di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

Oltre la Montagna.

17012755_10212770616568915_1253538760_nLibri che a prescindere dall’essere racconti di montagna e alpinismo diventano il magnifico racconto della vita. Di questo ci occupiamo questa settimana, dopo aver ospitato in libreria, mercoledì 22 Febbraio, lo scrittore Paolo Cognetti che ci ha raccontato le “Le otto montagne” edito da Einaudi. A dialogare con l’autore c’era un caro amico personale, Claudio Bocchi, scrittore anche lui del bellissimo “Cencio nero” (Pendragon) ed esperto di montagna del C.A.I. sez.Cani Sciolti di Cavriago. download (2)

La montagna, nella sua scarna bellezza, dura e selvaggia, è stata la protagonista dell’interessante dialogo tra i due. “Un uomo ruvido di carattere, con le parole che non escono,come tutti i montanari “. Questo ci dicevano di Paolo Cognetti ed eravamo tutti molto in agitazione. Sarà stato per via di avere una libreria piccolissima con cento persone dentro e il borghetto fuori gremito all’inverosimile, sarà stato per il clima informale creato dai due librai, resta il fatto che questo autore lodato dalla critica e apprezzato dal pubblico ha iniziato la serata direttamente dal nostro rito propiziatorio della foto Bucciastyle guardando nel vuoto con il naso all’insù. “Guardiamo ognuno la vetta più alta”: ha esordito proprio così e ha continuato sottolineando l’importanza di avamposti culturali come quello nostro che volontariamente sceglie per le sue presentazioni. “La bella scrittura che diventa letteratura è l’ingrediente di base del suo romanzo, altro che libro di montagna” ha detto Claudio Bocchi cominciando la magnifica serata . Ma da sola la bella scrittura non basta, ci sono una storia bella e importante che sa di antico e personaggi solidi e reali. E c’è pure dietro uno scrittore pieno di calore e capace, se vuole, di creare empatia con il pubblico fino a fare battute. Paolo Cognetti ci ha regalato, con generosità, una serata che difficilmente dimenticheremo tutti e in un grande silenzio ci ha incantati con parole evocatiche fino a portarci tutti in quella piccola frazione montana, ai piedi del Monte Rosa, dove è ambientata la storia di Pietro e dell’amico Bruno. Il villeggiante introverso di città e il giovane montanaro guardiano di mandrie cresciuto tra alpeggi e fondovalle, con la loro amicizia leale e duratura ci regalano la bella Umanità di mondi diversi che si incontrano e si integrano giocando e esplorando case abbandonate e dirupi, pendii e laghi alpini. Con il suo racconto Cognetti ci ha dimostrato che a questo mondo esiste ancora la Bella Umanità capace di avere l’anima segnata dall’impronta che una montagna lascia su chi la ha amata e vissuta. Basta un suono, un profumo che si è risucchiati da lei, lontano dalla assordante città. È questo che capita ai personaggi di questo romanzo che non riescono a farne a meno, e vanno e ritornano, senza mai lasciarla veramente.
Riporto una riflessione di un amico libraio di nome Arturo Balostro che mercoledì 22 febbraio era ai Diari di bordo alla presentazione del libro : “…quello di ieri è stato un pomeriggio che un lettore appassionato non potrà dimenticare facilmente. Una presentazione condotta egregiamente da Claudio Bocchi. Claudio è stato bravissimo: avendo amato il libro sapeva chi aveva di fronte. Io ero accanto a loro e ho assistito al loro processo di avvicinamento: all’inizio Claudio ha parlato molto, ha espresso osservazioni profonde e ha messo a suo agio l’autore. A piccoli passi i nostri prodi si sono prima annusati poi avvicinati infine capiti e abbracciati in quegli sguardi che poco per volta sono aumentati. E anche i loro reciproci sorrisi . Che erano poi i nostri: affascinati dalle parole di due persone che raccontavano non un libro ma un mondo. E da un autore che sotto l’apparente ruvidezza ha dimostrato empatia e piacere nel trovarsi in una libreria indipendente che non è una qualsiasi libreria indipendente. È i Diari di bordo di Alice Pisu e Antonello Saiz due librai come non ne trovi più in giro. Due persone che con il loro lavoro e il loro grande cuore hanno fatto sì che anche ieri si ricreasse una magia di quelle che quando le vivi, quando ci sei, ti scaldano il cuore. La magia del silenzio assoluto, degli occhi attenti e dei sorrisi affettuosi di tante, tantissime persone che in quel momento stanno condividendo la passione per la lettura e i bei libri. ” 16936243_10212770765652642_1198999485_o

