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Cosa può avere di romantico un ventilatore? E infatti quando Adriana lo riceve come pegno di amore da Fausto nel 1949 ha subito chiara la percezione che la loro unione non potrà soddisfare le sue velleità e i suoi capricci:

è  per questo che è rimasta così tanto tempo zitta davanti al ventilatore ultimo modello che poi tanto brutto non è. Perché non c’entra niente con tutta la sua vita. Perché le mette davanti agli occhi l’evidenza che chi le ha fatto quel regalo – Fausto, il suo adorato Fausto – non ha capito niente di lei, dei suoi sogni, delle sue speranze, di com’è fatta dentro. E come si può essere fidanzati con uno che non ha capito niente di te? Come si può pensare – essere convinte – di sposare uno che per festeggiare il sesto mese insieme ti regala un ventilatore?

2801432912_f892f96557_oIl ventilatore da oggetto banale e non necessario, o forse per questa sua precipua natura di oggetto non indispensabile,  diviene in “Lo stesso vento” (Voland) di Valerio Aiolli emblema della storia, quella piccola, minuta, che osserva, senza esserne deviata almeno all’apparenza, i grandi avvenimenti storici del Novecento,  spiandoli dal buco della serratura con uno sguardo soggettivo, che forse in ultima analisi, appartiene al personaggio più defilato, quello che meno vive e dunque meno è raccontato: Fausto. Perché nonostante la terza persona, la focalizzazione è interna e soggettiva, ed è questa senza dubbio uno degli elementi più riusciti del libro. Nello stesso tempo, però, i giudizi storici sono ricchi di acribia, mai sventagliata ma sempre ponderata:

è questo che stanno facendo quelle decine di migliaia di tedeschi? Sono convinti di star buttando giù un muro e invece stanno distruggendo uno specchio, lo specchio in cui si sono riflessi per trent’anni?

La Storia in “Lo stesso vento” è un riflesso nelle vite dei personaggi, e questo rende il quadro d’insieme inconsueto e pieno di sfumature.

solitudine3Un vecchio stanco si aggira per la città, nella solitudine e misantropia di una vita, che poi scopriremo ha trascorso nel silenzio e in una mancata empatia con gli altri, a partire dalle persone più amate, la moglie Adriana e il figlio Vittorio. Nel 1999, il giorno prima della vigilia di Natale. Data che ad analizzarla, racchiude il senso profondo del tempo del romanzo: un tempo che scorre inesorabile, ma che ha una connotazione di sospeso e incompleto, che destina le vite a una inconcludenza in cui sembra nascondersi il vero senso e ritmo del tempo. La passeggiata di Fausto suddivide il romanzo in tre parti, in ciascuna delle quali una o due coppie diventano il centro della narrazione: la prima dedicata a Fausto e Adriana, al matrimonio e successivo fallimento, e ad Adriana e al professore, per il quale la donna ha deciso di abbandonare il marito, portando con sé il figlio Vittorio, che copre un arco temporale ventennale, dal 1940 al 1960; la seconda con Vittorio e Francesca, una tenera e giovane coppia di tante speranze recise, nel 1968, e Peppe e Bianca, i genitori di Francesca, strettamente legati a una tragica notte infinita, nel 1981; infine Guido e Andrea, con un amore travagliato nella difficile definizione di sé. A legare, ma soprattutto a modificare le diverse vite dei personaggi, il ventilatore, pegno d’amore e simbolo della vita in generale.

Cos’altro è la vita e l’amore, infatti,  se non un venticello leggero, che non può cambiare la temperatura e il senso del nostro destino, ma solo darci la piacevole e illusoria sensazione che “ci siamo”. Il ventilatore, mi sembra, che somigli all’inanità della vita di Fausto e Adriana, al senso di illusione che la storia di Vittorio e Francesca porta tragicamente con sé riversandosi su quella di Beppe e Bianca come una brezza spostata da una gelida corrente, alla piacevolezza e ristoro che lentamente e non senza rivolgimenti aleggerà nella vita di Guido e Andrea.

7088463E come una brezza leggera e refrigerante, la scrittura di Valerio Aiolli accarezza le storie dei personaggi, usando la dolcezza di un lessico, che non è mai pesante ma sempre pensante e in cui la nitidezza è frutto felice dell’essenzialità.

A lettura terminata non posso che condividere la sensazione di Fausto: io davanti a un libro, lui davanti a un quadro:

che crede di vederci qualcosa che non c’è. Eppure lo vede. Eppure c’è.

Lo stesso vento
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