di Giovanni Accardo

scrittore, docente, saggista e organizzatore di eventi culturali a Bolzano.
scrittore, docente, saggista e organizzatore di eventi culturali a Bolzano.

 

 

 

 

 

 

 

 

“Fillide. Il sublime rovesciato: comico, umorismo e affini” è una rivista online semestrale (www.fillide.it) che viene pubblicata alla fine di settembre e alla fine di aprile. La rivista è diretta da Luisa Bertolini, docente di storia e filosofia al liceo classico “Carducci” di Bolzano ed è riconosciuta dall’ANVUR come pubblicazione scientifica. Nasce all’interno di un laboratorio di estetica tenuto presso il liceo e dedicato al comico. Abbiamo intervistato Luisa Bertolini e le professoresse Barbara Ricci ed Emanuela Scicchitano, che fanno parte della redazione della rivista.

La rivista è aperta alla collaborazione di tutti coloro che si occupano di comico nella filosofia, nella letteratura, nell’arte, nel cinema, nel fumetto, nell’antropologia, nella psicanalisi, ecc.

 fillideIl nome della rivista nasce da una leggenda in cui sono protagonisti Alessandro Magno, il filosofo Aristotele e Fillide. Ci raccontate cosa vi si narra?

«Non si deve rinunciare a raccontare belle storie, anzi bisogna riproporle volentieri». Questo è l’incipit del lai di Aristotele, un poemetto duecentesco attribuito a Henri de Valenciennes.

Ivi si narra che Alessandro Magno, dopo aver sottomesso l’India, se ne sta inebetito e perso, soggiogato dall’amore per una bellissima principessa straniera. A corte si mormora con sdegno e disappunto contro di lui, finché Aristotele, il suo maestro, rimprovera aspramente l’allievo. Alessandro per un po’ sta lontano dall’amata, ma poi ritorna da lei, che gli propone un’ironica vendetta. «Sarete voi a biasimare il vostro canuto e smorto maestro… dialettica e grammatica gli gioveranno gran poco contro di me… vedrete Natura attaccarlo e privarlo di tutto il suo senno e il suo sapere».

Il giorno dopo lei va nel giardino sotto la torre di guardia. Sa che Aristotele può vederla dalla finestra del suo studio. È un mattino d’estate, ha indosso solo la camicia, i piedi sono nudi, «ad abbellirla basta la sua lunga e grossa treccia bionda». Intona ripetutamente un canto e Aristotele smania per il desiderio. In malo modo le afferra la tunica e per averla accetta di mettersi a quattro zampe, di tenere una sella sulla schiena e di farsi cavalcare da lei.

Alessandro lo sorprende così, mentre sta gattonando in giardino. Aristotele si difende con una retorica abile, ma non del tutto convincente: «Ciò che ho appreso e letto, Natura me lo ha distrutto in un attimo… se non sono riuscito io, pur contro la mia volontà, a evitare una così enorme follia, tanto meno vi riuscirete voi, e la cosa vi procurerà danno e disprezzo». Alessandro ridendo lo perdona e ottiene da lui il permesso di esaudire i propri desideri.

Fra l’inizio del XIII e la fine del XV sec. ci sono pervenute numerose versioni della leggenda che va sotto il nome di Aristotele cavalcato da Fillide. Numerosissimi i documenti iconografici, anche di epoche posteriori. Fra le letture più interessanti della vicenda quella che sottolinea l’allegria dissacrante, liberatoria e leggera. Senza compiacimento maligno si vede riconosciuto un mondo fisico che resiste a ogni sua intellettuale cancellazione. Ma c’è anche l’irrisione rivelatrice dei limiti del sapere e di ogni auctoritas autocompiaciuta e autoreferenziale.

Eppure Aristotele doveva sapere la sorte che lo attendeva. L’aveva scritto nella Poetica che il comico fa parte del brutto, che è una sorta di errore, una bruttezza senza sofferenza e senza danno. Sorvolando sul danno, almeno all’immagine del maestro, il comico entra così a pieno diritto nell’ambito dell’estetica, ma fatica a trovarvi una sistemazione.