Mi tornò in mente una certa fragilità che avevo intravisto in lui, certi attimi di smarrimento che subito si affrettava a nascondere. Quando mi sporgevo da una roccia e gli veniva d’istinto di afferrarmi per la cintura dei pantaloni. Quando stavo male sul ghiacciaio e si agitava più lui di me. Mi dissi che forse quest’altro padre l’avevo avuto sempre lì e non me n’ero mai accorto, per quanto era ingombrante il primo, e cominciai a pensare che in futuro avrei dovuto, o potuto, fare un altro tentativo con lui.

 

Di storie ruvide di montagna ma pervase di poesia e dolcezza, di sfide e domande voglio raccontarvi in questo zainetto.

17016483_10212770771332784_438803823_oUn bel romanzo breve che cerca di dare risposte alle domande di un uomo in ricerca su una Montagna è quello del grande scrittore svizzero Max Frisch, “Il Silenzio” tradotto superbamente dall’amica dei Diari Paola Del Zoppo.
Uno di quei gioiellini della Del Vecchio Editore, molto curato nella grafica, che fa della passione per l’alpinismo un mezzo per raccontare la scalata nella vita di un uomo perso tra le mille contraddizioni. Attraverso l’introspezione del protagonista, il trentenne borghese Balz Leuthold, si prova a dare voce ad uomo che non ha mai voluto essere una persona ordinaria. Ma poco prima del suo trentesimo compleanno, però, si rende conto di non potersi neanche considerare davvero una persona straordinaria. Nella vita, fino a ora, non ha compiuto azioni degne di particolare nota, nessuna invenzione, nessuna creazione artistica o letteraria che lo elevino a persona speciale. Allora ha preso una decisione: scalerà quella montagna che da giovane guardava ergersi sulle sue passeggiate, che faceva ombra ai discorsi con il fratello “adulto”. Compirà un atto eroico, e con questa azione “virile” darà un senso compiuto alla sua esistenza. È deciso a imprimere una svolta alla sua vita infarcita di troppa normalità: o azione o morte. E per questo decide di scalare una montagna, affrontando una parete che ha fatto molte vittime. Ma giunto in montagna alla locanda dove sostava anche in gioventù, un incontro, quello con una giovane straniera che lo guarda e lo vede come nessuno fino ad allora lo ha mai guardato e visto, lo costringe ad affrontare i suoi dubbi esistenziali e la sua avventura alla luce di un nuovo sentimento. Chi è lei, da che vita proviene? Perché sembra non aver paura di nulla? E dall’incontro tra i due scaturiscono gli interrogativi, e la narrazione si sviluppa e trascina via il lettore proprio come un torrente montano scorre rumoreggiando tra i crepacci, e il vortice di pensieri e accadimenti lascia senza fiato, travolge come il senso di assoluto degli ambienti montani, dove il sorgere del giorno e il calare della notte sono eventi che penetrano le fibre dell’individuo tanto quanto fame, sonno e sete. E la domanda echeggia: cosa fa di una vita una vita veramente compiuta? Ha a che fare, questo, con la felicità?
Questo piccolo romanzo scritto nel 1937 è stato pubblicato in Svizzera solo nel 2009 suscitando molto clamore e diventando un vero e proprio caso letterario. Frisch non aveva mai voluto pubblicare questa sua opera seconda perchè la giudicava un’opera giovanile acerba e priva di reale interesse. Ma a fare da sfondo alle domande e ai tormenti del protagonista è questa montagna con le sue sfide e i suoi pericoli e bisogna riconere che la scrittura è così coinvolgente da fare di questo piccolo libro una perla da leggere in maniera necessaria. Nessun libro è neccessario, dice la mia amica amica Chiara Lecito. Ma qui facciamo una grandissima eccezione.

