di Antonello Saiz

Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”
Libraio a Parma con Alice Pisu di “Libreria Diari di bordo”

 

 

 

 

 

 

 

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Lo zaino con le sue cronache dalla Libreria, dopo una breve pausa, riparte con un libro particolare. Un libro che con la sua lettura ha caratterizzato giorni difficili e complicati per me: i giorni del distacco e dell’abbandono da una persona cara. Queste giornate hanno avuto nel libro, “Eravamo dei grandissimi”, la sola unica alternativa alla disperazione. Il titolo, poi, così evocativo, un chiaro segnale a poter continuare sulla stessa via. Si tratta del primo romanzo di Clemens Meyer, ormai un libro cult in molti paesi e da cui nel 2015 è stato tratto l’omonimo film di Andreas Dresen presentato alla 65a Berlinale. Eppure il nostro paese era, inspiegabilmente, orfano di questo grande autore e infatti questa della casa editrice Keller è la sua prima traduzione italiana.

roberta-gado-portrait-2015-marika-brusorioSempre a fine agosto in uno dei momenti più drammatici del Calvario accanto al mio compagno Igino, ricevetti una mail molto appassionata di una traduttrice, Roberta Gado, che mi incoraggiava per la Tenacia e la Forza con cui andavamo avanti attraverso il Blog Verso il Sole. Roberta Gado che ha tradotto diversi libri presenti sugli scaffali, quella domenica pomeriggio mi raccontò anche una storia molto bella. Diversi anni fa, quando si era da poco trasferita a Lipsia per la prima volta, si innamorò di un libro che le fece capire tanto dell’Est tedesco e di questa città straordinaria molto più di qualsiasi altro testo. Il romanzo si intitolava “Als wir träumten” di Clemens Meyer ed è stata la sua personalissima “guida sentimentale” della città. Roberta ha provato, per anni, a venderne i diritti, ma non ci riusciva, anche perché si trattava di un libro importante, molto grosso e per giunta un’opera prima. Ma con determinazione ha continuato la sua battaglia. Nel frattempo era tornata a vivere in Italia e poi ancora di nuovo a Lipsia, sempre con in testa l’idea di voler tradurre e pubblicare questo libro. Nel frattempo aveva acquistato un minimo di autorevolezza anche per via di un premio importante di traduzione ricevuto nel maggio del 2014: il Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria con l’opera “Caccia alla marmotta” di Ulrich Becher. Il destino ha poi voluto che dal libro fosse tratto il film di successo presentato l’anno scorso alla Berlinale.

imageL’incontro poi con quel gran genio di editore che è Roberto Keller ha fatto il resto e permesso che finalmente questo libro venisse tradotto, fra l’altro insieme al suo amico di una vita, Riccardo Cravero, e pubblicato. Non con il titolo originale che tradotto sarebbe “Quando sognavamo” ma con lo splendido “Eravamo dei grandissimi”. Roberta ci ha promesso che col nuovo verrà ai Diari a presentarlo e noi ne siamo già orgogliosi.

Un classico contemporaneo: la storia di un gruppo di amici indissolubile, Daniel, Mark, Paul e Rico, cresciuti come pionieri nella Germania dell’Est. Con un linguaggio contenuto e misurato ci vengono raccontati sogni e illusioni di questi ragazzi a partire dagli ultimi anni prima della caduta del Muro, con i miti dell’Ovest fortemente amplificati e a portata di mano, tanto più dopo gli eventi dell’89. Con la Svolta e la riunificazione delle due Germanie li troviamo a scorrazzare in giro per la periferia di Lipsia in una folle corsa fatta di furti d’auto, risse, alcol, paura e una rabbia senza controllo. L’unico rifugio in un mondo ormai del tutto estraneo appare il monolocale di una signora anziana con la quale maneggiano il peso della solitudine. Il romanzo è strutturato in una serie di capitoli che non seguono un ordine cronologico ma si passa da un piano temporale all’altro, alternando scene dell’infanzia, quando frequentavano la scuola elementare, fino al raggiungimento della maggiore età. In una città fatta di case occupate, incontri clandestini di boxe, hooligan, prime discoteche e bevute disperate, si vede crollare non solo il regno dell’infanzia ma il mito dell’Ovest. Un romanzo generazionale travolgente su questi nostri tempi e sui nostri anni che prova a dare voce a quella generazione dell’Europa unita che dalla periferia giunge al cuore della Storia. Il punto di vista di questi giovani che pagano sulla loro pelle il prezzo dei cambiamenti storici, venendone anche travolti, è reso in maniera superba. Riesce ad agganciare la Grande Storia, con i cambiamenti epocali, attraverso il racconto di queste adolescenze con le sue svolte e i suoi turbamenti e il tutto con una leggerezza della narrazione e una straordinaria capacità di gestire emozioni, atmosfere e memoria.

