuni paesani scanagòti – il filantropico patriarca Saìa, l’impaziente e burlone Zinto, il sagace pensatore Zènte, l’austero e inflessibile Donta, il socievole e sentenziante Tacacucagne e il semplice e confuso Magnabùtole – coltivano un sogno antico: raddrizzare le cose storte, cambiare il loro pezzo di mondo. Sono rivendicazioni semplici, nate sui monti; rivendicazioni che fatalmente si arenano nell’esercizio politico, che pare destinato a oscillare in eterno tra realtà e utopia, tra buona fede e mala fede.
E quando l’intesa comunitaria si sfilaccia, i buoni paesani si ripiegano, e ai loro danni si consuma persino una vergognosa (e molto comica) beffa.
Ma la loro vicenda non è stata invano, se chi la conoscerà potrà sentire, come un amore mancato, il richiamo dell’ideale;

“perché non solo nel male, ma anche nel bene, non si potranno più chiudere gli occhi che hanno cominciato a vedere”.

Salvare le ossa
A partire dall’anno scorso, e sempre più intensamente nel corso dei mesi, un evento climatico inatteso sta sconvolgendo l’atmosfera letteraria in tutti gli Stati Uniti: l’uragano Jesmyn Ward. Un fenomeno inarrestabile che è giunto in Italia lunedì 16 aprile, con il romanzo “Salvare le ossa”.

Originaria del Mississipi come William Faulkner, a cui è stata spesso accostata, Jesmyn Ward si sta imponendo all’attenzione generale come una delle voci più rappresentative e originali della nuova narrativa americana. Vincitrice di due National Book Award (nel 2011 con questo romanzo e nel 2017 con “Sing, Unburied, Sing”, di prossima pubblicazione per NNE), prima donna dopo scrittori come John Cheever, Philip Roth o lo stesso Faulkner. Destinataria della prestigiosa borsa di studio della McArthur Foundation, assegnata in passato a nomi come Thomas Pynchon, David Foster Wallace e Chimamanda Ngozi Adichie. Inserita nella lista dei migliori scrittori del 2017 secondo TIME e Barack Obama. E si potrebbe continuare a lungo.

Finora inedita in Italia, Jesmyn Ward è l’autrice su cui punta molto la casa editrice più innovativa in questo momento in Italia.
“Salvare le ossa”, nella traduzione di Monica Pareschi, è il primo romanzo della trilogia di Bois Sauvage, ambientato in una cittadina immaginaria del Mississippi, vicino a New Orleans, nei dodici giorni precedenti l’arrivo dell’uragano Katrina. Lì, in un avvallamento chiamato la Fossa, vive Esch, con i suoi fratelli Randall, Skeetah e Junior e il padre, in povertà quasi assoluta. La famiglia cerca di prepararsi all’emergenza, ma tutti hanno altri pensieri: Skeetah deve assistere il suo pitbull da combattimento dopo il parto; Randall, quando non gioca a basket, si occupa del piccolo Junior; ed Esch, che ha solo quattordici anni ed è l’unica ragazza in un mondo di uomini, legge la storia degli Argonauti, è innamorata di Manny e scopre presto di essere incinta. Mentre l’uragano si avvicina, il legame tra i fratelli e la fiducia reciproca si rinsaldano, uniche luci nel buio della disgrazia incombente.
La storia di Esch è una storia di attesa e di crescita. Perché c’è un mondo prima di Katrina, e un mondo dopo Katrina. In mezzo, quella sottile, ineludibile, costante vibrazione sotterranea, la sensazione che qualcosa stia arrivando. Qualcosa di grosso, di mostruoso, che trasformerà per sempre ogni cosa e lascerà ai superstiti il compito di fare i conti con ciò che è stato. Al centro di Salvare le ossa, i temi portanti della miglior tradizione degli Stati Uniti del Sud: il conflitto sociale e razziale, il riscatto dalla povertà, l’amore, raccontati attraverso l’uso di generi diversi, dal romanzo di formazione al viaggio on the road.
Noi che con la casa editrice milanese abbiamo fatto finora tante splendide cose, e tante altre ne faremo nei prossimi mesi, contiamo di far nascere anche a Parma l’entusiasmo che, in America, sta accompagnando la diffusione di tutti i romanzi di Jesmyn Ward.

Nello Zaino di Antonello: Libri e librai Meravigliati