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A proposito di letteratura Svizzera, esiste un romanzo che proprio a quel tipo di letteratura si ispira. Si tratta di un
gran bel romanzo poetico e davvero ben scritto con una scrittura nitida, “Neve cane piede” di Claudio Morandini, pubblicato da una gloriosa piccola casa editrice come Exòrma. Il libro dell’amico Claudio questa settimana, grazie alla rivoluzionaria idea degli amici di Billy il vizio di leggere e la loro iniziativa “Modus Legendi” (portare in classifica una volta all’anno la qualità con una mobilitazione di lettori forti e consapevoli), è finito al settimo posto dei libri più venduti in Italia, scavalcando nomi blasonati e case editrici potentissime. Orfeo Pagnani e Maura Sassara, con la casa editrice Exòrma, da anni portano avanti un progetto di grande ricerca e divulgazione di alto profilo e sempre attenti nella scelta di autori competenti e spiazzanti come Claudio Morandini. La fusione dei generi, il viaggio nei suoi aspetti antropologici e pure l’attualità dei temi sociali sono il loro forte. Poi capita anche di imbattersi in pezzi di grande letteratura come questo. Abbiamo cominciato a segnalare questo libro sin dalla sua uscita a inizio 2016 e poi siamo andati di proposito al Book Pride di Milano lo scorso anno ad una magnifica presentazone del libro fatta da due straordinarissimi scrittori come Filippo Tuena e Alessandro Zaccuri. E complice il vulcanico ufficio Stampa di Exòrma, Silvia Bellucci, io sono riuscito a strappare in diretta a Morandini la promessa di passare per Parma a presentare questo capolavoro. E così è stato. Il due di luglio, in un caldissimo pomeriggio, abbiamo fatto una delle presentazioni storiche ai Diari. E prima ancora al Salone Internazionale del Libro di Torino ho trascorso sotto lo stand di Exòrma un magnifico pomeriggio con Claudio e sua moglie Marilisa e le ragazze del Blog Ma però a parlare di letteratura e viaggi sotto gli occhi attenti del mio compagno Igino.
Il romanzo è ambientato in un vallone isolato delle Alpi. Vi si aggira un vecchio scontroso e smemorato, Adelmo Farandola, che la solitudine ha reso allucinato: accanto a lui, un cane petulante e chiacchierone che gli fa da spalla comica, qualche altro animale, un giovane guardiacaccia che si preoccupa per lui, poco altro. La vita di Adelmo scorrerebbe scandita dai cambiamenti stagionali, tra estati passate a isolarsi nel bivacco sperduto e inverni di buio e deliri nella baita ricoperta da metri di neve, se un giorno di primavera, nel corso del disgelo, Adelmo non vedesse spuntare un piede umano dal fronte di una delle tante valanghe che si abbattono sulla vallata. Neve, cane, piede si ispira a certi romanzi di montagna della letteratura svizzera, in particolare a quelli di Charles-Ferdinand Ramuz, o alle opere ancora più aspre di certi autori di lingua romancia, come Arno Camenisch, Leo Tuor o Oscar Peer: vi si racconta una vita in montagna fatta di durezza, di fatica, di ferocia anche, senza accomodamenti bucolici.Nell’ambiente immenso, ostile e terribile della montagna, il racconto dell’isolamento dell’uomo, del ripetersi dei suoi gesti e dell’ostinazione dei suoi pensieri è reso dalla descrizione minuziosamente realistica che a volte si carica anche di toni grotteschi e caricaturali, soprattutto nei dialoghi tra uomo e animali, questi ultimi dotati di loquacità assai sviluppata.
Altro libro interessante è “Gioco d’equilibrio” di Andy Holzer. Già il sottotitolo, cieco sulla cima del mondo, racconta molto della storia. Andy Holzer non riesce a vedere le montagne perché è cieco dalla nascita, eppure è uno dei più celebri scalatori non vedenti, ed è conosciuto principalmente per i suoi successi in arrampicata e alpinismo. Questo alpinista estremo può cogliere tutto del paesaggio che lo circonda attraverso l’udito, l’olfatto, il tatto e il gusto. In “Gioco d’equilibrio” l’alpinista austriaco racconta tutta la sua storia a partire dalla propria infanzia in un paese del Tirolo austriaco. Il libro nell’area tedesca in un paio d’anni è già arrivato alla sesta edizione e vanta persino una traduzione in coreano, da pochi anni è disposizione del pubblico italiano grazie all’editore Keller di Rovereto.
In “Gioco d’equilibrio” Holzer racconta la propria infanzia in un paese del Tirolo austriaco, l’adolescenza, come è cresciuto in una famiglia che non ha mai interpretato il suo stato come una limitazione e, infine, le sue incredibili ascensioni e scalate. Ne scaturisce un ritratto vero e appassionante.
“Gioco d’equilibrio” non è solo un libro sull’alpinismo. È un libro sulla vita. Qui la montagna è potente, con le sue vette, le sue sfide, i passaggi arditi, i limiti che impone all’uomo, ma tutto nasce con un bambino cieco che non si arrende, vive pienamente e diventa un grande alpinista. C’è molta leggerezza nelle pagine di questo libro, molta ironia e mai mai neppure un’ombra di autocommiserazione. Uno dei capitoli più belli del libro è quello in cui descrive in che modo un cieco si costruisce una mappa percettiva dell’ambiente circostante, al punto da vederne persino i colori, perchè a volte non serve vedere le montagne,i colori, basta “sentirli” per poter viverne tutte le emozioni.
Andy Holzer è un esempio prezioso di come sia possibile trasformare gli ostacoli in opportunità e di come “dipendere l’uno dall’altro possa essere una benedizione”, un gesto di fiducia, un dono meraviglioso, anziché una maledizione.
C’è un piccolo volume pubblicato da Keller nella collana Passi frutto di un trekking nelle Dolomiti a cui lo scrittore Davide Longo ha partecipato insieme al violoncellista Mario Brunello e a Cesare Maestri, uno dei più grandi alpinisti di sempre. Il titolo del libro è abbastanza curioso “Il signor Mario, Bach e i settanta”.
Libro ben scritto e adatto per chi ama la montagna e la musica, ambientato sulle Dolomiti del Brenta in Trentino. Qui nel 2009 un gruppo di 70 persone partecipa al Trekking Musicale sulle Dolomiti organizzato nell’ambito del festival “I Suoni delle Dolomiti”, in compagnia del celebre alpinista Cesare Maestri, e dell’altrettanto celebre violoncellista Mario Brunello. Il racconto è per voce di un bambino di 7 anni, Davide, che partecipa alla sua prima escursione in montagna con la mamma. Nel silenzio di una montagna tutta da scoprire, il piccolo Davide si avventura nel primo trekking della sua vita. Ad accompagnarlo questa giovane mamma separata e stressata ma grande estimatrice della musica classica. Una mamma che arriva sempre in ritardo,mentre i ricordi dei nonni e del papà sono rimasti in città e le incredibili sensazioni suscitate dalle rocce dolomitiche e dai racconti del vecchio alpinista Cesare Maestri catturano la curiosità del bimbo. Ma la sua curiosità è catturata anche dalla strana capsula rossa che il signor Mario Brunello porta sulle spalle. Un prezioso strumento del 1660 con cui il violoncellista eseguirà le sei Suites per violoncello di Bach in sei concerti durante 6 tappe del trekking. Il piccolo Davide, con le sue domande, le sue paure e le sue sservazioni del mondo degli adulti e di quel mondo nuovo che sono le montagne, gli escursionisti e gli alpinisti, è uno dei personaggi meglio riusciti della produzione dello scrittore Davide Longo. Il racconto principale è preceduto e seguito da due racconti brevi che sono ambientati in un tempo anteriore ai nostri giorni: un valligiano che, in un anno imprecisato ma lontano, decide di iniziare a scalare le montagne, pratica stranamente inconsueta per gli abitanti della regione, come racconta Cesare Maestri durante il viaggio; e alla fine del libro, una scena domestica in casa Bach. Sicuramente un omaggio di Longo ad Anna Magdalena, moglie di Bach. L’unica trascrizione che oggi abbiamo degli spartiti è per mano proprio di Anna Magdalena.