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Lo zaino di questa settimana è uno strumento anche per far capire come in una libreria dove la Qualità e la Ricerca sono il segno caratteristico è di fondamentale importanza lo studio e la passione che ci mettono i Traduttori in un libro. Il traduttore è per noi dei Diari uno speciale traghettatore, se è in grado di trasportare l’immaginario, le sensazioni e le percezioni da una cultura ad un’altra. Grazie a questa grande capacità dei traduttori noi Lettori non saremmo in grado di leggere tutti i libri e le Storie che scegliamo. Non c’è niente di più affascinante che riuscire ad immergersi nel mondo creato in un libro e creare nella nostra mente lo stesso immaginario che lo scrittore ha creato nella sua lingua originale. Tutto questo è reso possibile grazie all’attività dei traduttori di creare, ricreare concetti, immagini e percezioni. Per questa ragione cerchiamo di avere un rapporto e un contatto diretto con molti di loro.
Nessuna storia che leggiamo sarebbe tanto bella e importante senza il lavoro di persone di grande spessore, come Roberta Gado, traduttrice, scout e consulente editoriale. Dopo diversi anni trascorsi a Pavia, adesso vive a Lipsia e traduce dal tedesco, soprattutto autori contemporanei, come Arno Camenisch, Melinda Nadj Abonji, Juli Zeh, Edgar Hilsenrath, Klaus Merz, Alex Capus.

becher“Caccia alla marmotta” è il libro parzialmente autobiografico di Ulrich Becher che è valso un importante riconoscimento di traduzione a Roberta Gado e racconta le poche settimane di permanenza in Svizzera, a Pontresina nel giugno del 1938 e in seguito all’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista del giornalista viennese Albert Trebla che fugge dalla furia nazista verso i Grigioni insieme alla moglie Roxane.
Sono giorni carichi di angoscia e alle notizie inquietanti che arrivano dall’estero si aggiungono gli eventi luttuosi che agitano la tranquillità dei paesini attorno a Saint Moritz, tra morti improvvise e misteriosi suicidi.
L’assunzione di efedrina, necessaria per contenere gli effetti della febbre da fieno di cui soffre, unita ai ricordi della Prima guerra mondiale, costantemente richiamati da una ferita al volto che pulsa come «un cuore in fronte», mettono Trebla in una situazione di fluttuante allucinazione. Il giornalista si convince che due giovani austriaci giunti nella località alpina appena dopo di lui, sedicenti cacciatori di marmotte, siano stati mandati dai tedeschi per liquidarlo. Realtà e immaginazione, prove e sospetti, passato e presente si mescolano allora in una caccia all’uomo che da preda, più o meno presunta, si trasforma in cacciatore.

