di Alice Pisu

Libraia e giornalista, al timone con Antonello Saiz dei Diari di bordo, libreria indipendente a Parma, con la rubrica "I libri di Alice"
Libraia e giornalista, al timone con Antonello Saiz dei Diari di bordo, libreria indipendente a Parma, con la rubrica “I libri di Alice”

 

 

 

 

 

 

 

 

A misura d’uomo. Roberto Camurri

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Quando una vecchia sedia rossa di plastica davanti al bar di Bice a Fabbrico racconta la percezione di essere improvvisamente fuori contesto, quando un pacchetto di liquirizie guadagnato con cinismo racconta un’assenza desiderata in silenzio, e quando una vecchia foto tirata fuori davanti a una quercia imprime la promessa di un’amicizia oltre le parole, si è davanti a un romanzo dove sono anzitutto i dettagli a diventare portatori di storie e custodi di sogni, anche di quelli irrealizzabili. È ciò che accade in A misura d’uomo, di Roberto Camurri, NN. Sono le descrizioni dei luoghi a spiccare in particolar modo nel romanzo, al punto da dare al lettore l’impressione di sovrastare a volte quelle dei protagonisti. Il modo in cui il paesaggio si inserisce nella narrazione non sembra essere funzionale al racconto degli eventi, ma costituisce una sorta di narrazione parallela, dove il mare rappresenta la fuga in una sorta di altrove in cui rifugiarsi, dove la cittadina in cui si è nati e cresciuti diventa al tempo stesso un rifugio e una prigione da cui si vuole scappare, dove le passeggiate sul fiume custodiscono ricordi con cui è difficile riappacificarsi. Quella realtà per immagini immersa nel quotidiano di un paese della Bassa, Fabbrico, sembra ripetersi uguale a sé stessa tra ritmi in fabbrica e ritrovi al bar, ma è capace di custodire storie che richiamano le suggestioni letterarie di un’America rurale che è al tempo stesso molto padana. Questo è l’aspetto che rende A misura d’uomo una voce originale nel panorama letterario contemporaneo.

Camurri racconta la deriva di chi rinuncia alle proprie speranze di cambiare lo stato di cose, e di chi ancora è in grado di cercare la propria idea di felicità, anche se potrebbe rivelarsi un’utopia. Racconta la ricerca di un riscatto e la fuggevolezza dell’amore, racconta ciò che resta, nonostante gli eventi e nonostante il tempo, di un’amicizia capace di ridefinire le scelte dell’individuo. E racconta quel male di vivere, come lo definiva Montale, insito in chi si trova perennemente sul confine tra rassegnazione e impulso di rivoluzione. La scrittura riesce qui a dare forma a tutto questo attraverso storie lontane da artifici narrativi e spettacolarizzazioni letterarie ma ancorate saldamente alla dimensione del quotidiano di un paese di provincia. Il lavoro sul linguaggio approda a una voce lineare che si asciuga e si appiattisce per permettere di mettere in luce gli elementi simbolici che costellano tutto il romanzo e che contribuiscono in modo significativo a definirne l’identità: dalla vecchia sedia rossa di plastica che sembra improvvisamente fuori contesto davanti al bar di Bice, al cane che continuerà a essere chiamato Salvo anche dopo la scoperta che è femmina, alla polvere che ricopre ogni cosa nella solitudine della casa di un vecchio ancora capace di custodire un sogno.

 Luigi Ghirri, Lido di Spina, 1973
Luigi Ghirri, Lido di Spina, 1973

Ma ancor prima che per tensione narrativa, è la sperimentazione di genere a rendere A misura d’uomo una voce dirompente nel panorama letterario italiano contemporaneo. Il corpo del romanzo prende forma inanellando storie solo parzialmente connesse tra loro, che hanno come comune denominatore l’ambientazione a Fabbrico e che in molti casi potrebbero anche essere lette come singoli racconti, come Asfalto, ad esempio. In questa narrazione corale nel dare voce a storie e protagonisti diversi, la struttura risente di un debito significativo nei confronti del genere racconto anche nella scelta dei titoli dei capitoli, che rimandano a una dimensione scandita dal succedersi delle stagioni o da elementi simbolici che ne determinano il sentimento predominante, come Disgelo, o Polvere. Un altro aspetto di rilievo è il percorso circolare impresso al romanzo che si apre e si chiude con immagini slegate dalla logica temporale degli eventi. L’autore gioca di continuo con il lettore, usando una dimensione temporale slegata dal rigore cronologico ma sostenuta da continui rimandi tra passato e presente nell’intento di generare uno spaesamento in chi legge. Una scrittura che non solo nell’impianto strutturale scelto per il romanzo ma nelle suggestioni delle storie e del rapporto con i luoghi, ha certo debiti significativi nei confronti di grandi esempi di letteratura americana. Dal modo di Cormac McCarthy di raccontare lo smarrimento morale di chi cerca affannosamente un riscatto, alla tendenza di Kent Haruf a un linguaggio asciutto dove raccontare anche attraverso i silenzi, al tessuto narrativo breve di George Saunders, sino ai richiami alla desolazione rurale di Raymond Carver. Si nutre di quel debito per dargli una forma nuova impregnandosi al tempo stesso di un sentimento profondamente padano, come quello che innerva le pagine di Daniele Benati, e della descrizione della complessità dei rapporti sentimentali tenuti in piedi davanti all’appiattimento di un quotidiano scandito da ritmi in fabbrica e frustrazioni che rimanda alle pagine di Andrea Cisi. Appare anche Stephen King, che l’autore ringrazia per averlo ispirato nella stesura di Asfalto. Sopra ogni altra cosa, quelle descrizioni per immagini dei paesaggi però, sembrano essere fortemente legate alla fotografia, in particolare alle immagini evocative di Luigi Ghirri.

Nella circolarità di un romanzo che si apre e si chiude con un’immagine slegata dalla logica cronologica degli eventi, si posa lo sguardo indulgente di chi osserva quel quadro di umanità varia, le storie di quanti sembrano perdersi sopraffatti da errori e sensi di colpa per poi trovare forse una strada possibile attraverso il perdono e l’accettazione delle proprie contraddizioni. A volte capire di dover fare un passo indietro è la forma più alta di altruismo, e forse anche d’amore, quando si percepisce di essere inadeguati a rapportarsi alle emozioni, sottolinea l’autore. È ciò che A misura d’uomo insegna a chi legge: cercare un modo del tutto personale di rapportarsi alle proprie contraddizioni. Forse solo allora, come cercheranno disperatamente di fare i suoi personaggi, sarà possibile trovare la propria via per riappacificarsi con sé stessi, imparando a sopravvivere.

I Libri di Alice: A misura d’uomo