di Chiara Mezzalama

scrittrice
scrittrice

 

 

 

 

 

Elizabeth

Lentree_de_la_Maison_de_la_Poesie1-850x570L’incontro è alla Maison de la poésie, non lontano dal Centre Pompidou, nella piccolissima sala Lautréamont che assomiglia a una grotta. Abituata alla densità parigina, dove per tutto si deve fare la fila, arrivo in anticipo. E invece c’è pochissima gente questa sera per l’incontro con Elizabeth Strout. In Francia è appena stato tradotto Mi chiamo Lucy Barton, pubblicato da Fayard, Tutto è possibile uscirà solamente tra un anno e I ragazzi Burgess non è mai uscito. Misteri della diffusione dei libri, evidentemente Elizabeth Strout non è nota come in Italia. L’atmosfera è intima, mi sento emozionata. Seduto dietro di me, un signore distinto con i capelli bianchi a cui la scrittrice rivolge lo sguardo; è suo marito. Lo saluto e non posso impedirmi di dirgli che amo sua moglie, lo dico in italiano e lui sorride, sono appena stati in Italia, mi dice.

salle-Lautreamont-light-180x125

Elizabeth Strout porta una giacca nera, dei jeans, ha i capelli raccolti e gli occhiali, mi sembra di conoscerla da sempre. Risponde alle domande dell’intervistatrice cominciando sempre le frasi con «Right, you are right». È elegante, intelligente, garbata e spiritosa. L’incontro ruota intorno a Lucy Barton e alla sua voce, è dalla voce di questa donna che è nato il romanzo, dice Strout, «la sua voce è diversa da tutte le altre, è una donna con un gran cuore, che riesce a parlare delle cose con delicatezza». Non sarebbe così sorprendente se Lucy Barton entrasse dalla porta e si sedesse accanto alla persona che l’ha inventata, tanto la descrizione che ne fa è vivida, appassionata e umana. «Amo le persone, amo la vita delle persone» afferma Strout, «non c’è niente al mondo che mi interessi più delle persone, ed è da questa curiosità e da questo amore che nascono i miei personaggi». Lo dice come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Anche quando parla di povertà, di quella povertà da cui proviene e che riemerge nel dialogo con la madre, lo fa come appoggiando le sue impronte, con gentilezza, senza mai sprofondarci dentro, è questa la sua caratteristica principale.»

IMG_6844

Penso a quanto sia vero, a quanto i personaggi di Elizabeth Strout lascino il segno in chi li legge, una traccia al tempo stesso lieve e profonda. Penso all’ultima frase di Mi chiamo Lucy Barton,  «La vita mi lascia sempre senza fiato», a quanto sia vera per me, in questo momento della mia vita, che non c’entra niente né con quella di Lucy Barton né con quella di Elizabeth Strout, eppure… Ricordo che dopo aver finito il libro, avevo avuto voglia di rileggerlo subito, come se una lettura non fosse sufficiente, ce ne volesse un’altra per cogliere tutto quello che c’era dentro. Nella vita non si può fare, non si possono rivivere le stesse cose, ma nei romanzi sì, è questa la loro forza.9782213701356-001-T

«Mi piace osservare le persone, le osservo e magari vengo colpita da un gesto, un dettaglio, e poi anni dopo, quel gesto, quel dettaglio si trasforma in un personaggio. Il fratello di Lucy Barton, per esempio, che dorme con gli animali il giorno prima di mandarli al macello, ecco quando ho scritto questa cosa ero impressionata da lui… ma sì, era proprio quello che doveva fare. C’è sempre qualcosa di me, in ognuno di loro. Dopotutto non conosco che me stessa, e ancora…” sorride, fa spallucce. Parla degli Stati Uniti che sono popolati di gente invisibile, quei poveri che vengono disprezzati e finiscono per non esistere, «raccontarli è un modo per farli esistere, per ricordare a me stessa e agli altri che esistono». Penso alla compassione, a quello sguardo benevolo e mai invadente, né giudicante. Quello sguardo che mi fa amare i suoi libri, che mi commuove. Un senso di gratitudine mi invade alla fine dell’incontro, vorrei abbracciarla. Mi accontento di dirle che c’è sempre uno dei suoi libri sulla mia scrivania…

09-20_elizabeth_strout

            Esco, sono le nove di sera e i bar sono pieni di ragazzi che bevono, chiacchierano, fumano nella sera parigina. Chissà se qualcuno di loro diventerà un personaggio dei romanzi di Elizabeth Strout… o forse dei miei!

Suivez moi: alla Maison de la poésie con Elizabeth Strout
Tag: