di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

Il futuro della Letteratura.

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Questa settimana è parecchio speciale, e nel mio Zainetto ci trovate eccezionalmente solo due libri e sono quelli scritti da due cari amici, Mario Pistacchio e Laura Toffanello.

18944515_10213784179347351_1869416661_nMario Pistacchio è nato in Puglia ma vive in Abruzzo, a Vasto. Laura Toffanello è di Torino, ma per amore si è trasferita anche lei a Vasto. Sono giovani scrittori che hanno scelto la modalità di scrivere in coppia, e sono straordinariamente bravi nel raccontare Storie. Sal Puglise, 35 anni di carriera come investigatore privato, è il protagonista del loro ultimo libro: «Requiem per un’ombra» è il titolo, edito da 66thand2nd che abbiamo presentato assieme al mio amico libraio della Ubik di Foggia, Salvatore D’Alessio. Con lui ci siamo fatti, per due giorni interi, una grande immersione nei libri di Mario e Laura con presentazioni a Parma e Bologna, ma soprattutto tante ore di conversazioni e racconti e risate al chiaro di luna fino alle quattro della mattina.

18944581_10213784179627358_2028049920_nTutto per me era cominciato sul finire del 2014, quando per caso mi imbattei in quel libro magico che è “L’Estate del cane bambino” candidato al Premio Strega. Un libro che ha finito per caratterizzare fortemente la storia dei Diari, non solo perchè, in termini di vendite, è stato uno dei titoli più venduti in assoluto ed apprezzati dai nostri Lettori, ma anche perchè intorno a quel libro si sono create amicizie molto solide e importanti. A partire da quello scambio di messaggi tra me e Mario, alle prese a spalare la neve che abbondandemente era scesa quell’inverno a Vasto, per una presentazione da fare. Quella presentazione fu fatta il 3 Aprile del 2016 a conclusione di un tour fortunatissimo e, da quella serata in libreria, molte amicizie solide si formarono intorno al libro… oltre a quella tra me Mario Laura e Igino mi vengono in mente Alessandra, Antonella, Annalisa, Maria Mariela, Paolo e tanti tanti amici di Houdini. 18944745_10213784178587332_746053359_n Il primo libro, uscito quasi in sordina, attraverso il passaparola, i gruppi di lettura, le librerie indipendenti è lentamente diventato un caso editoriale fino a raggiungere la Quinta ristampa e arrivare ad essere, lo scorso autunno, il libro vincitore dell’ottava edizione del Premio Città di Rieti. A premiare Mario Pistacchio e Laura Toffannello, in quella occasione, è stato uno degli autori fra i più importanti della seconda metà del Novecento,il cileno Luis Sepúlveda.
La serata della presentazione di aprile 2016 fu una vera e propria festa continua, dal pomeriggio in libreria e l’incontro coi lettori fino alla conclusione con una serata parecchio alcoolica in un locale del centro chiamato Aristeo.Una festa del libro quel giorno e quanti aneddoti e immagini mi scorrono davanti agli occhi. Non potrò mai dimenticare la gaffe involontaria ma detta in un contesto sbagliato nei riguardi di Laura Toffanello. Mentre chiacchieravo con la mia amica Cristina Cimicchi, esclamai che il libro più bello presente in libreria e il più bello che avessi letto nella mia storia di libraio era “Benedizione”. A cena, la sera, Laura mi rimproverò di aver fatto una delle mie “grezze” da persona poco educata, perchè in sua presenza, almeno, avrei dovuto fingere e dire che il più bel libro era il suo. “Ma ti perdono”, mi disse, “perchè Benedizione è davvero uno dei più bei libri che ho letto anche io”. Finimmo per passare tutta la serata, io , lei e il mio compagno Igino a parlare di Kent Haruf e “Blackstage” di Gilberto Severini.
Mentre io mi perdevo in altre chiacchiere con altri commensali ad un certo punto notai Laura ai piedi del mio Igy chicchierare in maniera molto fitta. Nei giorni successivi quel dialogo non si interruppe e quando alla fine di Maggio, Igino si ammalò di una brutta forma di Leucemia, il rapporto tra noi quattro si intensificò fortemente. Tra quella data di maggio e il 9 dicembre, giorno in cui Igino ha cessato di vivere, ci sono state tappe importanti: una bottiglia di vino con su scritto Igino, e poi mille messaggi telefonici e quelle campanelline apotropaiche, una a forma di faro e l’altre due con sembianze umane. C’è stata pure una presentazione di Houdini fatta alla Mondadori di via D’Azeglio a Bologna nel mezzo e un pranzo di me e Mario consumato sui sacchi della libreria tra mille confessioni e aneddoti della nostra infanzia. Il giorno del funerale di Igino, Mario era tra la folla con un’altra cara amica, Moira. Avevano fatto di tutto per essermi accanto, preso treni, perso treni, percorso centinaia di chilometri pur di farmi sentire la loro presenza. Cose belle e altamente umane che accadono intorno ai libri. Il futuro della Letteratura sarà sempre quello della bella umanità. E questa nostra, è una storia di una profonda amicizia che si è solidificata intorno alla bella Letteratura.