Uno degli ultimi eredi dei grandi alpinisti del passato,Hervé Barmasse, racconta la sua storia nel libro edito da Laterza “La montagna dentro” . Alpinista e regista di film di montagna, protagonista di scalate e avventure estreme Hervé Barmasse è approdato in libreria con questo libro, scritto onestamente, in cui racconta la sua storia e la passione per la montagna, la fatica, l’emozione delle scalate. Anche qui l’uomo con le sue paure, i suoi molti dubbi e la montagna da scalare a fare da sfondo. Nel libro si può leggere il resoconto delle spedizioni sul Cervino, lungo la via Carrel, ma anche sugli altri itinerari che Barmasse ha aperto su questa montagna,e le salite che l’hanno reso famoso in Patagonia e nel Karakorum. Hervé Barmasse si è sempre reso protagonista di scalate e avventure estreme. A sedici anni abbandona lo sci agonistico dopo un terribile incidente che gli stronca la carriera di grande sciatore, scopriamo all’alpinismo ci arriva come ripiego e per caso, ma motivato sempre da una grande fiducia e una forza di volontà determinante.Il Cervino, che lui ha salito in tutte le condizioni e con vie nuove o solitarie, lo ha visto crescere e diventare uomo. Dopo ogni viaggio, dopo ogni salita su cime inviolate in terre lontane, ritorna alla sua montagna, scalandola in ogni stagione dell’anno e inventando nuove vie. L’alpinista viene dopo l’uomo che pure affronta imprese straordinarie. Queste pagine non sono la scontata esaltazione di un campione dell’estremo, piuttosto il racconto di cosa c’è dietro l’avventura dell’alpinismo, dove il coraggio delle decisioni è sempre intrecciato alla fragilità e alla paura. In parete, come nella vita. Per primo viene sempre l’uomo con le sue storie d’amore,le speranze,le sconfitte e la sua impresa umana di vivere.