load_imageL’incontro e l’amicizia con Roberta Gado è avvenuto attraverso un libro edito da Voland e parecchio consigliato ai Diari dal titolo “Come l’aria” di Melinda Nadja Abonji.
Uno splendido libro sulla questione dell’identità e del senso di appartenenza , su cosa voglia dire “essere straniero” e non riconosciuto. La famiglia Kocsis composta da padre, madre e due figlie, Nomi e Ildikó torna dopo anni in Voivodina, la provincia autonoma a nord della Serbia creata da Tito per la minoranza ungherese. Questo è solo uno dei tanti viaggi di ritorno alla propria terra che i Kocsis compieranno con la loro auto potente. Emigrati tempo prima in Svizzera, dopo vari lavori precari, i Kocsis riescono a farsi una posizione prendendo in gestione un’elegante caffetteria sul lago di Zurigo. Ma quello che sembra il risultato finale di un lungo processo di integrazione si rivela solo un’illusione. Il caos scoppiettante dei Balcani, le minacce fasciste, le espropriazioni comuniste, la guerra, si contrappongono alla tranquillità della vita svizzera, dove non succede mai niente. Ma con lo scoppio della guerra in Jugoslavia e la conseguente ondata di profughi in Svizzera, riemergono tutti i problemi di identità che parevano superati e si innescano tanti sentimenti xenofobi, sapientemente nascosti sotto l’ipocrisia svizzera. Non è sufficiente per uno straniero sentirsi svizzero per poter appartenere alla Svizzera: il senso di appartenenza deve essere sancito dalla comunità locale, che gode del diritto di accettare o di respingere e mandare in frantumi una vita di sacrifici. Un romanzo sulla difficile ricerca di una nuova patria e nello stesso tempo sul legame indissolubile con le proprie radici. E la voce è quella della giovane Ildikó, che osserva con occhio ironico la storia della sua famiglia mentre conduce una vita in bilico tra due realtà: quella svizzera a cui non è mai davvero appartenuta, e quella della minoranza ungherese in Serbia a cui già non appartiene più. Una Svizzera non fatta di stereotipi e di orologi, latte, cioccolata, montagne e formaggio,ma purtroppo di razzismo e vergognosa xenofobia. Un romanzo fra i Balcani e la Svizzera dove la protagonista del romanzo, come del resto l’autrice, è vissuta. Gli avvenimenti storici più drammatici dei Balcani, dal fascismo, al comunismo alla guerra, fanno capolino a ogni pagina, in una alternanza di passato e presente, guerra e pace che passano davanti agli occhi come la pellicola di un film grazie ad una prosa fluida. L’auto potente che rientra in Vojvodina è un’immagine ricorrente e che apre i capitoli sulla Serbia. Non solo il simbolo dell’affermazione sociale ed economica raggiunta in Svizzera, ma il veicolo con cui tornare indietro nel tempo. “Come l’aria” è anche un romanzo che vede contrapposte due generazioni. Contrapposizione accentuata dalle situazioni contingenti, da quello che si è e ciò che si vuole, dalle aspettative dei padri e dalle aspirazioni dei figli.

avt_edgar-hilsenrath_5982Sempre per la casa editrice Voland, Roberta Gado ha tradotto di recente un libro spassosissimo di uno scrittore magnifico nativo di Lipsia come Edgar Hilsenrath, con il titolo “Orgasmo a Mosca”.
Scrittore ebreo scappato dalla Germania nazista, che, dopo essere stato internato in un ghetto ucraino, si imbarca per gli Stati Uniti, dove rimane per oltre trent’anni. La sua opera è fortemente ispirata dall’esperienza della guerra e dal suo essere sopravvissuto alla shoah, e la sua scrittura cruda e irriverente, giudicata spesso amorale, ha suscitato a lungo polemiche non solo in Germania, ma anche in America, di cui prende di mira il sistema assieme a quello israeliano. In “Orgasmo a Mosca”, ad esempio, il boss mafioso italo-americano Nino Pepperoni è disposto a fare qualsiasi cosa per far felice la sua unica figlia, la trentenne ereditiera Anna Maria. Durante un soggiorno a Mosca la donna conosce Sergej Mandelbaum, un ebreo, cialtrone e fannullone finito pure sulla lista nera del KGB che però riesce a far raggiungere alla ragazza il suo primo orgasmo a letto. Per questa ragione la ragazza decide di sposarlo a tutti i costi e si fa mettere incinta per costringere il padre ad aiutarla a portare in America il futuro marito. Ha inizio così un viaggio rocambolesco ricco di colpi di scena. Una trama provocatoria e surreale per una sex and crime story decisamente sopra le righe.