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Tutto, dicevamo all’inizio, era partito da quella fiaba per adulti, nera e crudele, racchiusa nel romanzo riuscitissimo dal titolo “L’estate del cane bambino”. A tutti tocca vivere l’ultima estate. È quella in cui si perde l’innocenza, si sciolgono le compagnie spensierate, s’allungano ombre inattese e ferali. Per Vittorio e i suoi amici accade alle porte dell’adolescenza, nei dintorni di Venezia, in un paese con un nome da favola nera: Brondolo. La ricorderanno per sempre come «l’estate del cane bambino», quella in cui il piccolo Narciso (fratello minore di Ercole, uno dei cinque del gruppo) scomparve. Al suo posto, obbedendo ai canoni di una locale leggenda, apparve un piccolo cane cui misero nome Houdini, il mito del bambino sparito. Per illudersi, per non soffrire, vollero credere che davvero quell’animale fosse la reincarnazione dello scomparso. È una finzione a cui partecipa tutto il paese, immerso in un’atmosfera di umidità e omertà. Recitano gli uomini, gli uni spettatori dei vizi degli altri; le donne, acquiescenti in un silenzio dettato dall’amore o per amore mascherato; il prete, supremo complice. Mai un angolo di Veneto è parso tanto oscuro, tanto a sud nella geografia delle consuetudini narrative. Il culmine dell’estate e della storia è in un doppio, struggente sacrificio. Dopodiché, ognuno torna alla vita. Solo molti anni più tardi Vittorio farà il percorso inverso, ritroverà gli amici sopravvissuti al banco di un bar immutabile e su quel legno poserà un foglio come di calendario che apre infine una nuova stagione: lo spoglio inverno della verità.

18982975_10213784179587357_708281827_nDopo questo grande successo, la coppia di scrittore è tornata ai lettori con un romanzo ambientato a Torino e con un investigatore che indaga nell’ombra a ritmo di jazz. Tanti gli omaggi ai maestri del noir, per gli amanti del genere. Sal Puglise ha sessantatré anni. Alle spalle tanti fallimenti. La sua Torino non è più la Shangri-La del jazz, dove potevi incontrare Chet Baker al bancone dello Swing Club e farti offrire da bere. Alle spalle fallimenti ma il futuro non si prospetta certo migliore: pensione da fame, due o tre amici fidati, un pappagallo fissato con le telenovelas e una solitudine che gli si allarga davanti agli occhi. Sulla scrivania pochi casi, squallide fotocopie uno dell’altro. D’altronde il mestiere dell’investigatore privato non è più quello di una volta. Infedeltà coniugali, dipendenti assenteisti, qualche persona scomparsa. E poi la gente, che è sempre meno disposta ad accettare la verità, e ancora meno a pagarla. Ci vorrebbe un caso per chiudere in bellezza, un’occasione per fare un po’ di soldi e sparire. Ed eccola l’occasione. Una rapina finita male, una brutta storia che ha riempito le prime pagine dei giornali. Puglise si tuffa subito nel lavoro, le cose si mettono bene, c’è tempo anche per cercare il fratello di Dalia, una cliente bella da mozzare il fiato e misteriosa il giusto. La sua Torino, però, non è più la Shangri-La del jazz, dove potevi incontrare Chet Baker al bancone dello Swing Club e farti offrire da bere, è una città diversa, spigolosa, ammorbidita solo a tratti da una malinconica nota blues. Forse in un altro mondo, forse nel migliore dei mondi possibili, tutto filerebbe liscio, ma non è certo lì che abita Sal.

Dei due magnifici libri della coppia di giovani scrittori riporto la Recensione magnifica fatta da Gabriele Ottaviani su Convenzionali: QUI 

