Lisa Ginzburg ha una scrittura in levare, che sembra simulare i passi di danza, i talloni alzati dei ballerini, con delle lievi anastrofi nella prosa che scandiscono dolcemente un ritmo e segnano il passo della narrazione.

“Per amore” (Marsilio) è un libro complesso: dolce e sofferente, vitale e sensuale, ossessivo e funesto.

Ramos e Vituca: brasiliano, carnale, focoso, scostante e irrisolto lui; italiana trapiantata a Parigi, razionale, gelosa, a tratti faticosa, ingombrante lei. Si amano, si sposano, si cercano e si aggrovigliano in sentimenti contrastanti, di forte attrazione e intesa sessuale, ma di insanabili divergenze culturali, caratteriali e di aspettative per il futuro.

La loro storia d’amore si muove tra l’Europa, dove spesso Ramos è impegnato per lavoro, e il Brasile, terra di povertà e di riti ancestrali, in cui i ritmi della vita quotidiana sono completamente capovolti. Tirare fino a tardi, abbandonarsi a lunghe bevute, nella promiscuità dei corpi e nella sensualità dei movimenti.

Ramos, ballerino e coreografo di Orixàs, carismatico ed enigmatico, vive con la propria terra e la propria, numerosa, famiglia un rapporto intenso quanto frastornante. Vituca, dopo un’iniziale infatuazione, guarda all’una e all’altra come a un ostacolo al loro rapporto e un presagio di fine. Quando Ramos decide di cedere al forte richiamo delle proprie radici, lascia definitivamente l’Europa e si trasferisce stabilmente in Brasile, Vituca percepisce il gesto come una separazione e come tale lo vive, in un lutto precoce carico di fatali avvertimenti.

Emblema della contraddizione dell’amore e degli amanti è la chácara, l’enorme residenza che doveva essere il coronamento di un felice sogno d’amore, non diventa spina nel fianco per Ramos come visibile tradimento delle proprie radici proletarie e cedimento alle lusinghe del benessere economico, ma anche teatro efferato del delitto, e in cui si svela il segreto che ha sconvolto e stravolto la vita di Ramos.

Molti i litigi, nei mesi che seguono l’acquisto della chácara. Conflitti pieni di passione, poi placati da riconciliazioni ardenti. Scontri che lei dentro di sé fa capriole per considerare beneauguranti, sebbene tanto faticosi da gestire. Quella crisi li farà evolvere verso nuove e più profonde intese, si ripete. Il pensiero di avere commesso un grave errore comprando la chácara la sfiora, a tratti. Ma è il tempo della costruzione dell’amore. La vita guarda al futuro, lei guarda oltre. Paladina dell’incanto: volutamente sorda a quanto chiaro le parlino, certe percezioni.

Lisa Ginzburg scrive un romanzo pieno, corposo, con una prosa di calviniana leggerezza. Il dolore, l’amore, l’impossibilità di un incontro emotivo, il solco che le distanze scavano nei cuori, fino al crudele epilogo anticipato sin dalle prime pagine: la morte violenta di Ramos, che affonda nella povertà e nella delinquenza miseramente pasoliniana della sua terra. Una scrittura che sa dare voce al dolore, quello più intimo e profondo, con una nitidezza formale e lessicale di forte impatto.

Non solo un romanzo sull’amore, che nasce nelle viscere del dolore e si attenua nella placidità della parola, ma anche il percorso, tutto femminile, per ritrovare la parte più vera di sé, per prestare orecchio alle vibrazioni del cuore, e per tornare ad essere in sintonia con una conoscenza più profonda e vera di quella del reale. In questo credo che “Per amore” sia un romanzo estremamente biografico, alla stregua di “L’anno del pensiero magico” di Didion, in cui però si conserva la necessità di attenuare il biografismo dei sentimenti nel romanzesco delle vicende, e in certa letterarietà degli esiti: la morte di Ramos è un chiaro omaggio alla figura ugualmente carismatica e complessa di Pasolini; il Brasile è lo stesso mondo straordinario e ricco di contraddizioni come di straordinaria umanità di Amado.

Entrambi i protagonisti devono fare i conti con le loro ombre: Ramos con gli impulsi più reconditi di sé; Vituca con il ruolo di donna emancipata e indipendente messo in crisi dall’amore per Ramos.

Come in una danza, il tempo si attorciglia su stesso, segue i ritmi del cuore tra presente, passato e presagio del futuro. Senza lasciare che il lettore si distragga da una dimensione atemporale, che rende ancora più lancinante il dolore, la perdita e la scomparsa, non semplicemente legati alla morte, ma al concetto stesso d’amore che Lisa Ginzburg indaga con particolare cura e attenzione. Un amore folle che nasce dall’intuito di un riconoscimento, che si sostanzia della diversità e si perde nella distanza, senza mai riuscire a dividere gli amanti, ma costringendoli tra le sue spire, a volte soffocanti e mortiferi, come un’insana promessa di redenzione. La stessa morte di Ramos non farà altro che sancire shakespearianamente l’immortalità dell’amore, in una beffarda quanto vana vittoria sulla morte. L’amore resiste, sembra volerci dire la scrittrice, ma il dolore lo rende infausto.

“Per amore” di Lisa Ginzburg è letterariamente quello che le coreografie degli Orixás rappresentano nella danza:

Il fuoco di Ogum e Iansã, la terra di Oxossi e Xangô, l’acqua di Oxum e Iemanjá, il vento e l’arcobaleno di Oxumaré. Architetture dei corpi: coreografie di pura bellezza, nelle quali ogni condizione dello spirito – dolore, allegria, collera, emozione – sembrava poter esistere insieme, e fluire.

Le danze omaggiavano divinità dell’Africa rielaborate dalla cultura brasiliana. Figure del corpo a imbrigliare energie della natura, quelle stesse che in Brasile predominano sugli umani, li schiacciano con la loro forza.

Per amore
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