I tre colori di Retablo di parole

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Rossela Lo Faro

 

 

 

 

 

 

Bianco

I tre colori - Bianco

Ho sempre vissuto il bianco come il colore delle contrapposizioni: ricorda sì il gelo fatale del vuoto, lo stesso raccontato da Gabriele Di Fronzo ne Il grande animale, ma è capace in un solo istante di diventare la terra promessa di nuove pulsioni vitali, come la neve che abita le lunghe rimembranze di Karl Ove Knausgård.

Ne sono affascinata, è vero, ma lo schivo quando mi rincorre, ne ho quasi un terrore reverenziale: come se fosse qualcosa di sacro cui aspirare senza avere mai il permesso di toccare con mano, come accade al protagonista de Il commesso di Bernard Malamud, che insegue la vita vera senza raggiungerla mai.

È anche, naturalmente, il colore del candore dell’anima, mai così pulita come quella dell’Idiota di Dostoevskij. Ed è anche, tra le altre cose, il simbolo dell’ottenebramento della mente e dello spirito, come racconta bene Cecità di Saramago.

Per qualche ragione che mi aspetta, già lo so, in uno dei libri che prima o poi incontrerò sul mio cammino, continuo a preservare sopra ogni cosa la sensazione che il bianco sia il colore della soglia della vita.

Verde

I tre colori - Verde

È prima di tutto il colore del respiro nelle fredde mattine, quando un senso di inadeguatezza e fastidio pervade le membra, come ha immortalato con esattezza la Nausea di Sartre.

Ma il verde è anche il colore della mitologia, che ha generato la letteratura e l’umanità, e che ancora oggi ci racconta come dare un senso all’esistenza attraverso l’Odissea, o di quella terra che invece priva l’uomo di un riscatto vero, come racconta con tormento Steinbeck in Uomini e topi.

Ed è il colore della fattezza con cui si ingaggia quotidianamente la sfida verso un dio che non esiste, col pugno verso il cielo e Il funesto demiurgo di Emil Cioran a consolare.

Il verde è persino il colore del Petrolio di un Pier Paolo Pasolini in stato di grazia, un immenso testamento dalle vette liriche e vertiginose.

Ed è la sensazione di fango che stride tra i denti del piccolo, quanto tormentato, protagonista de Il tempo materiale di Giorgio Vasta, oltre ad essere quello che ammanta di indolenza l’anima del povero mondo di Mentre morivo di William Faulkner.

 

Rosso

Closeup of red books.
Closeup of red books.

Forse la scelta più banale di tutte, ma era inevitabile: il rosso è il colore della passione che arde senza fine, come l’immaginifica storia d’amore raccontata da Elsa Morante in Menzogna e sortilegio, o di quella che è costretta a morire prima ancora di esplodere, come dolorosamente emerge in Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald.

Ma il rosso è, più privatamente, anche il colore del contatto fisico col libro, quella sua materialità peculiare che racconta il mio legame imprescindibile con le parole stampate.

Ed è senz’altro il colore delle forze che non sapevo di possedere: me l’ha sussurrato Joan Didion in un orecchio, mentre leggevo L’anno del pensiero magico.

Il rosso è una terra dove ritornare, per scovare una me stessa diversa, non necessariamente più saggia: i Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, ad esempio, mi hanno addestrato a non darmi per scontata. Ci sto lavorando ancora su, ma c’è tempo.

C’è tempo.

I tre colori di Retablo di parole