fd0e76df0fc6f207b49504067ef27b24_f409Sempre della casa editrice Keller e sempre tradotto da Roberta Gado è il libro di Urs Widmer, autore di numerosi romanzi e racconti e uno degli scrittori elvetici più importanti della generazione successiva a Max Frisch e Friedrich Dürrenmatt. Il libro in questione è “Il sifone blu”, una brillante favola per adulti in cui Widmer ci racconta della vita e della morte, dell’amore e della guerra, un ritorno all’infanzia per capire com’è nato il mondo di. Il protagonista, ribaltato in anni lontani, va incontro a bizzarri eventi, dopo aver sognato un sifone di vetro blu, avvolto in una strana luce,simbolo della felicità infantile che un tempo scintillava nella vetrina di un mobile di casa. Ma anche richiamo di un’epoca di guerra e minaccia nazista.
Al protagonista è bastato andare in un cinema in cui proiettano film visionari per fare un salto all’indietro di cinquant’anni. Il cinema ha funzionato da macchina del tempo e uscito dal cinema, per le strade di Zurigo, vede passare auto d’epoca, mentre a casa sua trova un odioso sconosciuto e nessuna traccia di sua moglie Isabelle. Vaga fino al mattino e poi sale su un treno per Basilea. Nella città si ritrova, più vecchio dei suoi genitori all’epoca, a rivedere la casa natale, reincontrare il padre, la madre e persino l’amatissima tata, la bella Lisetta con una nuvola di capelli rossi, e solo il cane Jimmy pare riconoscerlo. Di lui bambino nessuna traccia, anzi: i genitori sono disperati perché il piccolo, lasciato al cinema, non si è ripresentato all’uscita e manca da qualche giorno. Così il cinquantatreenne protagonista, che sembra l’alter ego dello scrittore stesso, ritorna nel mondo dell’infanzia, ma lo rivede con gli occhi dell’oggi. Con una prosa fluente e semplice Widmer aggrega luoghi e tempo, ridisegna volti e figure del passato, rianima sensazioni, accarezza oggetti e i giorni lontani con una dolcezza infinita. La scrittura è usata come una bacchetta magica per rievocare cose e persone, intrecciare come in una fiaba passato e presente.

(GERMANY OUT) Monika Zeiner, Schriftstellerin, Deutschland. Nominiert für den Deutschen Buchpreis 2013 (Shortlist) mit ihrem Buch "Die Ordnung der Sterne über Como". Hier bei einer Buchvorstellung im Literaturhaus in Frankfurt am Main. (Photo by Manfred Roth/ullstein bild via Getty Images)

Ancora un libro della Keller tradotto da Roberta Gado e che sembra una favola di altri tempi è quello di Monika Zeiner, dal titolo “L’ordine delle stelle”.
Una bellissima storia di amicizie e di amori, lieve e mai banale, ambientata a Berlino e in Italia, a Genova e Napoli.
Il pianista jazz Tom Holler lascia Berlino per una tournée musicale in Italia. Parte per fuggire l’amarezza di una separazione e anche con la speranza di ritrovare Betty, il grande amore di un tempo che ora vive a Napoli. Tra musica, concerti e avventurose peregrinazioni Holler si addentra sempre di più nel passato e racconta una travolgente storia d’amore e amicizia tra lui, Marc e Betty e del dramma che ne ha lacerato per sempre le esistenze.
Una straordinaria opera prima, finalista al German Book Prize per il miglior libro dell’anno, questa di Monika Zeiner, scrittrice, musicista e cantante (anche in italiano!), che qui racconta con rara e sincera freschezza la storia di un triangolo fatale tra Berlino e l’Italia, toccando tutte le corde dell’animo umano grazie a una lingua musicale e originale come le immagini che riempiono il romanzo. Pagine colme di leggerezza e malinconia, umorismo e dramma, e personaggi che rimangono a lungo nella memoria e nel cuore. Un romanzo pieno di poesia, sentimento e musica.

