di Alice Pisu

Libraia e giornalista, al timone con Antonello Saiz dei Diari di bordo, libreria indipendente a Parma, con la rubrica "I libri di Alice"
Libraia e giornalista, al timone con Antonello Saiz dei Diari di bordo, libreria indipendente a Parma, con la rubrica “I libri di Alice”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando l’essenziale è invisibile agli occhi. Luca Giachi

Letture. Prosegue il viaggio nell’editoria indipendente di Alice Pisu (Libreria Diari di bordo), per raccontare il nuovo romanzo di Luca Giachi, Come una canzone, edito da Hacca, ospite in libreria il 21 maggio, dopo l’esordio con Oltre le parole, valso il Premio Mondello miglior opera prima 2008.

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Ne La peste di Camus, un uomo solo si muove in una città senza ombra in cui a poco a poco tutti cadono vittima dell’epidemia, malattia devastante e metaforica al tempo stesso che richiama l’idea che nel contagio l’uomo, estraniandosi da ciò che lo circonda, arrivi a concentrarsi solo sulla propria unicità. In quella solitudine si muove anche Mattia, il protagonista di Come una canzone, il nuovo romanzo di Luca Giachi, edito da Hacca. Mattia attrae disagio attorno a sé, ne è consapevole, vive costantemente una malinconia esistenziale che lo porta a non riuscire a tenersi stretto ciò che ha, a non amare chi vorrebbe, a sentire di stare bene solo crogiolandosi nelle sue inquietudini. Quella frase, pronunciata da Elena nel lasciarlo, rimbomba ogni giorno nella testa di chi a trent’anni deve capire cosa cerca, perché accetta un lavoro da architetto in un ambiente borghese che non ama, cosa rappresenta, se esiste, la felicità, e se debba passare dal dolore.

La musica è il suo unico rifugio, quella dei dischi in vinile di Tim Buckley in Good Bye and Hello, dei Rodan in Rusty, o di David Crosby in If I Could Only Remember My Name, ma anche quella che compone per il suo nuovo gruppo indie rock, “musica per disadattati” come la definisce senza troppa ironia, che non gli darà mai da mangiare ma che servirà ad alimentare quel malessere felice. Un presente vero dove non ha mai la sensazione di voler essere altrove: è questo la musica per lui. Arriva una nuova donna nella sua vita, si chiama Letizia, la cantante del gruppo che diventerà presto una causa persa con la sua voce potente e priva di espressività a cui Mattia pensa costantemente mentre cerca di comporre Nel sole di maggio. Ci sono solo poche cose certe su di lei, come quelle lentiggini che spiccano tra i capelli rossi, e i suoi silenzi.

La vita di Mattia è come una canzone, una canzone che se il vinile è graffiato non ha mai fine, o potrebbe averla solo quando, in una fredda giornata d’inverno, sente che è giunto il momento di mettere un punto a una storia che non è mai diventata tale, ma rimane nel desiderio irrealizzato, nella terra di nessuno dove un attimo prima ci si fonde con l’altro e un attimo dopo una distanza siderale si fa vuoto incolmabile. Muore l’idea di te che c’è nella mia mente, cantano gli Afterhours: è in quell’esatto momento che frana addosso la consapevolezza della fine.

HACCA_giachi_OKMCLuca Giachi racconta le sfumature dell’animo umano, la vita nella sua imprevedibilità come una musica bella e malinconica, che continua a suonare. Le suggestioni di Come una canzone riannodano idealmente i fili con il romanzo d’esordio, edito da Hacca, Oltre le parole, nel raccontare quel momento della vita in cui occorre fare i conti con i propri fantasmi e capire che c’è una partita a basket da giocare da soli. Quella ricerca costante del senso della propria esistenza (una tesi mai conclusa, un rapporto di coppia che lascia continui vuoti, la sensazione di precarietà dell’esistenza, una passione che non potrà mai dare da vivere ma che è l’unica a far sentire vivi), passa attraverso le storie di sconosciuti che si intrecciano inaspettatamente alla propria, diventando fondamentali per affrontare le proprie sfide, anche nell’accettare l’inaccettabile: ciò che finisce.