Plauto-1La rivista è interamente dedicata al comico, o, come recita il sottotitolo, al sublime rovesciato.

Critici e filosofi hanno inutilmente cercato una definizione di comico accostando o contrapponendo il termine a quello di ironia e umorismo, hanno scavato attorno alle radici fisiologiche, inconsce, dionisiache del riso, senza riuscire a trovarne l’origine (l’origine della commedia rimane oscura, aveva avvertito lo stagirita). Forse non ci resta che la via di una definizione in negativo, come indicato da un filone dell’estetica ottocentesca: comico e umorismo sono allora il sublime rovesciato. Ne abbiamo il vantaggio di aprire più un ambito di possibilità di ricerca che l’individuazione di un’essenza.

Del resto comico, umorismo, arguzia – agudeza, wit, Witz – hanno il pregio di trattare dell’effimero e del contingente, del quotidiano, del minuscolo, del basso, e da questo particolare punto di vista costruiscono metafore che collegano, saltando molti passaggi, cose lontane, colgono in esse legami che non si lasciano trasferire sul piano analitico.

Il filosofo – se mai ce ne sia più uno – dovrà allora guardarsi intorno, scoprire le letture del collega che si occupa di poesia o di scienza, per evitare di fare la fine del gatto che lo spilorcio inglese, invece di nutrire, spalmava di grasso e che doveva leccarsi tutto il giorno per sopravvivere (Jean Paul). E chiedere a tutti se c’è qualcosa da ridere.

29068_fillide_logoCom’è nata l’idea di una rivista on-line dedicata al comico?

La rivista è nata nel 2010 all’interno di un laboratorio di estetica tenutosi presso il liceo “Carducci” di Bolzano e al quale hanno preso parte diversi studiosi che si sono occupati di comico, soprattutto in filosofia. A tutt’oggi sono usciti 14 numeri che hanno tracciato alcuni importanti percorsi all’interno del tema generale del comico.

Quali sono esattamente le linee tematiche della rivista?

In primo luogo abbiamo pubblicato alcuni articoli sulla leggenda di Fillide, sui primi manoscritti medievali, francesi e tedeschi, che lodano oppure denigrano per motivi moralistici l’amante di Alessandro e, nel contempo, mettono in ridicolo la figura del sapiente affascinato dalla bellezza della donna. Dall’iconografia deriva anche l’immagine di copertina che riproduce uno stallo ligneo dell’abbazia di Montbenoît in Franca Contea.

L’aspetto teorico e filosofico del comico costituisce il secondo importante filone della ricerca che ha presentato alcuni articoli di storia del pensiero (su Jean Paul Richter, Fritz Mauthner e Henri Bergson) e numerose segnalazioni dedicate al dibattito contemporaneo (Giulio Ferroni e Peter Berger).

L’analisi letteraria e critica si è rivolta principalmente ad alcuni grandi autori del Novecento italiano (Luigi Malerba, Andrea Zanzotto, Tommaso Landolfi, Italo Calvino, Camillo Sbarbaro), ma ha anche proposto autori del passato meno conosciuti o dimenticati (Amalia Guglielminetti, Paolo Bellezza, Giuseppe Zucca). Non mancano analisi di autori della letteratura antica e straniera (Andreas Gryphius, Thomas Mann, Jura Soyfer, Christian Hölmann).

Ma negli ultimi anni sono stati pubblicati anche dei numeri monografici, ad esempio il nr. 12 è stato interamente dedicato all’estetica della cartolina, con contributi filosofici, letterari e iconografici (dalla collezione romana di Enrico Sturani), mentre il nr. 13 – che trae spunto da uno scritto di Agamben – alla figura di Pulcinella tra antropologia, storia, letteratura e filosofia.

Aristotele_cavalcato_da_Fillide

Ci presentate l’ultimo numero pubblicato?

Il numero 14 di “Fillide” si pone nel solco della innovazione e della tradizione: incrementa, infatti, i filoni di ricerca sul comico continuando, però, a percorrere i sentieri già tracciati nei numeri passati.

