fabio-stassi-la-lettrice-scomparsaMi piacevano questi due verbi: riconoscere e restituire. Si possono declinare in tante forme. Si riconosce l’amore e l’amicizia, quando si è fortunati; si riconoscono i figli, quando nascono; si riconosce la terra da cui si è partiti, quando ci si  ritorna. E ci sono riconoscimenti più dolorosi, come quello dei morti, quando si ha la necessità di dare un nome a un cadavere martoriato. È strano, usiamo lo stesso verbo per la nascita, per l’amore e per la morte. Ma alla fine riconosciamo sempre per restituire.

“La lettrice scomparsa” (Sellerio) di Fabio Stassi è una storia di restituzione: il grande amore per i libri, per determinati personaggi e le loro storie, la capacità di guardare il mondo attraverso le lenti spesse e iridescenti della letteratura, l’interpretazione delle vicende romanzesche di un personaggio e delle sue scelte che divengono visione del mondo. Ma “La lettrice scomparsa” è anche una storia di riconoscimento: della parte più vera del lettore, dei motivi profondi, personali, introspettivi che spingono gli uomini (anzi per lo più le donne) a immergersi in un romanzo alla ricerca di sé.

Vince Corso è un personaggio eminentemente letterario, sin dalle sue origini che per certi versi, con la notazione sul cognome, ricorda l’incipit di “L’isola di Arturo” di Elsa Morante:

Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome. Avevo presto imparato (fu lui, mi sembra, il primo a informarmene), che Arturo è una stella: la luce più rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale! E che inoltre questo nome fu portato pure da un re dell’antichità, comandante a una schiera di fedeli: i quali erano tutti eroi, come il loro re stesso, e dal loro re trattati alla pari, come fratelli. Purtroppo, venni poi a sapere che questo celebre Arturo re di Bretagna non era una storia certa, solo leggenda…

Anche Vince Corso immagina nobiltà, con conseguente delusione, per il suo nome:

Ma già i nomi sono un oroscopo. E il mio è così chiaro che avrei potuto interpretarlo molto prima. A lungo ho creduto che avesse un’origine nobile e discendesse da un casato genovese o da una famiglia proveniente dalla Corsica. Favoleggiavo di principi, di corsari e capitani di ventura. Invece i Corso, almeno quelli a cui appartengo io, sono come gli Esposito, gli Amodeo, i Benvenuti. Nomi di bambini abbandonati. È una parola che viene da occorso: capitato, successo. Il frutto di un incontro occasionale, come nel mio caso. Oppure da soccorso: assistito, raccolto per strada. Nel più benevolo dei significati, ma anche in questo senso il destino mi avrebbe battezzato sin dall’inizio con una luminosa evidenza. Non ci poteva essere un rimando più esatto, per me.

I libri, e il soccorso.

Ma è un inganno. Non c’è nessuna coerenza, nelle nostre vite, ci siamo solo noi che la reclamiamo. A creare l’universo non può che essere stato uno scrittore fallito: l’ha fatto solo per esercitarsi.

Come Arturo anche Vince è segnato dalla perdita, ma a differenza di Arturo non manca nel suo orizzonte affettivo la figura materna, ma quella paterna, con cui cerca di attuare un collegamento, anche questo nostalgicamente romanzesco: cartoline da ogni luogo che segna la sua esistenza indirizzate all’unico luogo in cui il padre si sia materializzato: l’Hotel Le Negresco di Nizza dove lavorava la madre  e in cui 

Io fui concepito così, nella luce di una mattina d’estate, da una donna e da un uomo che non si erano mai visti prima e che poche ore dopo si sarebbero separati per sempre.

 Dalla morte della madre, ogni giorno Vince scrive una cartolina al padre, con il destinatario vuoto, perché non ne conosce il nome.