C’è un luogo in cui non servono le parole, in cui un bacio sulla punta del naso racconta un amore che non potrà mai avere fine, in cui un paio di Ray-Ban possono diventare il caleidoscopio con cui guardare il mondo con occhi nuovi, un posto in cui “l’essenziale è invisibile agli occhi. E soprattutto alle parole. Le parole sono poca cosa”. Vaga in quell’altrove Luca Giachi, capace di raccontare l’irrisolto che spesso ci si porta dentro nel protrarre la propria esistenza senza una meta: quel momento, a trent’anni, in cui invece di guardare avanti ci si volta indietro per capire quel che si è diventati rispetto a ciò che invece si voleva essere. Quell’altrove per Mattia è la musica, l’unico luogo in cui sente di voler essere. Ha impiegato buona parte della sua vita per imparare tutto ciò che sa sull’amore, il destino e le scelte che si fanno nella vita anche grazie a letture come Shantaram e, proprio come Greg, il protagonista di Roberts, “Per capire l’essenziale mi è bastato un istante, mentre mi trovavo legato a un muro. La scelta che fai, odio o perdono, può diventare la storia della tua vita”.

La realtà, in fondo, è solo una delle visioni del possibile, ha mille volti e ciascuno ha la sua voce, come scriveva Juan Gelman in Com/posizioni, Rayuela: “scienza ma anche pazienza affinché il volto e la parola si elevino dalla paura che li lega verso l’amore che li unisce”. Allora non appare così surreale che una Cinquecento piombi dal cielo in una calda giornata dell’agosto romano, con il suo carico di lettere datate 1977 che stravolgeranno alcune esistenze. Come quelle di Matteo e Alessia: lui a fare il servizio civile alla Municipale con un caso bizzarro da risolvere e una storia d’amore da lasciarsi alle spalle, lei, testimone inconsapevole di quel caso che la cambierà per sempre, diventando agli occhi di Matteo come “John Lennon che si mette a suonare con gli Slint. Gli anni Sessanta che incontrano la sfida esistenziale per eccellenza degli anni Novanta. Più che una persona è l’unione di due generazioni impazzite. E che non hanno mai saputo di esserlo”. Il passato può riaffiorare nei modi più impensati, quello di anni lontani che custodiscono un dolore mai sopito, quello degli anni Settanta delle manifestazioni studentesche che finivano con le cariche della polizia, degli ardori giovanili, di giorni interminabili consumati vivendo insieme le battaglie per gli stessi ideali, quello di amori che non potranno mai avere fine neanche quando gli occhi si chiuderanno.

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Ne La linea d’ombra, Conrad immagina chi vive l’età della giovinezza superare il cancelletto della fanciullezza per entrare in un giardino incantato, dove persino le ombre rilucono di promesse, dove ogni svolta ha il suo fascino. Non si tratta dell’attrazione per lo sconosciuto, ma della “seduzione dell’esperienza universale, da cui si attende una sensazione singolare o personale: un po’ di se stessi”. È ciò che cercano i personaggi delle storie di Giachi nell’intraprendere quel cammino, voltandosi a guardare indietro solo per un attimo per capire, grazie a un evento che cambierà le loro vite, che si tratti di una macchina caduta dal cielo o della musica, che è arrivato il momento di attraversare quel giardino incantato. Il momento di procedere finché, come scrive Conrad, si scorge di fronte a sé una linea d’ombra che avverte che bisogna lasciare alle spalle anche la regione della prima gioventù.

Una pila di lettere ingiallite può far scontrare e incontrare due generazioni, può anche portare a fare i conti con i propri tentativi di felicità e raccontare che, in fondo, non è sempre importante ricondurre alla logica i casi del destino se questi possono cambiare delle vite, se possono portare a riflettere su ciò che davvero conta, guardando solo a quell’essenziale, come insegna Saint-Exupery. “Perché non c’è una ragione. Tutto scorre in modo caotico, dal giorno alla notte. Non siamo noi a girare attorno al sole. Scorriamo intorno a ciò che vogliamo essere. Quando scopriamo che cos’è, è quello il nostro sole”.

(Recensione uscita su Repubblica Parma, Letture di Alice Pisu. Libri, Parole e dintorni, 9 maggio 2017)

I Libri di Alice: Come una canzone
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