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Marie non ama niente, non aspetta niente?

Marie ha il cuore gonfio d’amore. E Marie aspetta Marie.

È nel primo interrogativo che Madeleine Bourdouxhe in “Marie aspetta Marie”, tradotto con eleganza da Graziella Cillario per Adelphi, dispiega la carica introspettiva ed esistenziale della protagonista. Una donna che agli occhi degli altri appare appagata e felice, accanto a un uomo che le garantisce la tranquillità di una vita borghese. Ma Marie, pur nella fragilità della sua condizione di donna della prima metà del Novecento (il romanzo viene pubblicato in Belgio nel 1943 e tra le pagine, seppure rari e rarefatti, ci sono vari accenni alla guerra in corso), è una donna desiderosa di avvenire, con il cuore ricolmo di infinita tenerezza e l’immaginazione piena di strani pensieri che sono parvenza di felicità:

intorno a Marie c’era qualcosa di ineffabile che la rendeva felice.

Con rapide pennellate, Madeleine Bourdouxhe comincia a lasciar trapelare l’insoddisfazione e la delusione che sopite ma vigili albergano nel cuore della donna:

La lascia, si volta, si addormenta. E Marie vorrebbe morire. Tutti gli uomini si voltano e si addormentano allo stesso modo, dopo l’amore? Probabilmente sì…

Sfiducia o rassegnazione che sia, con la quale Marie giustifica il senso di insoddisfazione che trapela nell’intimità e nel silenzio, la vita quotidiana e matrimoniale è anche una rete di protezione, una gabbia che tiene al sicuro. In questo Marie è donna del suo tempo, ma il fascino irresistibile del personaggio è nelle crepe che la scrittrice sa allargare sempre più nell’animo della donna, fino a farne una volitiva e determinata, sicura e impavida figura moderna, capace di abbandonarsi al piacere dei sensi, senza nessun orpello romantico che non risieda nella sfera dell’appagamento sensuale. Non che non ci sia sentimento. Il sentimento nella relazione con il giovane incontrato sulla spiaggia e amato in un albergo a ore, e poi nella sua stanza di studente universitario c’è, ma è privo di ogni ottica convenzionale. Marie si inebria dei momenti pieni di passione che condividono, si sente viva nel delirio dei sensi che si impossessa di lei di fronte a lui, si ricolma della felicità e dell’appagamento che i momenti passati con l’amante le regalano, ma nello stesso tempo è consapevole che non hanno futuro come coppia, né lo immagina o idealizza. Anzi è nell’orizzonte momentaneo della relazione che sembra essere custodita l’intuizione piena della felicità, intesa come realtà da indovinare, da afferrare, da fare propria. Il mondo del possibile; il fascino, la vertigine di un mondo nuovo in netta contrapposizione con la realtà addomesticata della sua condizione di donna sposata e sistemata per sempre, che è come un’aura soave, fatta della dolcezza e del calore delle cose familiari, di ciò che si ama.

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Quello che rende Marie un personaggio femminile indimenticabile è la forza delle contraddizioni in cui vive, aspettando sé stessa e non rinunciando al piacere dell’attesa, che si trasforma in determinazione ad afferrare voracemente, dopo un iniziale tentennamento, ciò che il destino le offre. Una determinazione che nasce in un ritorno al passato, consumato in visita ai genitori nella casa in cui è cresciuta, quando i ricordi della madre ricreano la figlia di un tempo, una Marie che, non assorbita da un amore, è ancora ricca di tutti gli amori possibili. In questa scena c’è uno degli esempi straordinari di introspezione di cui l’autrice è capace, che sono folgorazioni che immortalano l’impalpabilità di un movimento del cuore e la natura insondabile di certi momenti, che possono essere solo ritratti, sfuggendo a ogni definizione. Una madre, una figlia, il tempo:

Marie la lascia parlare: non le può rivelare che oggi la madre non ha più bisogno di aiutarsi con i ricordi. Posa la fronte sulla spalla materna e così rimane, offrendo, a lei sola, quell’istante; lungo minuto miracoloso in cui Marie si ridona a sua madre.

Miracoloso questo quadro che racconta senza dire.

