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Ditemi voi se avreste mai rifiutato un invito come questo che mi rivolge Massimo De Nardo.

Qui da Rrose Sélavy, in via Santini 3, a Tolentino. Terzo piano. C’è l’ascensore, ma a piedi è meglio (quando non ci sono i pacchi). A darti il benvenuto, noi e anche i nostri Quaderni, appositamente in bella mostra. Parlando di libri (i nostri e non solo), ci verrà poi spontaneo sfogliarli, soffermarci su qualche frase, commentare le illustrazioni, analizzare il tipo di carta e la stampa. “Giocare in casa” è quasi sempre favorevole. Terzo piano. Vale come invito.

Io non avrei saputo resistere (e infatti, visto che l’invito è valido, vi assicuro che presto lo renderò reale, e non vedo l’ora!), per il momento immaginateci lì e con gli occhi pieni di meraviglia comincio a curiosare, con lo sguardo e con le domande.

elsina_copertina_webCome ho conosciuto Rrose Sélavy? Attraverso una scrittrice che amo moltissimo: Elsa Morante, raccontata bambina da un’altra scrittrice per cui nutro una fortissima ammirazione: Sandra Petrignani. Così mi sono accorta che il catalogo annovera tanti altri nomi conosciuti: Paolo Di Paolo (che racconta Leopardi bambino), Loredana Lipperini, Franco Arminio, Chiara Carminati, Antonio Moresco, Carlo Lucarelli e insieme a loro scrittori più canonici nella letteratura per ragazzi come Piumini e Tognolini.

Mi sembra di intravedere dietro i nomi degli autori un chiaro e preciso disegno editoriale, che rende Rrose Sélavy (per il significato del nome rimando al bellissimo sito della casa editrice, in cui è spiegato con entusiasmo, passione e chiarezza) una casa editrice votata ai ragazzi con un’identità molto particolare.

C’è una scelta anche degli autori, oltre che delle opere?duchamp1

Una caratteristica di Rrose Sélavy, specialmente all’inizio, è stata la scelta di pubblicare scrittori e scrittrici che non avevano mai scritto per ragazzi. Abbiamo coinvolto autori e illustratori noti (oltre che bravi), e questo ha creato un po’ di attenzione verso la nostra piccola, e giovanissima, casa editrice. Anche se lo sforzo è stato (ed è), da parte nostra, enorme. L’editoria è uno strano territorio, dentro il quale si trovano anche moltissime barriere. Il nostro primo Quaderno quadrone, stampato nel novembre 2012, “Che mestieri fantastici!” (due racconti scritti da me: “Il riparatore di nuvole” e “Il cercatore di parole”), ha avuto – per una particolare combinazione – i disegni di Tullio Pericoli, l’introduzione di Stefano Bartezzaghi. Poco dopo, è arrivato l’invito alla trasmissione di Corrado Augias, “Le storie”, su Rai 3. Siamo stati fortunati. Poi bisognava crederci, e continuare. È comunque una bella impresa organizzare nuove pubblicazioni, coinvolgere altri autori e illustratori, occuparsi della distribuzione e della comunicazione. È un lavoro coinvolgente e faticoso.

Di solito iniziamo scegliendo un autore, del quale apprezziamo stile e contenuti, fidandoci della storia che vorrà proporci. Libero di scrivere ciò che vuole. Ci piacciono le storie fantastiche, anche surreali, che però contengano un “senso” (la morale?), che vale come scambio tra chi scrive e chi legge. Qualcosa che poi possa aprire altri percorsi. Dopo di che, scegliamo l’illustratore o l’illustratrice. Anche qui, piena libertà espressiva (evitando però di essere troppo didascalici nel racconto con le immagini). Anche chi farà l’introduzione ha un ruolo importante.

 

cop3_rroseselavyLe introduzioni. Anche qui i nomi sono tanti e importanti: Ascanio Celestini; Beatrice Masini; Franco Lorenzoni (il mio maestro del cuore); Mario Martone; Grazia Verasani; Sandra Petrignani; Lidia Ravera e tu stesso. Un miscuglio di nomi accreditati all’interno della letteratura per ragazzi come Masini o dei temi legati ai fanciulli come Lorenzoni, ma anche tanti nomi non “comuni” per la narrativa per ragazzi, benché di prestigio. Anche questo dimostra alcuni elementi, a mio vedere, caratteristici del vostro progetto. Da una parte un superamento della dicotomia di genere, includendo anche scrittori che non hanno una vocazione distinta per ragazzi; dall’altro una passione per l’ibrido, il non visto e dunque il non detto; una ventata di novità.

Che valore hanno le introduzioni nei vostri libri? Io ricordo che da bambina erano pagine da saltare, per poi scoprirne tutta la loro potenza illuminante da grande. Ancora adesso come vezzo da lettrice non leggo l’introduzione prima, ma dopo aver letto il libro.

