di Alice Pisu

Libraia e giornalista, al timone con Antonello Saiz dei Diari di bordo, libreria indipendente a Parma, con la rubrica "I libri di Alice"
Libraia e giornalista, al timone con Antonello Saiz dei Diari di bordo, libreria indipendente a Parma, con la rubrica “I libri di Alice”

 

 

 

 

 

 

 

 

La vita, se altro si dice

A. Ferrazzi, Giacomo Leopardi, 1820, olio su tela, Recanati, Casa Leopardi
A. Ferrazzi, Giacomo Leopardi, 1820, olio su tela, Recanati, Casa Leopardi

È seduto nel suo scrittoio Giacomo Leopardi, sono le prime ore del mattino ma è già andato alla prima messa per rincasare dopo una lunga passeggiata. Aspetta che l’inchiostro si asciughi sulle pagine e, intanto, sfoglia dizionari di altre lingue, antiche e moderne, le impara così, mentre per tutta la giornata la luce di una candela accompagnerà il suo scrivere. Solo quando quella fiamma starà per esaurirsi e non ne rimarrà che un dito, allora dovrà fermarsi e riposare. Il momento peggiore, questo, quando diventa preda delle sue ossessioni, le paure, le inquietudini, lo spettro della morte. Chi è davvero Giacomo Leopardi? È l’interrogativo che aleggia tra le pagine de La vita, se altro si dice, di Massimo Timpano, Bompiani, dove attraverso un divertissement malinconico, Leopardi cercherà di liberarsi di chi ordisce un complotto contro di lui, mettendo in scena la propria morte per fuggire oltreconfine.

Clicca sulla copertina per accedere al sito della casa editrice.
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Quartiere Stella, Napoli. Sono gli anni del colera e della miseria, di ricordi e patimenti di un popolo allo stremo. È un uccellino dalle ali spezzate, Giacomo Leopardi, la sua malattia e le deformità del suo corpo debilitato alimentano costantemente le sue insicurezze e le paure, incubi capaci di manifestarsi anche nel sogno o di trasformarsi in allucinazioni. La sofferenza è a tal punto connaturata nella sua esistenza da innestarsi sottopelle, diventare intima e fruttificare nel riuscire a sopravviverle. Come rileverà nel 1939 Giovanni Papini, portare il dolore nei suoi versi significa trovarne rimedio. L’autore delle Operette morali, ritenuto il più grande poeta dell’Ottocento e caposaldo della letteratura mondiale, capace di ispirare, nelle sue riflessioni filosofiche sulla condizione dell’uomo e sull’esistenza, generazioni intere di poeti e narratori, diventa ora una figura conosciuta e sconosciuta al tempo stesso perché resa anzitutto sotto il profilo dell’uomo, prima che dello scrittore. Il Leopardi tratteggiato da Timpano scardina finalmente quella patina di inviolabilità dall’immagine granitica costruita da sempre attorno al poeta per raccontare, attraverso gli artifici di una finzione narrativa, i motivi ispiratori del suo pensiero, la ricerca costante di una dimensione di profonda solitudine in cui rifugiarsi, l’amore, le ossessioni, la morte, il rapporto con la scrittura. La vita, se altro si dice, è il modo di trasformare in personaggio letterario uno dei più grandi poeti e filosofi di tutti i tempi e renderlo protagonista non di una biografia romanzata ma di un’invenzione, che però si nutre di una profonda conoscenza delle opere e del pensiero del genio di Recanati per scavare nella sua dimensione più intima e privata.

Raccontava la felicità da triste, Leopardi, parte da questo assunto Massimiliano Timpano per avvicinarlo al lettore finalmente slegandolo da una visione critica ancorata quasi unicamente al suo pessimismo e mostrare un’immagine inedita del poeta nella sua dimensione privata e intima. Lo racconta anche attraverso scene ispirate dall’Epistolario, oltre novecento lettere che permettono di ricostruire non solo la vicenda umana ma lo sviluppo del pensiero critico di Leopardi, che ne La vita, se altro si dice diventano fondamentali nel raccontare i motivi ispiratori della sua scrittura capaci di incidere nel pensiero di generazioni successive di filosofi e poeti. Attraverso una fine narrazione che si nutre di dettagli, come la descrizione di luoghi che richiamano i turbamenti emotivi del protagonista (“il mare tratteggiato sempre nel suo umore più indolente”) o particolari come la naturale convinzione di Leopardi che desinare sia un atto di solitudine, la lettura si trasforma in un gioco di rinvii, non solo sul piano temporale ma lungo il confine labile tra il reale e l’immaginario. Timpano gioca con l’elemento comico e con quello sentimentale immaginando scenari nuovi per Leopardi, raccontato da punti di vista diversi e con continui rimandi temporali e spaziali, attraverso una struttura narrativa che diventa l’architettura per raccontare la complessità del protagonista. Guarda a maestri come Pier Vittorio Tondelli, che si nutriva dell’arte della costruzione strutturale per accompagnare la crescita interiore dei suoi protagonisti, come in Camere separate, nel seguire una suddivisione in movimenti come in una partitura musicale, o in Pao Pao, per procedere per contrasti, opponendo l’elemento amoroso e quello umoristico alla ferrea realtà di una caserma.