La prima novità è la presenza di una nuova rubrica che affianca quelle storiche dei Saggi e rassegne e delle Recensioni e segnalazioni. Il titolo dato a questa nuova pagina è Ekphrasis e nasce dalla suggestione esercitata dalla lettura di un celebre passo dell’Iliade (XVIII, vv. 478-607), in cui la narrazione degli eventi si ferma per dare spazio alla descrizione dello scudo di Achille, le cui ricche immagini istoriate ci raccontano le caratteristiche e i valori che permeavano quel mondo ormai estinto. L’ekphrasis è dunque la parola che si fa immagine, il sogno mai sopito dell’ut pictura poesis che ancora ci avvince e che ci spinge a evocare immagini e parole attraverso contributi teorici e narrativi, riflessioni storiche e foto-racconti in cui i testi e le immagini sono chiamati a dialogare fra loro.

Come nel n. 13 abbiamo ospitato il saggio di Giovanni Kezich sulla figura di Pulcinella, così in questo abbiamo dato spazio all’antropologia con il saggio di Luca Cicchelli intitolato La danza Kalela. Il tribalismo urbano post-coloniale e il superamento della funzione identitaria, nel quale l’evoluzione di una danza tribale africana permette a noi lettori di superare l’etnocentrismo occidentale e di guardarci, come ex-colonizzatori, da un altro punto di vista. L’umorismo, infatti, come ci insegna Pirandello è sempre un’analisi insolita, a tratti dolorosa, dei nostri comportamenti solo apparentemente normali.

Sempre memori di questo insegnamento, possiamo addentrarci nella lettura degli altri saggi fillidei: quello di Giovanni Accardo, che ci accoglie dentro l’universo letterario di Luigi Malerba; quello di Luisa Bertolini che analizza i concetti di Witz e Humor nel Dizionario filosofico di Fritz Mauthner; quello di Emanuela Scicchitano, che mette in relazione due testi ucronici della letteratura italiana, a tratti ingiustamente dimenticati, come La storia filosofica dei secoli futuri fino all’anno 2222 scritta da Ippolito Nievo nel 1859 e Contro-passato prossimo di Guido Morselli, edito nel 1975.  “Fillide” conferma la sua attenzione alle letterature antiche, come dimostrano i saggi di Francesca Boldrer su Arguzie e ironia nelle metamorfosi divine: dèi olimpici, Proteo e Vertumno in Omero e nei poeti augustei e quello di ambito medievale di Mattia Cavagna La cavalcata scatologica e la f(r)eccia d’amore: Audigier, Ovidio, e il Lai d’Aristote. Altro ambito sempre attraente è quello delle riviste umoristiche sue ideali progenitrici, come quella primonovecentesca analizzata da Kristian Anselmi in L’asino come il popolo: utile, paziente, bastonato. “L’Asino” tra Giolitti e Mussolini.

L’umorismo, tuttavia, è capace di insinuarsi anche in luoghi letterari reconditi, come il diario di un insegnante piemontese, Placido Cerri, che nel 1870 viene mandato in provincia di Agrigento a insegnare materie letterarie in un liceo e si trova immerso in un’esperienza che disarma sia lui che l’ha vissuta sia noi che la viviamo attraverso di lui nelle sue memorie intitolate Tribolazioni di un insegnante di ginnasio, in cui le gaffe degli studenti e l’ironico scoramento dell’insegnante prendono il sopravvento su di lui e su di noi, invitandoci però a una riflessione a cui Barbara Ricci, autrice di questa rievocazione e insegnante a sua volta, avrà pensato: che la presunta ignoranza degli alunni va di pari passo con l’abitudinaria tendenza degli insegnanti alla lamentela. E che, forse, solo la presa di distanza umoristica può disinnescare sia l’una che l’altra.

Ecco perché l’umorismo va salvaguardato e coltivato anche nella contemporaneità. È quanto ci dimostrano i libri selezionati per le Recensioni e segnalazioni, la rubrica che chiude “Fillide” e che si propone di essere un osservatorio sulla letteratura e sulla saggistica contemporanea, che attinge al comico e all’umorismo: un inesauribile serbatoio di topoi reali e immaginari sempre pronto a lasciarsi saturare e svuotare da scrittori e lettori.

La rivista Fillide