Inoltre la presenza così strutturata e fissa delle introduzioni, dimostra anche che non sono solo i ragazzi i vostri interlocutori, ma che i vostri libri soddisfano anche le esigenze degli adulti. La trasversalità di lettori di ogni età è un dato di fatto implicito nella letteratura per ragazzi (io sarei più propensa a usare la definizione “letteratura per adulti” per quei libri che non è utile che i ragazzi leggano), ma è come se voi attraverso la visibilità, anche sulla copertina, che date alle introduzioni, la voleste come sottolineare.

Le introduzioni sono importanti. Ti aprono la porta e ti danno il benvenuto. Sono una voce narrante che si aggiunge a quella degli autori (scrittore/scrittrice, illustratore/illustratrice). Le introduzioni nei nostri Quaderni sono brevi, e certo non è facile mettere insieme un veloce riassunto, una significativa riflessione e un’onesta considerazione in poco spazio. I nomi che scegliamo sono una garanzia professionale e intellettuale. Sono persone anche molto note e per noi di Rrose Sélavy la loro partecipazione rappresenta una verifica, un apprezzamento verso ciò che facciamo. Dal momento che, per una involontaria combinazione iniziata con i primi titoli, gli “introduttori” scrivono senza compenso (solo il nome in copertina e una scheda biografica all’interno, al pari degli autori), accettare di scrivere per noi significa aderire a un progetto che considerano interessante. Se così non fosse, declinerebbero con un “Grazie, ma i molti impegni non mi permettono di…”.

In effetti, come hai notato, cerchiamo di coinvolgere anche gli adulti (genitori, insegnanti), sia perché sono loro che scelgono e acquistano i libri (al di là di specifici casi in cui è il bambino a scegliere perché ha visto un cartone in tv, trasformato subito in un libro), sia perché una storia ben scritta (stile e contenuti) va altre i limiti anagrafici.

A noi interessa che esista una buona intesa tra chi scrive l’introduzione e il Quaderno che proponiamo. Ecco perché mescoliamo “i generi”.

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rroselogoPiccola precisazione: faccio bene a usare il plurale “voi” per Rrose Selavy?

Rrose Sélavy, piccolissima casa editrice, è gestita da due persone a tempo pieno in redazione. C’è poi il lavoro costante di un grafico editoriale e di due collaboratrici esterne che si occupano dei rapporti con i festival e le scuole. Un plurale costruito su autonomie, comunque ben amalgamate. Abbiamo molto da imparare e molti progetti da realizzare. Ci vuole tempo, e in questo mestiere il tempo corre, ma non va di fretta.

 

imagesNelle due domande precedenti era il mio sguardo, ammirato e affascinato da una realtà editoriale tanto bella, a puntarsi su quelle che a me sembrano particolarità e caratteristiche di Rrose Selavy. Ti passo il testimone, Massimo, e ti chiedo quali sono, invece, gli elementi del vostro progetto che voi giudicate fondamentali. Su quali maggiormente puntate la vostra attenzione e ritenete di fare la differenza.

Lo stile della scrittura, lo sviluppo del racconto (una maniera di raccontare), la qualità estetica delle immagini (che prescinde dai generi) e la capacità delle illustrazioni di essere anche simboliche, un po’ surreali. Questi elementi dovranno poi fondersi, per ricavarne nell’insieme una buona impressione.

La differenza è la ricerca di una identità, e questo è l’aspetto più difficile. Quando tutti si sentono differenti ecco che l’originalità scompare. Occorre che un lettore ti individui. E se non hai gli strumenti della comunicazione (la pubblicità) e dell’attenzione (le recensioni) l’impresa è davvero molto ardua, non impossibile, ma faticosa e difficile. La nostra scelta è stata quella del “comportamento al contrario”, che è pure una tecnica della pubblicità (qui viene in aiuto il mio essere stato per trent’anni un copywriter): va di moda il blu? Bene, tu scegli il verde. Che, nella scala cromatica, è della stessa famiglia, anche se diverso. Il verde nasce dal blu e dal giallo. L’originalità è un rischio, quando si comincia.

La “diversità” che caratterizza Rrose Sélavy resta la scelta di autori già noti che non hanno quasi mai scritto per ragazzi. E questa è stata la motivazione che ci ha fatto vincere il Premio Andersen nel 2014 per il progetto editoriale.

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Il premio Andersen mi sembra che sia un riconoscimento più che meritato al vostro progetto di qualità, che nello stesso tempo vi onora e vi fa onore.