hilde_domin03C’è una poetessa che amo moltissimo, Hilde Domin,e sulle sue poesie abbiamo fatto una memorabile serata ai Diari di Bordo nel settembre del 2015. Sono particolarmente legato a Hilde Domin anche perchè in un’altra serata, quella de “La poesia è terra libera” organizzata dalla drammaturga Elide La Vecchia nello studio del pittore Andrea Cantagallo, il mio Igino, aveva scelto di leggere ben due poesie tratte dalle antologie curate da Paola Del Zoppo per la casa editrice Del Vecchio. L’ultima antologia, la quarta in ordine di tempo è “Il coltello che ricorda”, curata sempre da Paola Del Zoppo e tra i tanti traduttori figura pure Roberta Gado, oltre che Valentina Carmela Alù, Maurizio Basili, Nadia Centorbi, Chiara Conterno, Anna Maria Curci, Chiara De Luca, Stefania de Lucia, Stefania Deon, Ondina Granato, Giuliano Lozzi, Francesca Pennacchia, Silvia Scialanca, Beatrice Talamo.

Hilde Domin, la poetessa dell’esilio, è una delle voci poetiche più significative della seconda metà del Novecento e, negli anni Settanta–Ottanta, una figura centrale nella discussione letteraria tedesca. Nel 1987, in occasione del suo settantacinquesimo compleanno, Fischer dà alle stampe la raccolta “Gesammelte Gedichte” (Poesie in raccolta). La selezione, curata dalla Domin stessa, comprende una nutrita scelta di poesie scritte tra il 1951 e il 1985, tratte dalle raccolte già pubblicate con l’aggiunta di alcuni testi inediti o comunque fino ad allora difficilmente reperibili. “Gesammelte Gedichte” viene pubblicata in concomitanza con il ciclo di lezioni di Francoforte tenute da Hilde Domin (1987/88), a cui dà il titolo “La poesia come momento di verità”. In seguito, la poetessa darà alle stampe la raccolta “Eppure l’albero fiorisce”, ultima delle sue antologie poetiche e una versione rivista di “Ti voglio”, nel 1995. In questo volume, il terzo della serie che Del Vecchio Editore dedica alla poetessa, si dà conto degli sviluppi letterari di Hilde Domin negli ultimi anni della sua attività poetica, presentando al pubblico italiano un compatto insieme di testi autobiografici, teorici e lirici, che si commentano e presentano gli uni con gli altri rendendo evidente la compatta organizzazione del pensiero creativo e filosofico di Hilde Domin. Al centro della riflessione restano e si fanno più nitide la potenza della parola poetica e l’incitamento al coraggio civile, che è innanzitutto la capacità di uscire dagli schemi e accettare la propria umanità aprendosi all’incontro con l’altro: «Solo colui che è crocifisso/ le braccia/ spalancate/ dell’Io–sono qui».

Portrait - Jonas LuescherAltro libro targato Keller e tradotto da Roberta Gado è il primo romanzo di Jonas Lüscher dal titolo “La primavera dei barbari”.
La crisi finanziaria qui colpisce chi con la finanza ha sempre lucrato senza scrupoli: i wall street guys si ritrovano in un lussuoso resort tunisino con le carte di credito bloccate, i telefoni scollegati e un sontuoso conto da pagare. Nel resort turistico dal lusso estremo situato nell’oasi di Shub in Tunisia sono riuniti tanti personaggi che vanno a incarnare la più diversa umanità: Preising, un industriale che si è ritrovato milionario nel giro di pochi anni grazie all’intraprendenza del suo dipendente bosniaco Prodanovic; un bagnino, noto ex campione di nuoto tunisino che odia l’acqua e un cuoco proveniente dalla Carinzia, conosciuto in tutto il mondo per la sua abilità ai fornelli. Tra i clienti ci sono una coppia di giovani broker inglesi che hanno deciso di celebrare il loro matrimonio in questo centro turistico bello e prezioso e al loro seguito c’è una bizzarra ciurma di invitati. Ma mentre la festa tocca il suo apice, i segnali di crisi che da tempo minacciavano l’economia della Gran Bretagna diventano una drammatica realtà che travolgerà tutto e tutti.
Tanto per cominciare i gestori dell’albergo di lusso limiteranno al minimo necessario i servizi concessi agli ospiti anglosassoni, perché questi ultimi si ritroveranno non solo ad essere impossibilitati a pagare, ma scopriranno che l’accesso ai loro conti in banca sarà del tutto bloccato. Il gruppo, nel momento in cui si troverà privato di ogni ricchezza e certezza, darà il via ad una escalation di brutali azioni che dimostreranno come in ogni cuore umano si annidi una bestia nera pronta ad uscire all’improvviso. Ci saranno tradimenti, gesti di violenza e brutale vandalismo contro qualsiasi cosa e persona, atti di sfruttamento minorile, fino al limite estremo, quando il gruppo di amici, che ormai hanno perso la ragione, arriverà a compiere omicidi senza senso.
Un romanzo raffinato, piacevole e pieno di ritmo che è anche satira acuta, originale e credibile dei nostri tempi, della deriva dell’economia e della finanza, e delle persone che ne sono responsabili.