download (1)“Storia di un alpinista improvvisato”, Maurice Wilson, che ha tutto l’irresistibile fascino di quei perdenti col sogno di scalare una montagna. Non tutti sanno che proprio l’Everest custodisce da quasi ottant’anni il corpo di uno dei più singolari scalatori che cercarono invano di espugnarlo.
Maurice Wilson, nato nel 1898 nello Yorkshire, eroe decorato della Grande Guerra, non era un alpinista. Non aveva mai scalato una montagna in vita sua. Eppure i suoi resti sono stati ritrovati poco sopra la grande cascata di ghiaccio che sorveglia l’accesso al Colle Nord, a più di seimila metri d’altitudine sopra il livello del mare. Sull’Everest. Proprio sotto la piramide della vetta. Tutto questo è raccontato in un libro prezioso pubblicato da Nutrimenti e scritto dal giornalista inglese Dennis Roberts nel 1957. Il libro del racconto dell’impresa di Maurice Wilson è rimasto fuori commercio per molti anni ed è stato recentemente riscoperto in Gran Bretagna diventando un piccolo oggetto di culto tra gli appassionati di avventura.
Com’era arrivato fin lì quell’uomo di pianura, robusto e taciturno, seguace di una singolare medicina che propugnava il digiuno quasi assoluto per corroborare il corpo e prepararlo alle grandi imprese? Volando da Londra fino in India in solitaria, lui che non era mai prima d’allora salito su un aereo, e seguendo rotte che nemmeno i grandi pionieri del volo avevano osato. Un’avventura cominciata nei club aeronautici londinesi e proseguita lungo coste roventi dell’Africa; dai deserti del Golfo Persico fino in Punjab, volando. Poi a piedi, verso il Tibet dei monasteri ventosi, sovrastato dalle creste maestose e implacabili dell’Himalaya. In fondo all’ultimo vallone, pronta a disvelarsi quasi come in sogno, Chomolungma, la Gran Madre del Mondo: l’Everest.
Wilson voleva scalarlo, da solo, così come da solo aveva viaggiato, per provare che la fede poteva se non smuovere le montagne, almeno espugnarle. E arrivò molto lontano, prima di essere sconfitto dai ghiacci eterni, incommensurabili per l’uomo. Ce lo raccontano queste pagine, ripercorrendo il diario di Wilson, ritrovato assieme al suo corpo congelato nel 1935 da Eric Shipton, a capo di una delle molte spedizioni britanniche che per anni, invano, tentarono l’assalto alla vetta più alta del pianeta.
Per molti fu un suicidio a lungo meditato, per altri un estremo tentativo di dar ragione alla volontà del singolo, alla sua forza di persuasione. Tentare di raggiungere la vetta dell’Everest, nel 1933, era impresa mai provata prima da un uomo solo e ritenuta impossibile. Oggi, pochi alpinisti l’hanno portata a termine. Certamente qualcuno di loro, in quell’andare solitario, avrà pensato a Maurice Wilson, strambo sognatore, o sarà addirittura passato accanto ai suoi resti. Dimostrando che la sua idea – raggiungere il Tetto del Mondo da solo – non era il desiderio di un folle.