Il lettore: soggetto sempre più raro. Quali sono le vostre armi segrete per farlo cadere nella vostra tana? Presentazioni, progetti, rapporti con librai che sanno consigliare, canali diretti con le scuole… o cos’altro? Sbirciando sul sito di Rrose Selavy, mi sembra di aver intravisto qualcosa di molto originale.

Pubblicare libri non è difficile. Scegli uno scrittore, gli chiedi una storia, fai scrivere una introduzione (quando serve) ad un altro scrittore, abbini un illustratore e poi “visto si stampi”. Nel mezzo, un po’ di editing e qualche consiglio. A monte, un piccolo investimento per le spese. Certo, non è proprio così semplice. Ma il complicato e il complesso vengono subito dopo. Promuovere il libro, suscitare interesse, venderlo. Le presentazioni nei festival e nelle librerie sono indispensabili. Uno scrittore sa bene che il rapporto diretto con il pubblico non è solo un fatto di “mondanità letteraria” (conoscere l’autore, farsi firmare il libro). Oltre alla presenza “fisica”, gli autori (scrittori e illustratori) devono costruirsi una visibilità quasi quotidiana attraverso i social. Oggi fa parte del loro mestiere.

Il rapporto editore-librai è l’aspetto che rende “umorale” questo lavoro. Ci sono librai splendidi, dei quali ti fidi (anche nei pagamenti), credono nelle tue proposte. Altri – pochi – invece non hanno cura di ciò che fanno e risolvono con la sola vendita del best-seller, dei libri in classifica (dobbiamo crederci alle classifiche?).

Le scuole. E le biblioteche. Quando scopri che in paesi di appena tremila abitanti c’è una biblioteca, allora il tuo ottimismo ti dà la carica e vai avanti. Nelle scuole si organizzano molto più spesso giornate di lettura, incontri con gli autori, laboratori di scrittura, di teatro, di illustrazione. Il merito va alla caparbietà (fede?) delle maestre e dei maestri, dei dirigenti scolastici, che utilizzano ogni possibile risorsa, anche minima, per “educare”, nel senso autentico del “condurre, guidare” i ragazzi.

Da parte nostra, cerchiamo di “presentare” i nostri autori (che ringraziamo per la loro disponibilità) nei festival, nelle scuole, nelle librerie. Prendendo spunto dalle storie che hanno scritto per noi, organizziamo anche dei laboratori di scrittura nelle scuole primarie e secondarie di primo grado.

È un mestiere davvero particolare quello del piccolo editore (i grandi editori dirigono aziende), in una realtà che tra l’altro ha una strana contraddizione: ci sono più scrittori (pubblicati e non) che lettori. Dovrebbe almeno essere un rapporto paritario. Invece no.

«Così è la vita» come diceva spesso Kurt Vonnegut.

 

qq05Massimo, siamo alla fine di questa nostra chiacchierata che è stata uno splendido viaggio tra le pagine, e non solo, di Rrose Selavy, adesso non ci resta che leggere i bei libri che avete progettato per noi lettori.

Chiuderei con un aneddoto che riguarda la casa editrice e che possa servire come invito alla lettura.

Mi piace raccontare un piccolo episodio che riguarda uno scrittore e noi (non ancora casa editrice per ragazzi). Eravamo a Mantova, spettatori del Festival. 2013. Ovvio che in un Festival così importante gli incontri per strada con gli autori sono più che comuni. «Guarda, guarda, quello è Antonio Moresco» dico io a chi mi sta vicino. Moresco, un metro di distanza da noi, gironzolava tra le bancarelle dei libri. Zainetto in spalla, giubbetto e pantalone jeans, scarpe da tennis.

E dov’è l’aneddoto? dirai tu. Nel futuro. Che riguarderà un progetto insieme, noi e Moresco, e del quale non avevamo la minima consapevolezza. Ovviamente. Io non credo al destino (le storie di premonizione le sanno scrivere solo i bravi scrittori, ma restano delle magnifiche fantasie), però credo che la meraviglia sia utile. Lo stupore del pensare a ciò che non era e che poi è accaduto. E cioè avere Antonio Moresco tra i nostri autori, con il suo “Piccola fiaba un po’ da ridere e un po’ da piangere”, fiaba delicata, struggente, ironica, ambientata in una scuola e sui tetti di una qualsiasi città, illustrata da Gianluca Folì, e con l’introduzione di Sandra Petrignani. Adesso devo cercare un aggancio con “l’invito alla lettura”. Festival della letteratura, quindi libri e libri. Uno scrittore, Moresco, che prima era lontano e ora è un amico, che ha creduto, come altri, nella nostra piccola casa editrice. Quindi: leggete più che potete, fa bene a tutto. Specialmente al futuro. Anche ad inventarselo, il futuro, e magari qualcosa diventa vera.

Chiacchierando con… Massimo De Nardo