COUNSELOR DELLA RIGENERAZIONE ESISTENZIALE: così recita la targa posta sulla porta di una casa in affitto. Biblioterapeuta, un ennesimo disperato tentativo di sbarcare il lunario, dopo anni di precariato nelle scuole di Roma e provincia. È questo l’espediente narrativo che consente a Stassi di presentarci una serie di eroine dei giorni nostri, che sembrano provenire dalle pagine della letteratura, ciascuna alla ricerca della soluzione di un diverso problema esistenziale, ognuna con una spiccata originalità e ritratta con la consueta lieve e incisiva perizia dello scrittore per le pieghe più profonde dell’animo femminile. Nell’ultima, una vecchia attrice che non riesce più a leggere per un problema alla vista, sembra di riconoscere Soledad di “Come un respiro interrotto”, il precedente romanzo di Stassi, e quasi si rimane dispiaciuti che lo scrittore non abbia voluto tracciare con più forza e coerenza questo legame.

Il mestiere di biblioterapeuta consente anche di tracciare una personalissima storia della letteratura mondiale, un canone letterario dell’anima e del cuore, in cui il lettore può riconoscersi, incuriosirsi, o (estrema felicità del romanzo) partire per un percorso proprio di riconoscimento e restituzione. Da Hemingway a Paul Austen, da Silvio D’Arzo a Tomasi di Lampedusa, da Amado e Tomàs Eloy Martìnez, alla lista completa dei consigli di lettura di Vince posta in appendice al romanzo. Ma molto più numerosi sono i riecheggiamenti, i suggerimenti invisibili. Uno tra tutti Gadda del “Pasticciaccio”, sin dall’incipit:

Mi diede appuntamento in un bar di via Merulana, a due passi dalla Basilica di Santa Maria Maggiore.

In un romanzo straordinariamente letterario non poteva mancare una scomparsa, (la signora Parodi attempata vicina di casa, che è la lettrice scomparsa del titolo) e una soluzione del mistero che fa riferimento ai temi più cari alla letteratura: l’effimero, la copia, il doppio, l’amore perduto e le sue diverse accezioni, la realtà e le sue apparenze.

Anche la città di Roma, da teatro consumato di pagine e pellicole, nella scrittura di Stassi prende un vigore esistenziale che la rende riconoscibile e nello stesso tempo inedita:

Ho sempre pensato che Roma si può vivere soltanto di notte, ma è al crepuscolo, nell’apatico interregno che precede la cena, che si rivela a chi la voglia guardare per davvero. Qualcuno ha scritto che in nessun altro luogo del mondo è più teatrale il senso dell’effimero e dell’eternità, più incerto il confine tra il sacro e il potere. Di sicuro, da nessun’altra parte si avverte con lo stesso sconforto tutta la coerenza e l’insensatezza del Tempo e della Storia. No, nessuna città può essere più triste e atea di Roma, in certe sere.

Come sempre Fabio Stassi è scrittore di atmosfere, creatore di mondi letterari dai tratti fortemente realistici, eppure con un anelito all’eccezionalità e all’unicità. Suonatore di parole, come un pifferaio magico che attrae, incanta, cattura. Se in altri romanzi aveva dato vita romanzesca a figure reali, come Capablanca o Charlie Chaplin, con Vince Corso il gioco è più sottile. La somiglianza di Vince con Depardieu. A sottolineare ulteriormente la connessione narrativa tra realtà e finzione, tra ciò che è e ciò che sembra, tra la vita e il romanzesco. Tra il personaggio letterario (Stassi è autore anche di “Il libro dei personaggi letterari”, minimum fax) e l’uomo reale.

Con ogni nuovo romanzo Stassi mostra ai lettori un angolo inedito del proprio mondo letterario, la cui autenticità piena e profonda risalta nei rimandi e nei collegamenti, sottili ma persistenti, che uniscono tra loro i vari romanzi da lui scritti. Una voce capace di rinnovarsi sempre, eppure sempre perfettamente riconoscibile.

Che la voce degli scrittori che amo è qualcosa che viene da sotto i piedi, ha a che fare con ogni centimetro della loro pelle, vive dietro le unghie e arriva fino alla testa. Si riconosce al primo suono. 

E non crede che se è incisiva, e sufficientemente onesta, possa diventare uno specchio che contiene tutte le voci del mondo?

Per me è così, Fabio Stassi è uno specchio, che contiene tutte le voci del mondo, e sa cantarle e modularle come nessun altro al mio orecchio.

La lettrice scomparsa
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