boch.annelaure1Chiudiamo con un libricino piccolo piccolo edito da Ediciclo e scritto da una donna Anne-Laure Boch dal titolo “L’euforia delle cime. Piccole considerazioni sulla montagna e il superamento di sé”. In solo novantasei pagine, rispettando quel progetto Editoriale di Edicilo di proporre temi profondi con brevità di testo,viene celebrato un inno allo sforzo e allo spirito della cordata, ma soprattutto viene cantato quell’ amore contagioso per la bellezza selvaggia dei paesaggi di montagna. Il punto di vista femminile della montagna con un ritmo incalzante. La penna felice di una donna ad esplorare la passione per la montagna. Raro vedere le donne camminare e scalare a fianco degli uomini, ancor più raro sentir parlare di montagna le donne. Bellissimo vederle scrivere e condividere lo sguardo su questo mondo interiore complesso come quello degli alpinisti. Con riferimenti a vie mitiche, dai Pirenei all’Himalaya, dalle Dolomiti al Caucaso. Una riflessione sul rischio e la scoperta di sé.Perché andare in cima quando ci si può Accontentare del passo? Perché cercare gli itinerari più diretti, più difficili, più impegnativi? Perché affrontare il pericolo, il freddo, il disagio, la sofferenza, quando i sentieri battuti offrono una scoperta tranquilla della montagna? Lo spirito dell’alpinismo non è quello dei surrogati asettici che la società moderna propone al posto e in cambio dell’avventura alpina. Alla base di questa passione, il bisogno misterioso di superarsi, di confrontarsi con una natura immensa che accoglie e domina, senza che mai la volontà della conquista mini la sua purezza. È di questa mistica dello sforzo inutile che tratta la l’opera. Tenta una fenomenologia di una attività radicata nella tradizione occidentale del superamento di sé, conducendo a un’esperienza che trascende tutte quelle che la vita comune riserva: l’euforia delle cime, la più bella delle ricompense.
I Dimenticati: Mario Rigoni Stern
20121101-163527C’è uno scrittore nato ad Asiago nel 1921, fortemente legato alla sua terra e alle sue montagne e che non viene mai sufficiente ricordato per la sua grandezza di scrittore. Un titolo per tutti basterebbe a decretarne l’immensa grandezza in letteratura “Il sergente nella neve”. C’è una colpevole rimozione nei confronti di un personaggio come Mario Rigoni Stern, morto solo nel 2008. Sarà che si tratta di uno scrittore che ha sempre coltivato uno sguardo anticonformista sulla realtà italiana e una visione critica rispetto alle parole d’ordine dominanti.Un pregiudizio politico unito a tanta indifferenza e sciatteria rischia di farci dimenticare scrittori come questo che sono una pietra miliare della letteratura. E mercoledì 22 febbraio in libreria mi ha fatto molto piacere sentire Paolo Cognetti citarlo tra i suoi autori di riferimento.
Militare nel Corpo degli Alpini, come caporale e sergente nella Divisione ”Tridentina”, combatté nella seconda guerra mondiale in Francia, in Albania e in Russia. Subì poi la prigionia tedesca in Lituania, in Slesia e in Stiria. Di queste esperienze ha lasciato alcune fondamentali testimonianze narrative a cominciare da quel grandissimo capolavorissimo (gli issimi abbondano pur essendo consapevoli della bestemmia grammaticale!) che è proprio “Il sergente nella neve”, uscito nel 1953 presso Einaudi, dove, con forte sentimento di umanità e in uno stile tanto efficace quanto pacato, l’autore racconta la dura guerra sul fronte del Don fino alla ritirata del gennaio 1943, culminata nella battaglia di Nikolajevka dove gli alpini si aprirono con gravissime perdite la strada verso occidente. Il seguito di quella drammatica vicenda è stato narrato in “Ritorno sul Don” (1973), che vede di nuovo R.S., dopo un trentennio, negli stessi luoghi presenti alla memoria ma ormai irriconoscibili nelle loro calme distese di frumento e girasoli. Della rapida ma sanguinosa battaglia sul fronte francese R.S. ha scritto nel primo capitolo di “Quota Albania” (1971), per la maggior parte dedicato alla guerra contro la Grecia del 1940-41, alla quale partecipò come portaordini e perciò in grado, percorrendo l’intero fronte, di conoscere gli uomini, che vengono anche qui ritratti con la vivezza caratteristica dello scrittore. È lo stesso stile delle opere che riflettono l’altra fondamentale ispirazione della sua prosa, l’amore per la natura e gli animali, di cui sono prima espressione i racconti di “Il bosco degli urogalli” (1962), in cui, tuttavia, ritorna ancora il motivo della guerra; a essi è seguito “Storia di Tönle” (1978), quasi una biografia nella piccola patria sull’altipiano, e “Uomini, boschi e api” (1980). Questo mondo viene poi collocato nella contingenza storica all’indomani della prima guerra mondiale (L’anno della vittoria, 1985) quando, agli occhi di un ragazzo, esso appare devastato nelle case, nei campi, nei boschi e inquinato dalla malattia, e l’opera dell’uomo dovrà cominciare a ricostruirlo. I frutti più originali di questa seconda vena di R.S. sono forse i due volumi “Amore di confine” (1986) e “Arboreto selvatico” (1991), il primo apertamente autobiografico anche nella memoria della prigionia, come “momenti e sensazioni filtrati dagli anni” e resi con ritmo non privo di accenti malinconici e col consueto profondo amore per la terra e i suoi frutti; nel secondo, R.S. ha abbandonato l’andamento narrativo per adottare un’originale sorta di prontuario del ”popolo degli alberi”, con le loro caratteristiche scientifiche e il loro rapporto con gli uomini. Nel 1989, edito da La Stampa, è uscito “Il magico Kolobok e altri racconti”, nel 1992 “Il poeta segreto”, nel 1993 “Le voci del Trentino”.

