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Tutti vogliamo essere guardati

Ed è attraverso uno sguardo spudorato e prolungato che Evie, sedicenne alla ricerca di se stessa, viene attratta da un gruppo di tre ragazze, in un sonnolento pomeriggio estivo, e in particolare da una di loro, la più carina del gruppo.

Stavano giocando con una soglia pericolosa, bellezza e bruttezza allo stesso tempo, e attraversavano il parco lasciandosi alle spalle una scia di improvvisa allerta.

È l’elettricità che le ragazze lasciano nell’aria, il loro atteggiamento di spavalderia e distacco, e l’attenzione che riescono ad attirare su di loro, dovuta a una sensazione di pericolo difficile da decifrare, a colpire in maniera fulminante Evie, e a farle scegliere, con una buona dose di colpevole inconsapevolezza di  incrociare e sovrapporre la sua strada con la loro.

Fluide e incuranti come squali che tagliano l’acqua.

978880622616graEmma Cline con “Le ragazze”, tradotto mirabilmente da Martina Testa (Einaudi) esordisce in maniera prepotente e incisiva. Difficile rimanere indifferenti a una costruzione narrativa così ben congeniata, a uno stile che batte di un ritmo che fa della lentezza dei dettagli, dell’indagine introspettiva, della carica erotica elemento originale di suspense.

Evie è vissuta nelle pagine del romanzo in due momenti diversi, ognuno segnato dall’inconcludenza con cui talvolta la vita ci costringe a fare i conti tracciando il destino ineluttabilmente.  Ormai adulta, segnata dall’esperienza adolescenziale al ranch di Russell, guru come tanti che proliferano in America, e in particolare da una relazione affilata e pericolosa con Suzanne, una delle ragazze denutrite e strafatte del gruppo. Ospite momentanea nella casa estiva di un amico, incontra il figlio di lui e la giovanissima ragazza, Sasha, in cui non solo rivede se stessa, in balia di personalità forti e disturbarti, ma si ritrova a rivestire per una serata la parte di madre con la ragazza, che il destino non le ha assegnato.

Sull’onda della curiosità dei due giovani, Evie ricorda e ripassa quell’estate fatidica della fine degli anni Sessanta in cui la sua vita prese una china scabrosa, piena di rovi e sporcizia, portandola fin sull’orlo di un baratro, in un difficile equilibrio, che a distanza di anni e di esperienze ancora non riesce a illuminare con perfetta lucidità.

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Che cosa sarebbe stata in grado di commettere? Quale ruolo avrebbe avuto in quella sanguinolenta notte a casa di Mitch, in cui Suzanne e le altre si lasciarono andare a un gesto folle e spietato, che doveva vendicare Russell, ma anche far parlare di loro, essere “guardato” da chiunque e da nessuno ignorato. Nella sua colpevole ingenuità, pur percependo la crudeltà inusitata nella voce di Suzanne, Evie crede che la serata da Mitch, noto e famoso musicista che aveva promesso a Russell un contratto per incidere un disco, abbia lo scopo di produrre

Una disturbante frattura psichica che avrebbe messo paura a Mitch per un attimo, l’avrebbe costretto a riordinare il mondo da zero.

Quello che ne seguirà per Evie, sarà una vita intera a partire da quell’estate a passare

al setaccio il grano di quella sera, tastandolo alla cieca.

L’ottica di Evie è senza dubbio l’elemento più fulminante del romanzo. La scelta di un punto di vista interno alle vicende, che se ne distanzia temporalmente, e nello stesso tempo conserva un equilibrio instabile e sofferto tra partecipazione e distanza.

A me è toccata la storia smorta del testimone impotente, in fuga senza aver commesso un crimine, un po’ con la speranza e un po’ con il terrore che nessuno mi venisse mai più a cercare.

emmaclineEmma Cline è brava a tracciare la figura, preponderante, di Evie come un’acrobata instabile, con mille tentennamenti, inadeguata a piroettare su quel filo teso che Suzanne attraversa con sprezzo del pericolo e malvagità, ma nello stesso tempo attratta a credere che stare lassù sia la cosa più vicina al cielo, pur scorgendo con orrore l’abisso che si spalanca in basso.

Sullo sfondo un micromondo americano, fortemente datato per quello che riguarda l’adolescenza di Evie, e sospeso in un tempo intimo per quello che riguarda la sua maturità. La solitudine paradigmatica di Evie, alle prese con il divorzio dei genitori e la loro attenzione concentrata sulle nuove relazioni agli albori, il tradimento della migliore amica Connie, il sogno di un amore adolescenziale vagheggiato e fallito, a tratti appare come una tesi troppo ripetuta, anche se serve a scavare nella solitudine e nella prefigurazione di qualcosa di diverso, che è la molla dell’agire della ragazza. Quello che vuole Evie è “esserci” e per questo è disposta a tutto. Indagare nel luogo oscuro di una brava ragazza americana, e di ragazze che non lo sono altrettanto,  è l’elemento narrativo che travolge nell’esordio di Emma Cline:

Non appena mi cadde l’occhio sulle ragazze che attraversavano il parco, la mia attenzione restò fissa su di loro. La ragazza dai capelli neri con le sue accompagnatrici, la loro risata un rimprovero alla mia solitudine. Stavo aspettando che succedesse qualcosa, senza sapere cosa. E poi ecco. Fu un attimo, ma lo vidi lo stesso: la ragazza dai capelli neri si tirò giù lo scollo del vestito per un attimo, scoprendo il capezzolo rosso del suo seno nudo. Nel bel mezzo di un parco brulicante di persone. Prima che riuscissi del tutto a crederci, tornò a coprirsi. Stavano tutte ridendo, provocanti e spensierate: nessuna di loro alzò anche solo gli occhi per vedere se qualcuno guardava.

Le ragazze
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