po

Ecco la piena. La vediamo giungere tranquilla, come un leggero spessore in più in questo discendere violento e frenetico dell’acqua, come un’increspatura, un allargamento e un innalzamento in più appena percettibili, una forza però spaventosa, con alberi tramortiti al seguito e carcasse irriconoscibili di chissà quali animali come zattere senza vita abbandonate nei mulinelli. La sentiamo mormorare, che la gente improvvisamente smette i sussurri preoccupati e le preghiere e rivolge ancora l’orecchio all’acqua.

cisi_3dCome “La piena”, il nuovo romanzo di Andrea Cisi per Minimum fax si ingrossa nelle pagine, aumentando l’intensità dei sentimenti e delle sensazioni. Umberto, il protagonista narrante del romanzo, è come un argine. Non si sa fino all’ultima pagina, e forse chiaramente neppure sul finale, se sarà in grado di fronteggiare la piena della vita, che se scorre lenta e inesorabile, porta con sé e dentro di sé un groviglio di contraddizioni e di emotività, sentimenti non detti perché incapace di pronunciare parole semplici che abbiano un senso inequivocabile.

La fabbrica e la natura, intesa anche come spazi cementificati della città, sono i due poli della narrazione. All’interno la diversa e varia umanità, in un cosmopolitismo fatto di stereotipi e pregiudizi trattati con ironia mordace, con cui Umberto condivide momenti, incertezze, frustrazioni e velleità. Due poli osmotici che si intersecano, non senza divertimento come per la progettazione di un giardino zen voluto dal Boss nel cortile della fabbrica. Alla piena del Po, con la sua carica di distruzione annichilente e il pianto innocente di maiali che sembrano bambini sacrificati sull’altare dell’interesse economico, corrisponde la piena della crisi economica, che porterà Umberto e gli altri operai a lasciare la ditta del Boss. Umberto accetta di entrare nel tubificio, mostro dalle fauci d’acciaio, in cui nulla rimane della familiarità e degli spazi di fraternità rude e machista della ditta precedente. Non c’è riscatto neppure nel calcio. Umberto gioca in una squadra amatoriale, e il campionato è emblema e metafora della nullità irta di frustrazioni esautoranti dell’esistenza stessa:

Ultimo allenamento prima dell’inizio campionato. Il mister è di fronte al gruppo, serio, mani incrociate. Accanto a lui il don, braccio spirituale della squadra. Discorso di buon augurio alla truppa. È l’ultimo girone dell’ultima categoria esistente al mondo, qui non si perde davvero, non si può retrocedere più di così, non è come nella vita vera. Sotto di noi solamente il ritiro e la derisione.

Neppure la famiglia, nonostante la tenerezza per il nano, il figlio di quattro anni, serve a Umberto come via di fuga dalle angherie della vita. Neppure la casa di proprietà, che dopo lunghe ricerche, finalmente trovata e acquistata, sancisce il deserto sentimentale in cui Umberto ha trascinato il matrimonio con Lisa, incapace di superare il modello familiare in cui è vissuto, con la madre e il Vater in continuo litigio e un fratello fuggito di casa non ancora diciottenne, per allontanarsi da una figura paterna ingombrante, a suo modo violenta senza mai aver dato una sberla. Eppure saranno proprio i genitori, in un momento estremo della loro relazione, a indicare a Umberto, ormai allo sbando e senza più appigli, un sentiero, certo in salita, spinoso, erto, ma pur sempre percorribile con la speranza di raggiungere la cima:

Prima di andarmene vedo la mano di papà cercare sul lenzuolo quella di mamma, centimetro dopo centimetro, nell’incoscienza. Vederli così è come la foto di quando erano giovani, quella al tiro a segno. Lui davanti presa decisa, occhio fisso, sguardo fiero. Lei dietro, bambolina, sguardo perso sulla figura del suo ragazzo. In mezzo una vita di incomprensioni, in mezzo Sante e me. Ora ti vedo papà, finalmente ti vedo. Sei il ragazzo che insegue l’upupa. Sei l’uomo che pedala sull’argine col suo amore sul sellino.

PO_0123

Perché la vita è un eterno pedalare, anche quando si perde la direzione, soprattutto quando non si hanno più i soldi per pagare l’assicurazione della macchina, e si va al supermercato per comprare meno del necessario. Anche Umberto si rimette in sella, pur sapendo che la vita è agra e che il riscatto non è mai garantito:

girano e girano le ruote della mia Atala ben oliata, nessun rumore lungo questo cemento sporco, nessun pensiero importante per ora, tranne che lei non c’era quando avrebbe dovuto trovarsi proprio lì e non t’è quasi mai capitato, una certezza ingannata. È come quando passa l’onda di piena, come quando passa nella tua vita. Ci sono momenti, momenti così difficili, non sembra che possa esistere un futuro in quei frangenti, non c’è traccia di porte aperte né profumo di salvezza. Ci sono momenti cannibali che i sogni pomeridiani sono così forti e cattivi che ti addormenti a occhi aperti e ti risvegli dopo un attimo credendo di essere stato via una vita, magari la tua. Momenti così lontani e privi di spessore, non riesci a distinguere la luce fioca del pomeriggio dal buio dei pensieri cannibali, in quei momenti.

 dsaggf--400x300Eppure “La piena” è un romanzo positivo, in cui l’autenticità dei sentimenti, nell’asprezza del loro dispiegarsi, si stagliano netti a credere che ci sia un dopo, un altrove, un altro, e che sia più vicino di quanto siamo portati a credere.

Come un giro in bicicletta su una strada dissestata, la lingua di Andrea Cisi ondeggia, sballonzola, si incurva, sempre icastica e coerente a un mondo proletario di fatti più che di parole, di gesti più che di mistificazioni, in cui l’ironia domina e sovrasta per incidere, alleggerire, colpire e accarezzare.

Un romanzo malinconico in cui malessere ed euforia, speranza e disillusione, la vita e la morte, la pienezza e il vuoto sono tutt’uno in un turbinio incessante, a tratti insensato e capriccioso, ma vero e sentito nell’intimo:

C’era una canzone che parlava di questo sentimento profondo e nostalgico, di questo malessere coperto di euforia, la chiamava malegrìa lui, non so esattamente se significhi qualcosa. Resta il fatto che ora mi pare proprio di poterla chiamare così questa sensazione che mi porto addosso di attraversare questa vita come un’onda nel mare, senza lasciare tracce, senza bagnare niente che non sia già acqua.

La piena
Tag: