Ma che cos’è, cos’è che mi fa piacere così tanto Zerocalcare? Non ve lo so dire, ma non perché non lo so o non lo immagino, ma nel senso letterale: non lo so esprimere, non riesco ad articolare tutte quelle sensazioni multiformi, quei sentimenti contrastanti che le pagine di ogni graphic novel firmata da lui mi suscitano.
Immedesimazione: sì, mi rivedo nelle sue illustrazioni e nelle sue parole. Eppure: è più giovane di me. Io potrei essere coetanea del Deprecabile, che come Zerocalcare lo definisce in “Macerie prime” (Bao publishing), è per lui un fratello maggiore (e infatti Zero è poco più giovane di mia sorella, la piccola di casa); il suo alter ego di carta vive una vita completamente diversa dalla mia, che non ho mai messo piede in un centro sociale; non mi piacciono i plumcake imbustati e non dico una parolaccia neppure sotto tortura.
Forse l’unica vicinanza che abbiamo è Rebibbia, che ho frequentato per una decina d’anni come luogo in cui abitava mio marito, allora non ancora tale. Forse parte della mia simpatia per le sue storie è veicolata dal ritrovare nelle pagine un luogo che mi è dolce perché rappresenta un tempo di giovinezza, in cui il futuro era lì con tutte le porte e le possibilità aperte.
Eppure, eppure, eppure… è proprio il vivere in due mondi separati e distanti, che forse si ignorano, a fomentare e ampliare, libro dopo libro, il mio amore appassionato per le sue storie.
Con “Macerie Prime” Zerocalcare torna alla linea più intima e introspettiva della sua produzione: diventare adulto, fare i conti con il proprio tempo e con la fortuna di aver realizzato se stesso, mentre il resto del gruppo arranca alla ricerca di un lavoro stabile che possa rompere quel ghiaccio, che sembra cristallizzare speranze e desideri, come il famoso mammut dell’era glaciale. Prima di tutti, Deprecabile.
Come è nella sua vena narrativa, gli spazi temporali si rincorrono: dal matrimonio di Cinghiale, che è l’occasione per ritrovarsi tutti insieme come non capitava da tempo, ai ricordi dell’adolescenza quando i vari amici si sono conosciuti, fino alla disavventura mediatica in cui Zerocalcare è caduto accettando l’invito ad andare a Stocazzago sull’Adda per perorare la causa dei curdi, insieme a un esponente politico che viene disegnato come un personaggio di Star Wars. Il caso è reale, e posso dire che io c’ero, e mi sono molto divertita a ripercorrerlo attraverso la ricostruzione narrativa e la matita di Zerocalcare.
I temi dominanti di “Macerie Prime” sono due: il senso di colpa che accompagna Zerocalcare nei confronti dei suoi amici che lo considerano una star e che vivono una situazione tragicamente diversa dalla sua, e la paura di superare la porta che introduce all’età adulta, come Cinghiale con la decisione di sposarsi e avere un figlio, per rompere il ghiacciaio in cui a ben guardare non è confinato solo Deprecabile, nella funzione di capo anziano del gruppo, ma lo stesso Zerocalcare. La soluzione? Sembra che anche Armadillo l’abbia abbandonato e sia stato sostituito da un Panda menefreghista che insegna a Calcare la morale per diventare adulti e vivere in pace nel loro mondo.
Si ride come sempre. Perché Zerocalcare sa essere dissacrante prima contro se stesso, mettendo alla berlina i propri difetti, senza assolversi, però cercando giustificazioni al proprio operato dietro cui nascondersi come facciamo tutti e in questo mostrandosi autentico e umanissimo, in un certo senso fragile e sodale con il resto dell’umanità, per poi passare a dissacrare gli altri, la realtà, la società e i costumi, con un’ironia mordace e forse aggressiva, che sa parlare alle coscienze e non alla pancia. Riconosce i “nemici” opposti a lui, ma non si riconosce migliore e questo crea un’empatia fortissima con il lettore, che è disposto a perdonare tutto al suo protagonista, e a prendere le distanze da ciò che gli si contrappone.
La controstoria che si alterna alla vicenda principale, e che serve da illustrazione metaforica e introspettiva alla narrazione che attraversa le vite dei personaggi di “Macerie Prime” è quella di un bambino guerriero e del nonno, alle prese con gli insegnamenti per la sopravvivenza che fanno da corollario a quello che vivono Katya, Deprecabile, Cinghiale, Secco e Sarah, e lo stesso Zerocalcare.
Come faccia Zerocalcare a rendere così concreti i moti dell’animo, e a dare un volto e spessore visivo alle figure che si agitano dentro ciascuno di noi, è quello che non riesco a dire, ma che porta a chiudere la graphic novel e a sentirsi meno soli, perché c’è uno come lui che sa raccontare la parte più interna di ciascuno di noi. Senza limiti d’età, senza confini geografici. Ci racconta e ci disegna. Tutti e sempre. Quello che siamo e quello che siamo stati.