igdm_frame_camenish_004In finale sempre tradotti da Roberta Gado ricordiamo due libri, sempre pubblicati da Keller editore, scritti dallo scrittore e performer svizzero Arno Camenisch, “Dietro la stazione” e “Ultima sera”.
I testi di Camenisch sono tradotti in diciotto lingue, è uno scrittore che ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Hölderlin nel 2013, il Premio federale di letteratura nel 2012, il Premio bernese di letteratura nel 2011 e nel 2012, nonché il Premio Schiller ZKB nel 2010. La traduzione italiana di “Sez Ner” è uscita nel 2010 per Casagrande sempre a cura di Roberta Gado.
In “Dietro la stazione” si racconta un’infanzia che sembra consumarsi nell’arco di poche stagioni e l’intera esistenza di un villaggio in una stretta valle montana chiusa solo all’apparenza. Qui il mondo esterno si presenta con i treni, il postale e la tivù, ma soprattutto con una lingua, il tedesco, che si insinua nel romancio locale portandovi i fermenti di un mondo che cambia. Lo straordinario testo di Arno Camenisch ci regala una singolare epica alpina in cui l’innocenza e l’incoscienza dell’infanzia incrociano la quotidianità di un centro popolato da poco più di quaranta anime. Case mai chiuse a chiave perché gli abitanti si conoscono tutti, ciascuno ha un suo ruolo e partecipa alla storia comune con la propria lingua, catturata dall’autore in una scrittura che nasce dall’oralità e ne mantiene forza e melodia. Ci fa ridere, commuovere e incuriosire descrivendo con gli occhi del piccolo protagonista stalle, animali, malattie e avventure in cui il dramma, la tenerezza e l’ironia si alternano. Storie senza tempo ed echi di una lingua, il romancio, che sembra nascere dalla pietra, risuonare nei boschi e sopravvivere al destino degli uomini.

Con “Ultima sera” Arno Camenisch realizza un altro romanzo profondamente umano. Siamo sempre in montagna ed è notte e piove. Piove come non pioveva da anni, piove anche se dovrebbe nevicare e l’acqua che scende dal cielo sembra volersi portar via tutto.
Con questo tempo da lupi, l’osteria Helvezia, in procinto di chiudere per sempre, accoglie come un’arca tutti gli abitanti, le loro storie, la loro sete, i loro ricordi. Inizia così un viaggio magico, malinconico e gioioso, pieno di suoni e presenze, di vivi e di morti, di sorti propizie e avverse, destinato a non finire finché c’è un bicchiere pieno e un racconto vola nell’aria. Con “Ultima sera” Camenisch ci riporta alle cose essenziali, agli alti e bassi dello stare al mondo, a ciò che scompare e solo la forza dell’oralità è in grado di far rivivere. Così la notte non è mai notte e non c’è pioggia tanto intensa da cancellare le nostre tracce.

I DIMENTICATI. In questa settimana in cui nello zaino ho dato molto spazio alle traduzioni vorrei tanto non fossero Dimenticati tutti quegli scrittori elvetici che hanno saputo raccontare il terribile programma eugenetico messo in atto per anni da uno stato considerato civile come la Svizzera.

185477-mm_Vorrei partire col ricordare un libro di poesie edito da Einaudi, “Ognuno incatenato alla sua ora” scritto da Mariella Mehr, scrittrice e poeta svizzera di etnia Jenisch.