L’uomo passò la tessera magnetica sul lettore, la serratura scattò, la porta di sicurezza si richiuse alle sue spalle. Rimasto solo nel capannone, Puglise ebbe l’impressione di essere osservato. Non erano le microcamere di ultima generazione così ben nascoste che, se il responsabile non gliele avesse indicate, probabilmente non se ne sarebbe accorto. Era qualcosa di diverso, un grigio metallico che virava sull’azzurro, un paio d’occhi che dall’ombra di una gabbia in un blocco di sei lo investì di una tristezza mai provata prima. Come se dalle profondità del suo essere si fosse sollevato un richiamo improvviso che crescendo diventava canto, Puglise si avvicinò. La gabbia era buia, dovette inginocchiarsi per vedere meglio. Dentro c’era un pastore tedesco, somigliava a un lupo, il pelo strappato a morsi sui fianchi magri, il muso poggiato sul pavimento. «Ciao bello» lo salutò accoccolandosi. «Come ti chiami?». Il cane lupo alzò la testa e lo guardò fisso. Puglise si sentì passato da parte a parte, quasi che il cane gli avesse letto nell’anima e avesse visto tutte le cazzate fatte, dette, e poi il resto di lui, e avesse concluso che non era il migliore degli uomini, ma nemmeno il peggiore. «Si chiama Orso,» rispose il responsabile raggiungendolo «per favore, non gli dia illusioni. Questo è il miglio verde, tra dieci giorni ha l’iniezione». «Che cosa ha che non va?». «Niente» rispose l’uomo. «Quando i lupi e i cani si incrociano, i cuccioli devono essere rinchiusi in isolamento, è la legge. Non possiamo affidarli in adozione e nemmeno lasciarli uscire, è così da quando è nato, vero Orso?», e pescò un croccantino dal camice. Orso accettò che il veterinario glielo allungasse attraverso le sbarre, ma non lo mangiò. «Succede ogni giorno» aggiunse passando il registro dei farmaci a Puglise. «Qualche volta penso che abbia capito cosa lo aspetta e si stia lasciando morire».

Requiem per un’ombra, Mario Pistacchio e Laura Toffanello, 66thand2nd. Mario Pistacchio è nato a Cerignola, Laura Toffanello a Torino. Sono giovani, e bravissimi. Due anni fa, del loro primo ottimo romanzo, la magnifica fiaba noir dal titolo “L’estate del cane bambino”, dalla prosa a dir poco seducente, si era scritto che

Le illusioni prima o poi si dissolvono come la neve quando i raggi del sole diventano troppo caldi perché essa possa mantenere intatta il suo aspetto di soffice coltre bianca, che tutto ammanta, ricopre, pulisce e fa brillare, annullando le asprezze e camuffando le brutture. E così avviene che si cresce, che quel rito di passaggio inevitabile viene finalmente celebrato e consumato, i giochi dell’infanzia vanno a occupare lo spazio che compete loro negli angoli più remoti del cuore, quelli cui si guarda con tenerezza, rinchiusi in un baule di noce sigillato da un pesante lucchetto che ogni tanto viene riaperto in ossequio all’esigenza di dare nuova vita alla nostalgia. L’estate è la stagione adatta, la scuola cede il passo all’avventura tra le stradine e i cespugli dei paesi riarsi dal sole feroce, presagio di dolore e novità. C’è chi sparisce e c’è chi appare, in questo splendido (sin dalla copertina) romanzo – di formazione, ma non soltanto: è un giallo, è Stand by me traslato nella campagna veneta di Brondolo, un nome che sa di ottavo nano di Biancaneve, è magico e originale, tradizionale e leggendario – scritto a quattro mani in stato di grazia (raramente c’è una tale armonia) e presentato al premio Strega di quest’anno, L’estate del cane bambino, di Mario Pistacchio e Laura Toffanello per 66thand2nd, avvolto in una trama di pietose bugie che saltano di sguardo in sguardo e sono balsamo per il cuore. Cinque ragazzi degli anni Sessanta, tra giochi innocenti e scoperte dolorose, che finalmente si tuffano nella vita, e un cumulo di ricordi ed esperienze da conservare.

Passa il tempo, Crono che tutto fagocita, ma il talento non si scolora come una maglia troppe volte lavata, non svanisce come neve al sole, anzi, produce nuove gemme come una pianta destinata a dare fiori e frutti: Requiem per un’ombra è un’eccellente conferma. Di originalità, brillantezza, solidità, eleganza, compiutezza, altezza dei riferimenti, rielaborazione autonoma di un materiale classico che valica a grandi falcate i confini di genere per offrire al lettore un’ennesima dimostrazione delle immaginifiche possibilità della letteratura quando racconta la filosofia che è propria dell’esistere. Perché no, Leibniz, e lo si scrive con la morte nel cuore, non aveva affatto ragione: non è questo il migliore dei mondi possibili. Quantomeno non è così che questo mondo, che ha ingranato la marcia e sta scendendo a forte velocità una china pericolosissima ma che vuole immaginare di vedere come un pendio che conduca alla salvezza, appare a Sal Puglise, sessantatreenne di cui probabilmente un’immagine potrebbe ben figurare come illustrazione del lemma fallito nel dizionario. Gli amici che ha si contano sulle dita di mezza mano, ha un pappagallo fissato con le telenovelas e il lavoro non va. Del resto a tutti piace di più la menzogna, è rassicurante, non ti costringe e guardare in faccia la realtà e soprattutto a guardare dentro te stesso, chi mai pagherebbe per i servigi di un investigatore privato rassegnato ormai a una miseria di pensione? Ci vorrebbe un gran finale, un’occasione… E… Da non perdere.

L'estate del cane bambino
L’estate del cane bambino
Requiem per un'ombra
Requiem per un’ombra
Nello Zaino di Antonello: Il futuro della Letteratura.