Marie sa che non potrà mai abbandonare il marito, ma è consapevole che è una sua decisione e volontà, conscia del sentimento, indecifrabile ma tangibile, che la lega a Jean:

Ho capito che non esiste nessun dio che tuteli l’amore di una moglie e di un marito… anzi, che per indicare tale amore non è stata neppure inventata una parola… amicizia, affetto, amore, passione, desiderio… nessuna di queste gli si addice, servono tutte a indicare altro… allora questo angolo del mio cuore rimarrà senza nome, e sarà semplicemente umano. Quand’anche dovesse restarlo solo per me… quante cose sono cambiate ma quante sono ancora lì, forse più vere delle altre, e più vive di quanto quelle siano mai state. So che in questo oggi ti desidero di meno. Forse è solo una tappa dell’amore che ho per te. So pure che non smetterò mai di amarti. E so inoltre che a un tuo semplice cenno ti seguirei in capo al mondo…

Hopper

Solo attraverso una crescente consapevolezza di sé, Marie finisce per giungere all’appuntamento più importante con se stessa, che la porterà, ulteriore prova dell’eccellente scrittura di cui Madeleine Bourdouxhe è capace, a identificarsi con il proprio nome: Marie e basta.

Non è un percorso senza drammi. Perché se Marie vive il tradimento come un gesto liberatorio e senza alcun senso di colpa, per raggiungere pienamente se stessa e accettare la propria diversità dal femminile convenzionalmente riconosciuto, non basterà evidenziare la distanza con le altre donne:

Che cosa immaginano quelle donne a proposito di Marie, e perché lei si sente così diversa e non è mai riuscita a diventarne veramente amica? Forse hanno una vita più semplice, poiché riducono il loro mondo alla scelta di carte da parate o di copridivani, a un appartamento lussuoso, al potersi permettere una domestica, a ricevere in modo perfetto, a qualche tè con le amiche dove si scambiano poche idee sugli ultimi libri usciti. Se hanno un figlio, non lo amano in quanto carne della loro carne, ma come uno scopo dato finalmente alla loro esistenza. Sembrano felici o, se non lo sono, parlano della felicità come di un oggetto dotato di una forma precisa, indistruttibile, che basterebbe scovare e appendere in casa come un rametto di vischio.

Non basta, dicevo, questo percorso nel riconoscere l’unicità del proprio sentire rispetto alle altre donne, che le rende a lei estranee. Bisogna che Marie sperimenti la differenza con un modello femminile più vicino e più caro: la sorella Claude, la sua incapacità di aspettare se stessa e vivere seguendo le intuizioni più profonde del suo essere. Il tentato suicidio della sorella è il tassello più doloroso, perché Marie possa disegnare i contorni della propria figura:

è sempre così che agiscono le donne: veleno, gas o annegamento. Poche hanno il coraggio di usare una pistola. Soprattutto, poche hanno il coraggio di vivere… D’improvviso Marie si sentì invadere da una collera sorda che veniva su, dura e sincera, dal fondo della sua anima indignata. Suicidio di fronte alle difficoltà, pensava, o suicidio per un grande dolore… rifiuto della lotta, della solitudine, della sofferenza… rifiuto su tutta la linea! Ecco, non hanno via d’uscita, soffrono troppo… e gettano la spugna! Fuga vigliacca verso la quiete, verso il nulla… possibile che in loro non ci sia niente che le trattenga! Qualcosa che non dipenda da tutto il resto, che le faccia essere se stesse. E che dovrebbe sempre impedire di uccidersi… quella cosa preziosa che bisogna protendere avanti, come un ostensorio…

Marie è toccata dalla grazia di vivere sulla terra, e Madeleine Bourdouxhe ha la capacità di mostrare con pennellate sfuggenti quanto decise la grazia di vivere sulla terra, e lo fa con tale cura e attenzione che ogni singolo giro di frase, ogni minima riflessione, ogni elucubrazione della protagonista, perché tutta la narrazione è interna al punto di vista di Marie, si sfaccetta in infinite iridescenze, palpitanti di vita e di emozioni. Così che a ogni (ri)lettura “Marie aspetta Marie” appare un romanzo nuovo e sorprende per la carica e la forza delle immagini.

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Accanto a Marie, protagonista anch’essa, una Parigi dai mille risvolti e dai colori cangianti, che Marie ama attraversare da sola, godere prestando attenzione all’umanità diversa che la abita e vive. Una città che palpita, che si muove, che percepisce i sentimenti e le emozioni della protagonista, che la vive come una poesia. Parigi fa da specchio a Marie, concedendole di vivere nell’attimo presente, con la sua enfasi e con la nuda sensazione della sua solitudine. Ogni volta la città le restituisce la coscienza di sé, mentre Marie l’attraversa con il suo passo regolare ed elastico.

All’edizione Adelphi è aggiunta una Nota di Faith Evans, illuminante e piena di spunti, che vi consiglio di leggere per entrare a pieno nelle pieghe della scrittura, fascinosa ed eccezionale, di Madeleine Bourdouxhe.

Marie aspetta Marie