Mariella Mehr fu vittima, da bambina e da adolescente, del programma eugenetico Enfants de la grand-route conosciuto in tedesco come Kinder der Landstrasse, promosso dal Governo svizzero nei confronti dei figli appartenenti a famiglie di etnia nomade. Alla sua storia, e al percorso psicoterapeutico che le ha permesso di uscire dalla follia in cui era precipitata, Mariella Mehr ha dedicato il libro “La bambina”, in cui ricostruisce una storia fatta di violenze: la piccola viene rinchiusa al buio e picchiata per la sua paura, subisce le viscide attenzioni del padre affidatario, la violenza carnale di un medico, elettroshock e terapie chimiche, mentre viene indicata come un caso disperato ed emblematico di una razza geneticamente tarata.

“I piccoli zingari venivano affidati a contadini, e molte ragazze venivano sterilizzate. Solo verso la fine degli anni Sessanta i rom e gli zingari crearono in Svizzera un’associazione e iniziarono una lotta giuridica e politica che portò alla chiusura della “Pro Juventute” e solo nel 1986 il presidente della Confederazione Elvetica ha chiesto pubblicamente scusa ai rom. In nome dell’eugenetica. Il programma Kinder der Landstrasse (per il recupero dei bambini di strada) fu attuato dal 1926 al 1974 dall’associazione svizzera Pro-Juventute e si tradusse in un dramma nazionale, tacciato da molti come una forma di un vero e proprio genocidio”.

Fu il governo svizzero a condurre e sostenere una politica semi-ufficiale che verteva ad istituzionalizzare i genitori Jenisch come “malati di mente” tentando di far adottare i loro figli da più “normali” cittadini svizzeri. Questo modo di procedere fu giudicato come un tentativo di eliminare la cultura Jenisch in nome del miglioramento della specie umana: l’eugenetica. Secondo alcune fonti, 590 bambini furono sottratti ai genitori e messi in orfanotrofi, in istituti psichiatrici e persino in prigioni. Il programma coinvolse dai 600 ai 2000 bambini nomadi, che di fatto, furono allontanati in tenera età dalle famiglie originarie. Quel programma è tutt’oggi un tema molto scottante per la coscienza dei cittadini elvetici. Solo recentemente il Governo Svizzero ha riconosciuto la disumanità di quel programma. Oggi ci sono 35.000 jenisch che vivono in Svizzera, sono concentrati per lo più nel Cantone dei Grigioni. Di questi, solo 5.000 sono nomadi.

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Mariella Mehr fu una di quei bambini vittime del programma Kinder der Landstrasse. Nacque nel dopoguerra il 27 dicembre del 1947, a Zurigo in Svizzera, da madre jenisch. Gli Jenisch, una etnia nomade diffusa in particolar modo in Germania e in Svizzera, negli anni 1940 provenivano da una cruenta persecuzione nazista perpetuata nei loro confronti e di altre etnie nomadi, nazismo che per la famigerata politica razziale, li aveva prima imprigionati e poi gasificati nei campi di sterminio di mezza Europa. Nel dopoguerra la Svizzera era ancora impegnata nella sua politica di igiene razziale, con un programma iniziato nel 1926 e che prevedeva una riconversione dei bambini della strada in bambini normali che di fatto si traduceva nel togliere ai genitori naturali i propri figli ed affidarli a orfanotrofi e istituti di infanzia, per essere poi adottati da famiglie svizzere normali. Con questo programma, i rapporti con la famiglia originaria venivano definitivamente troncati nonché ostacolati, infatti a questi bambini veniva cambiato il nome di nascita e dato un nuovo nome, per cui era abbastanza difficile risalire ai genitori naturali. Tutti i nomadi senza stabile dimora erano obiettivo di questo programma, per cui gli Jenisch, la parte più consistente delle etnie nomadi in Svizzera, fu il principale gruppo, oggetto di attenzione. L’allontanamento coatto provocava sui bambini e sugli stessi genitori grandi traumi psicologici con manifestazioni di ribellione e grande risentimento anche verso le stesse istituzioni.

