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Se ci fossimo incontrati dal vivo, molto probabilmente, ci saremmo incontrati in uno di quei bar con le listarelle di legno alle pareti. 

Invito in perfetto stile Roberto Camurri: non può che essere così l’ambientazione della chiacchierata con l’autore di uno degli esordi più brillanti e sorprendenti di inizio 2018.

Fabbrico si trova in America? Certo so che geograficamente è in provincia di Reggio Emilia (ma per essere onesta, lo so dopo che Roberto Camurri ha corretto un errore nato da un intuito sbagliato, che Fabbrico fosse in provincia di Parma dove attualmente vive lo scrittore. Questo a riprova di quanto il paese raccontato nel romanzo sia scevro di ogni regionalismo ed eminentemente letterario), ma quanto del paese che è il tuo paese di origine è stato impastato con il senso profondo di provincia che ha alimentato e continua ad alimentare gran parte della letteratura americana? 

Mi sono bastate poche pagine di “A misura d’uomo” (che titolo splendido, su cui ritorneremo) per comprendere che il tuo esordio non poteva che essere battezzato NN editore, la casa editrice di Haruf e di Drury.

Clicca sulla copertina per accedere al sito della casa editrice.
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È il paese stesso a essere impregnato di America, i gruppi musicali, il modo di vestire, le letture che si fanno, il senso di appartenenza, è una cosa che rimanda tutto all’immaginario d’oltreoceano. I gruppi, per dire, suonano tutti Rock’n Roll, Country, Blues e si vestono o con camicie sgargianti o a quadri, giubbotti di pelle e stivali a punta. Credo sia anche per una conformità geografica, è un paese lontano una decina di chilometri da tutto, ci sono quattro strade per raggiungerlo, sono in discesa quando arrivi e in salita quando vai via; perciò, nonostante ci si senta parte integrante di una pianura sconfinata, ci sembra di essere qualcosa di diverso da tutto quello che ci circonda e credo sia per questa contraddizione che miriamo agli Stati Uniti.

 

“A misura d’uomo” il titolo, che ho già definito splendido, del tuo romanzo. Uomo inteso come umanità, che credo sia la cifra vera della narrazione racchiusa in personaggi impregnati di vita, anche quando la perdono o la lasciano andare nella rassegnazione. Ma uomo può essere inteso anche come maschile. Non perché non ci siano personaggi femminili, anzi sono tra i più belli e sofisticati che io ricordi: una sofisticazione che è un amalgama sapiente di letteratura e vita, perché le donne del romanzo sono autentiche come sa esserlo solo la vita, ma di una bellezza a cui può aspirare solo la letteratura. Però le voci del romanzo sono maschili, o almeno così mi è parso, leggendo.

Cosa significa, invece, per Roberto Camurri “a misura d’uomo”? In cosa il suo romanzo, e la scrittura che lo supporta, sono “a misura d’uomo”?

camurri_webPer me A Misura D’Uomo è il titolo perfetto, è, forse, l’unico modo che c’era per mettere efficacemente in copertina quello che è dentro al romanzo. Sono storie di esseri umani che si muovono e si confrontano in una dimensione che è piccola come l’uomo è piccolo di fronte alla grandezza delle emozioni che prova. Ed è proprio nel rapportarsi con quelle emozioni che si trova la loro umanità, l’incapacità di definire a parole quello che provano, il senso di resa che a volte li muove di fronte ai sentimenti, il provare lo stesso, però, a farci i conti tutti i giorni, nella quotidianità, nei piccoli gesti che accompagnano le loro vite. Ed è questo, in qualche modo, il senso del romanzo e di ciò che scrivo. 

 

Romanzo… Un esordio, il tuo, che è travolgente e innovativo, soprattutto per la letteratura italiana, per la struttura e i tempi della narrazione. Anche in questo il prestito dalla letteratura americana mi pare immediato, e a me viene subito in mente il mio idolo: Elizabeth Strout. La tua maturità e consapevolezza, dal confronto, si evidenziano rafforzate, perché “A misura d’uomo” se pure trova diversi antecedenti per singoli elementi, non mi sembra che possa assomigliare a nulla di già letto. O comunque non somiglia a nulla che io abbia già letto. 

Mi è parso che il tuo romanzo si configurasse come una sfida, sapientemente architettata, con il lettore. Cambi repentini di tono, voce, visuale, protagonisti da un “capitolo” all’altro, salti temporali notevoli che scorrono tutti in un tempo che appare lineare per quanto eliso in alcuni passaggi, e concentrato in altri. L’equilibrio sottile tra il tempo del racconto, che è lento e diluito in dettagli, gesti, rituali che ci svelano l’anima più ancora che l’indole dei tuoi personaggi; e il tempo della storia che è invece considerevole, perché conosciamo Anela Davide e Valerio, quando sono giovani e aitanti, e accompagniamo Anela e Valerio, ma anche Mario ed Elena, fino all’età dell’imbolsimento e della piena maturità. Perché vecchi i tuoi personaggi non appaiono mai, forse solo stanchi e provati, dalla vita e non solo dall’età. Ma ritroviamo anche Davide, con un salto all’indietro che sconvolge tutti i criteri del romanzesco, della veridicità e del verosimile, in uno dei capitoli che però non potrebbe apparire più vero e autentico anche per il posto che occupa nella successione della storia e nell’intersecazione delle storie narrate.