Manoscritto originale L'infinito
Manoscritto originale L’infinito

Timpano racconta un periodo storico attraverso il linguaggio: contestualizza un tempo e un luogo anzitutto marcandoli linguisticamente, che si tratti della Napoli stremata dal colera dove la superstizione è un’altra forma di religione o dell’isola del Gran Bé dominata dalla solitudine dei suoi scorci. Andando ben oltre il divertissement letterario, La vita, se altro si dice porta il lettore a immaginare le infinite strade che il destino di un uomo può prendere anche solo con un cambiamento minimo degli eventi, una sorta di semantica dei mondi possibili. A volte risiede proprio nella casualità dei percorsi che i personaggi possono scegliere, la ragione che li condurrà molto lontano, a vivere in condizioni diverse da quelle che avevano previsto, come accade in Piccoli equivoci senza importanza, di Antonio Tabucchi. Immaginare cosa sarebbe potuto accadere in un altro mondo parallelo e possibile è l’interrogativo su cui si basa non solo l’idea alla base della storia del romanzo, ma anche il suo evolversi nella mente del protagonista. In quella mente popolata da tormenti continui si affaccerà un guizzo vitale sconosciuto al lettore, generato dalla scoperta dell’amore per una giovane donna dell’isola. Allora può accadere che quell’immagine cagionevole e malandata si accenda inaspettatamente di una luce nuova per quelle sensazioni ignote capaci di far sentire invincibile un uomo anche al solo pensare alla voce dell’amata. Andare oltre quel corpo: essere improvvisamente altissimo, essere la matrice, trovare in quell’illusione il senso della propria ricerca esistenziale. Ma che cos’è in fondo la felicità se non il tempo di un battito d’ali in cui vedere l’amata prima di sfumare e scivolare “dagli occhi al cuore al foglio”?.

L’innamoramento è nell’inspiegabile, nell’incognita ammaliante dello sconosciuto che, nei gesti, nella lingua, è capace di generare nell’altro quell’immaginazione di mistero, “quella opinione di vedere e di conoscere nella persona amata assai meno di quello che essa nasconde in sé stessa, di quel ch’ella è, quella idea di profondità, di animo recondito e segreto, che è il primo e necessario fondamento dell’amor più che sensuale”. La scrittura per Leopardi è capace di raccontare la suggestione di una notte “amabil più dei primi albori” capace di congiungere e trasformare l’amata nell’amato. Ancor più del coinvolgimento della storia narrata, La vita, se altro si dice, si dovrebbe leggere scorgendo il modo in cui emerge il ruolo che la scrittura avrà in Leopardi fino al suo ultimo giorno di vita, necessaria anche in quelli che definirà avanzi di pensiero accatastati in un baule che, tra gli altri, conterrà anche lo Zibaldone. Alcune stanze possono essere come prigioni, il mondo stesso può essere una prigione per Leopardi. Il senso della sua scrittura è legato al senso della sua esistenza. Čechov sosteneva che scrivere sia rappresentare i difetti della natura umana ritraendo la vita com’è, perché, come sottolinea in Né per fama né per denaro, Minimum fax, sarebbe un’assurdità il contrasto tra le parole che si dicono e si scrivono e la vita che si conduce, tra quello che si crede di essere e quello che si è. Tra le pagine di Timpano, l’esistenza di Leopardi non è altro che una parvenza di vita. Si spegnerà giovane, sentendo però di custodire un lascito, una speranza, nel guardare a un futuro che non vedrà. “Quello che ho scritto, i viaggi, la fuga, quello che vi lascio, e chissà se piacerà anche a quelli dopo, tra un secolo magari – io vi domando, non è una prova, la mia seppur brevissima esistenza, di quello che il corpo, per quanto malato e umiliato, accompagnato da un animo giusto, temprato e forte, possa compiere?”.

Letture di Alice Pisu. Recensione uscita su Repubblica Parma Libri- Parole e dintorni, il 7/11/2017

I Libri di Alice: La vita, se altro si dice