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Forse lui mi ha dato le parole per dire i colori e le ragioni per considerarli importanti, e forse è grazie a lui che mi sono resa conto di amarli. Ma non mi ha dato i colori. Quelli li avevo già dentro.

A parlare è Victorine la musa ispiratrice dei quadri più rivoluzionari e contestati di Manet, lei stessa pittrice, io narrante del romanzo di Maureen Gibbon, “Rosso Parigi” (traduzione di Giulia Boringhieri, Einaudi) che la rende un’eroina modernissima, libera spregiudicata anticonformista.

f4f815cec07b3985ed6f9e8b141fdb90Dal rapporto tra la giovanissima Victorine e il fascinoso Manet, ma anche dal perturbante triangolo iniziale con l’amica Denise, sorella d’elezione, per la quale Victorine prova un affetto sincero e puro, non scevro da passionalità, Maureen Gibbon trae una storia di formazione, erotica artistica personale, in cui la centralità è sempre puntata sulla modella, e in questo, e sotto quest’ ottica, il romanzo è uno straordinario racconto al femminile. Una femminilità mai scontata, mai convenzionale, ma sempre approfondita e introspettiva. Sembra quasi che Gibbon nella scrittura voglia emulare la tecnica pittorica di Manet, presentandoci una figura di donna ricca di ombreggiature, che le donano vivacità, vividezza e vitalità.

CHT225167 Portrait of Edouard Manet (1832-83) (detail of 164227) (b/w photo) by French School, (19th century); black and white photograph; Private Collection; Archives Charmet; French, out of copyright

Lui guarda prima la vetrina, poi il mio foglio. Rapidissimo, aggiunge un’ombreggiatura dietro il gatto. Questo l’avrei fatto anch’io. Poi però fa una cosa che a me non sarebbe mai venuta in mente, neanche fossi rimasta tutta la vita a fissare il gatto addormentato sulla mensola. Dopo aver dato un’altra occhiata alla vetrina del negozio, inserisce un tratteggio incrociato nell’angolo in alto a destra sopra il gatto.

Non me l’aspettavo, quel segno. Mi colpisce enormemente, eppure lui l’ha fatto senza esitare. Senza pensarci un attimo.

Da un certo punto di vista il tratteggio è una semplice macchia sulla carta, ma da un altro ha trasformato la carta in una vetrina. Adesso il disegno è esattamente ciò che dev’essere: l’immagine di un gatto dietro un vetro. Fatto salvo che è tutto su carta, ed è un mistero come la carta possa prendere le sembianze del vetro.

Da un impasto di colori e pennellate, Victorine Meurent per il potere della scrittura, in “Rosso Parigi”, diventa figura in carne e ossa, che agisce pensa e sente. Protagonista assoluta del romanzo, ma non sola, perché nel ricco e dettagliato percorso esistenziale è accompagnata da Manet e dall’amica Denise, e sullo sfondo, ma con cura e attenzione per gli aspetti emotivi e di costume, i genitori, gli amici e sodali di Manet, a cui Maureen Gibbon regala camei di fine precisione.

4fd72f79ef0abd6c3e440eb21a3756c6Il famoso cognome, Manet, viene pronunciato solo una volta, nelle ultime pagine del romanzo, mentre il pittore all’inizio è presentato come uno sconosciuto, misterioso e senza nome, poi con una semplice E. Anche questa una scelta femminista, per lasciare a Victorine tutta la luce e la tela della narrazione. Una narrazione che la scrittrice varia nelle pennellate, ora tracciando immagini dense e corpose, ora di leggera e delicata introspezione, come nel tratteggio del rapporto tra le due giovani coinquiline:

un uomo che ti tocca il sesso, il seno, che ti flette all’indietro nell’amplesso – non ci vuole molto ad averlo. Ma mani che ti passano tra i capelli così delicatamente da sembrare uccellini – questo sì che mi aveva scombussolata.

Per un certo tempo pensai di essere innamorata di lei, poi capii. Volevo essere toccata. Questo solo volevo da lei.

Fragilità e spavalderia, determinazione e disorientamento, volubilità e volitività: Victorine è un personaggio pieno, di colori e di ombre, di sfumature e di dettagli.

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Gibbon sa usare con accuratezza e suggestione la tavolozza dei sentimenti che si agitano nel petto e nella mente della donna, un personaggio pieno di fascino, all’altezza dei quadri in cui viene immortalata. Il senso del romanzo credo che abbia un valore artistico, e non solo narrativo. Mostrare l’importanza della modella, il suo ruolo fondamentale e unico, per la riuscita di un soggetto pittorico. Al lettore sembra di entrare nella poetica più viva dell’essere artista, di partecipare alla creazione di un capolavoro, che è necessariamente e non solo narrativamente intriso di vita.

edouard_manet_-_olympia_-_google_art_project_2“Rosso Parigi” è romanzo e opera d’arte insieme, con la capacità di dare colore, attraverso le parole, alle emozioni e ai sentimenti. Perché se Manet ha reso Victorine immortale, Maureen Gibbon l’ha resa viva, riuscendo a interpretare la sua protagonista  in piena sintonia con la raffigurazione della donna voluta da Manet: la spavalderia della posa e la fragilità fredda e distante dello sguardo; il perturbante della posizione della mano in “Olympia” e il sensuale misto al senso dello scandalo nella nudità di “Colazione sull’erba”, per citare i due quadri raccontati e vissuti nel romanzo.

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Rosso Parigi
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