Mariella, come tutti i bambini nomadi svizzeri fece parte di questo programma. Fu quindi tolta alla propria madre, mentre era piccolissima, crescendo in 16 diverse case famiglia e in 3 istituzioni educative. Quando aveva 18 anni come per sua madre, le tolsero il figlio. Questa opera di sradicamento fece crescere la sua rabbia verso le istituzioni. Subì 4 ricoveri in ospedali psichiatrici, violenze ed elettroshock e venne perfino reclusa per 19 mesi nel carcere femminile di Hindelbank nel Canton Berna.
Fino agli anni ottanta l’opinione pubblica mondiale sapeva ben poco delle discriminazioni subite dalla etnia Jenisch, paragonate di fatto ad un vero e proprio genocidio. Mariella Mehr come testimone principale del dramma di segregazione, ha fatto della denuncia della persecuzione agli Jenisch l’opera principale dei suoi scritti e delle sue poesie. I suoi libri, tradotti anche in italiano, sono ampie e dettagliate denunce di tutte le violenze fisiche e psicologiche subite negli anni della sua infanzia e della sua adolescenza. Dal 1975 ha pubblicato prima come giornalista, poi come scrittrice, molti articoli e libri. Nel 1981 ha pubblicato il suo primo romanzo “Steinzeit”, (L’età della pietra) tradotto in italiano con il titolo di “Silviasilviosilvana”. Un romanzo autobiografico che analizza le sue vicissitudini e il cui titolo voleva mettere in risalto la perdita di identità di una donna maltrattata e segregata. La scrittrice e poeta ha stabilito dal 1996 il suo centro operativo in Toscana, in Italia ed è diventata testimone autorevole della persecuzione subita dagli Jenisch e dalle altre etnie nomadi. Invitata dai media di tutta Europa, partecipa a trasmissioni radiofoniche e televisive facendo luce con le sue testimonianze e le sue denunce su uno dei periodi più bui della storia della Svizzera del XX secolo e delle discriminazioni nel mondo. Per l’impegno per i diritti delle minoranze e dei gruppi emarginati, Mariella Mehr nel 1998 ha ricevutola laurea honoris causa dalla Facoltà di Storia e Filosofia presso l’Università di Basilea.

Questa settimana nello Zaino, dunque, oltre a

"Eravamo dei grandissimi" di Clemens Meyer edito da Keller Editore
“Eravamo dei grandissimi” di Clemens Meyer edito da Keller Editore
"Ognuno incatenato alla sua ora" di Mariella Mehr, poesie scritte dal 1983 al 2014, edito Giulio Einaudi Editore
“Ognuno incatenato alla sua ora” di Mariella Mehr, poesie scritte dal 1983 al 2014, edito Giulio Einaudi Editore

bisogna assolutamente aggiungere :

"Caccia alla marmotta" di Ulrich Becher edito da Baldini e Castoldi.
“Caccia alla marmotta” di Ulrich Becher edito da Baldini e Castoldi.
"Come l’aria" di Melinda Nadj Abonji edito da Voland.
“Come l’aria” di Melinda Nadj Abonji edito da Voland.
"Orgasmo a Mosca" di Edgar Hilsenrath edito da Voland
“Orgasmo a Mosca” di Edgar Hilsenrath edito da Voland
"Il sifone blu" di Urs Widmer edito da Keller.
“Il sifone blu” di Urs Widmer edito da Keller.
"Il coltello che ricorda" di Hilde Domin edito da Del Vecchio.
“Il coltello che ricorda” di Hilde Domin edito da Del Vecchio.
"L’ordine delle stelle" di Monika Zeiner edito da Keller.
“L’ordine delle stelle” di Monika Zeiner edito da Keller.
"La primavera dei barbari"di Jonas Lüscher edito da Keller
“La primavera dei barbari”di Jonas Lüscher edito da Keller
"Dietro la stazione" di Arno Camenisch edito da Keller.
“Dietro la stazione” di Arno Camenisch edito da Keller.

 

"Ultima sera" di Arno Camenisch edito da Keller.
“Ultima sera” di Arno Camenisch edito da Keller.

 

"La bambina" di Mariella Mehr Edizioni effigie, Milano.
“La bambina” di Mariella Mehr Edizioni effigie, Milano.
Nello zaino di Antonello: Eravamo dei grandissimi