La scansione temporale del romanzo, in capitoli o racconti come preferisci chiamarli, sono frutto di un’attenta e accurata analisi da parte tua? O invece nella scrittura ti sei lasciato trascinare dalla corrente della vita, e i salti i temporeggiamenti le soste, sono venute da sé?

camurri_webElizabeth Strout con “Olive Kitteridge” è stata sicuramente una fonte di ispirazione per come strutturare il libro. Soprattutto quando in casa editrice, dopo aver letto i racconti che ho presentato come slegati tra loro, mi hanno detto: ehi, guarda che stai scrivendo un romanzo, prova a considerare l’idea. Avevano, naturalmente, ragione loro e, dopo averli riletti, mi sono calato in quell’ottica e ho provato a farne uscire una storia coerente soprattutto dopo essermi reso conto che, in effetti, i personaggi che andavo a raccontare erano gli stessi. 

Per quanto riguarda i tempi verbali è un rischio che ho deciso di compiere razionalmente. Ho anteposto a tutto la voglia di comunicare le emozioni e, di conseguenza, ho usato i tempi verbali che mi venivano “utili” per trasmettere il sentimento che volevo, mettendo in secondo piano la consequenzialità delle cose, provando in qualche modo a stringere un patto con il lettore. 

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Accanto ai personaggi ci sono gli oggetti, che danno concretezza ai sentimenti, divenendone emblema: le ciabatte che Davide dimentica a casa di Anela; il minestrone che Mario prepara; la sedia rossa di Giuseppe davanti al bar, e su tutti una fotografia:

ritrova la fotografia che ritrae loro tre, Anela e Davide, la stessa che aveva accarezzato il giorno in cui aveva deciso di restare a Fabbrico; guarda i loro visi e vede la spensieratezza dell’essere insieme, la quercia dietro di loro, ricorda la giornata e Luigi che scattava la foto; ricorda il giorno in cui Ludovica lo aveva raggiunto fuori in giardino tenendola in mano, ancora nella stessa cornice, papà, papà, gridava nel suo equilibrio di bambina di quattro anni, chi è questo signore?

Se “A misura d’uomo” è un romanzo corale, in cui i personaggi si alternano e intrecciano di capitolo in capitolo, l’amicizia tra Anela, Davide e Valerio è il perno su cui girano tutte le altre storie. Ed è l’amicizia, accompagnata da un senso di solitudine esistenziale, che tra tutti i sentimenti prende il sopravvento, unita strettamente al senso della cura, che più ancora che ai personaggi femminili, è affidata a quella maschili, con una mutevole alternanza dei ruoli tra chi accudisce e chi è accudito, che sembra essere la “misura” dei personaggi e il senso della loro parabola esistenziale. Come a dire che la vita altro non è che il darsi cura? e forse anche il senso della scrittura affonda nel prendersi cura di una storia con i suoi interpreti?

camurri_webSu cosa sia la vita, io, una risposta non riesco a dartela. Quello che posso dirti, però, è che ho provato a descrivere i gesti e gli atteggiamenti e i rapporti con cui sono cresciuto e, descrivendoli, ho capito che forse la cosa più difficile nell’amore, nell’amicizia, è il riuscire a mettersi nei panni dell’altro, il farsi da parte per occuparsi dei bisogni dell’altro ed è questo che ho provato a far emergere in quello che raccontavo. 

Per quanto riguarda la scrittura, lo dico spesso, ho iniziato a capire di aver scritto cosa che mi piaceva quando ho smesso di avere sovrastrutture. In qualche modo quando sono riuscito a fare un passo indietro rispetto alle cose che andavo a scrivere. Ho capito che scrivere di me non mi interessava, quello che volevo fare era dedicare tutte le energie e il mio raccontare alle persone che si muovevano nelle storie, ai loro sentimenti e alle loro emozioni; mettermi al loro servizio. 

 

A quante ristampe siamo, Roberto?

Un esordio di grandissimo successo, che non si misura solo nel numero di copie e di ristampe, non è solo quantitativo, ma sembra che sia soprattutto qualitativo. È amato il tuo libro e sei amato tu come nuovo autore della narrativa italiana.

A chi brindiamo? A te, all’editore (una casa editrice di assoluto prestigio nel panorama italiano), ai librai che ti stanno accogliendo con grande attenzione e con i dovuti onori, ai lettori che da subito hanno mostrato la cura con cui hanno letto “A misura d’uomo”?

Come ti spieghi quello che sta accadendo intorno al tuo libro? Era questo che speravi mentre lo scrivevi?

camurri_webPrecisamente non so a chi brindare, brinderei a tutti. Nasco prima come lettore NN che come scrittore, è una casa editrice che sentivo mia a pelle, ancor prima di coltivare l’ambizione che potessero essere loro a pubblicarmi; quando poi quella sensazione si è trasformata in realtà, per me, per il libro, è stata una gioia immensa e, credo, una grossa spinta al successo che sta avendo A Misura D’Uomo. Brinderei ai lettori che lo stanno facendo circolare attraverso il passa parola, che vengono alle presentazioni coi post-it colorati tra le pagine sottolineate e che io guardo con profonda ammirazione e a cui non posso fare altro che dire grazie per aver letto con cura e sentimento ciò che io ho solamente scritto senza pensare a loro e senza pensare a quello che sarebbe successo. E direi grazie ai librai per come hanno accolto il libro e per come mi stanno rendendo la vita caotica e difficile e bellissima nel volermi nelle loro librerie, per come mi stanno facendo sentire a casa ovunque io vada. Poi, ultima cosa, non voglio passare per un falso modesto, so di aver scritto un libro bello, ma, davvero, ciò che sta succedendo va al di là di ogni più grande aspettativa io avessi al riguardo, a volte mi fermo e un po’ mi commuovo e, davvero, vorrei ringraziare tutti, uno per uno, abbracciarli molto forte. 

Roberto, io brindo a te e ai tuoi personaggi e alle tue storie, augurando loro lunga vita.

Chiacchierando con… Roberto Camurri
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