Nel mio Zainetto questa settima assieme alle

"Otto Montagne" di Paolo Cognetti
“Otto Montagne” di Paolo Cognetti

ci finiscono :

"Il Silenzio" di Max Frisch , Del Vecchio Editore.
“Il Silenzio” di Max Frisch , Del Vecchio Editore.
"Neve cane piede" di Claudio Morandini, Exòrma editore.
“Neve cane piede” di Claudio Morandini, Exòrma editore.
"Gioco d'equilibrio" di Andy Holzer , Keller editore
“Gioco d’equilibrio” di Andy Holzer , Keller editore
"Il signor Mario, Bach e i settanta" di Davide Longo,Keller editore.
“Il signor Mario, Bach e i settanta” di Davide Longo,Keller editore.
“La montagna dentro” di Hervé Barmasse, Laterza editore.
“La montagna dentro” di Hervé Barmasse, Laterza editore.
"Da solo sull'Everest" di Dennis Roberts, Nutrimenti editore.
“Da solo sull’Everest” di Dennis Roberts, Nutrimenti editore.
"L'euforia delle cime. Piccole considerazioni sulla montagna e il superamento di sé" di Anne-Laure Boch, Ediciclo Editore.
“L’euforia delle cime. Piccole considerazioni sulla montagna e il superamento di sé” di Anne-Laure Boch, Ediciclo Editore.
"Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern, Einaudi
“Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern, Einaudi
Nello Zaino di Antonello: In montagna