Saranno sicuramente gelose la Nera e la Scepa (le due fate silenziose e bizzose che proteggono e guidano Evelina, protagonista dell’esordio narrativo di Simona Baldelli, “Evelina e le fate”) quando scopriranno nel nuovo romanzo, “La vita a rovescio” (Giunti) il personaggio fascinoso di Bradamante, che ricorda da vicino, pur con mille differenze, la funzione di guida e mentore che anche loro svolgono nel primo romanzo, e che crea un legame sottile ma suggestivo tra i due libri.

Nello specchio passò un cavaliere al galoppo, si accostò alla superficie e si tolse l’elmo. Aveva i capelli corti e biondi, intrisi di sangue. Era Bradamante, sicuro. La donna cavaliere le stava indicando la via.

Bradamante appare nel momento fondamentale in cui Caterina, protagonista del romanzo, che in un sola notte ha visto il suo mondo messo sottosopra, divenendo fuggiasca, ladra e strega, è partorita per una seconda volta, maschio, come Giovanni Bordoni, prendendo il cognome della fanciulla amata, e con cui è stata scoperta, Margherita, motivo della sua fuga precipitosa da Roma, dove la madre di Margherita ha minacciato di accusarla di sodomia. È stata proprio Margherita a presentare Bradamante a Caterina, leggendole del suo amore per Fiordispina, nell’”Orlando innamorato” del Boiardo. Libro galeotto, che segnerà i due amori fondamentali, tra le tante donne amate eroticamente da Giovanni Bordoni, e che metteranno in subbuglio e a repentaglio la vita della protagonista, sancendo una prima volta il passaggio da donna a uomo, e la seconda il ritorno alla femminilità, inviolata e vergine di Caterina. Un gioco tra identità, che non si lascia ingabbiare in nessuna ideologia, ma che si svolge come un processo di formazione e di maturazione individuale, innestato in una più vasta ed ampia, quanto lucida, analisi sui ruoli sociali del maschile e femminile, con la forza di un’indagine introspettiva capace di mettere allo specchio non solo preconcetti, ma modi nascosti e invisibili di essere e pensare.

Simona Baldelli alla sua terza opera narrativa conferma da un lato la sua scrittura piena, matura, consapevole che ha segnato già il suo esordio, dall’altra il ruolo “scomodo” che ha affidato ai suoi libri. Come “Il tempo bambino”, un romanzo difficile quanto bello, in cui sfiorando il tema della pedofilia in realtà si punta il dito su un uso strumentale e pericoloso dell’infanzia, privata della sua verginità e gettata in pasto all’”orco cattivo”, così anche “La vita a rovescio”, con la chiarezza di un dettato che non indulge a facili sconti, indaga sul potere, quanto sia maschile e quanto negato alle donne. Ma anche quanto la sete di potere faccia perdere la verità su di sé, e trasformi in altro più di qualsiasi mascheramento.

Simona Baldelli ha la felicità di una scrittura sobria che non cede ad orpelli o a fanfare, ma che con un suono chiaro e armonioso costringe a riflettere, a soffermarsi, a non rimanere sulla superficie ma scendere nella voragine burrascosa dei sentimenti, dei comportamenti, delle dinamiche sociali e storiche. Nello stesso tempo la scrittura è modulata sulla narrazione in maniera così stretta, che ognuno dei tre romanzi che la scrittrice ha all’attivo potrebbero essere scritti da tre persone diverse. In “La vita a rovescio” Simona Baldelli si affida al teatrale, all’importanza dei gesti e dei dettagli, si sofferma sui particolari, sa rendere il movimento e persino il suono di vesti, capelli al vento, puzzo e imbellettamenti.

Chi più del teatro ama il mascheramento? E “La vita a rovescio” è essenzialmente una storia di mascheramento: Caterina Vizzani fugge da casa e da Roma dopo essere stata scoperta in atteggiamenti “osceni” con Margherita, non solo donna come lei, ma anche socialmente più in alto di lei. Comincia così la sua storia di vagabondaggi, nei panni di Giovanni Bordoni, tra alterne fortune, che rendono il romanzo picaresco e avventuroso, con un’attenzione ai dettagli storici e di costume. Dalla Roma pontificia ad Anghiari, passando per Librafatta, la storia si conclude a Siena, nell’ospedale di Santa Maria della Scala.

Costretta a travestirti per sfuggire alla cattiveria degli uomini. Il mondo non è fatto per le donne

La vita di Caterina Vizzani, che è storia vera, di una giovane nel Settecento, lo dimostra esemplarmente, in un libro ricco di colpi di scena, di mutamenti e trasformazioni, di alterne fortune e di personaggi, figure, luoghi, ambientazioni e interni.

“La vita a rovescio” è anche un romanzo sull’amore. Sul diritto di ognuno ad amare. E nello stesso tempo quanto il potere e l’amore possano trovarsi in disaccordo. Quanto l’identità sessuale possa pesare sulla pienezza di vivere l’amore e imporre scelte di vita drastiche, rinunce e tormenti, fino al sacrificio estremo di sé per vivere nel mondo dei libri, come Costanza, una delle figure più complesse e repellenti e fragili del romanzo, terza donna a causare un rivolgimento nella vita di Giovanni Bordoni, motore di passaggio dalla prima adorata Margherita alla seconda infantile e capricciosa. L’amore è negato a Caterina, questa la vera tragicità del suo destino. Non la passione, che il destino le concederà a piene mani, concedendole innumerevoli amanti. Elemento con cui Simona Baldelli mette in atto uno dei tanti rovesciamenti del romanzi: Giovanni Bordoni non cerca il piacere nell’atto sessuale, ma è destinato ad elargirlo, eccezion fatta per Françoise-Catherine, donna fatale e generosa nell’amore, quanto volubile e dispettosa.

Non a caso è proprio a uno dei dialoghi tra Giovanni/Caterina e Françoise -Catherine, due donne a loro modo e diversamente libere, che Simona Baldelli affida la chiave interpretativa del romanzo intero:

“Avreste voluto nascere uomo?”

Pensò attentamente alla domanda. Gli piaceva essere una femmina, ma la vita dei maschi era più conveniente e la protuberanza lo aiutava a sentirsi potente. “No” rispose, “ma gli uomini sono i padroni del mondo e voglio esserlo anch’io.”

Lei rise e, con un salto, si sedette sul materasso. “Avete ragione. Noi donne ci contentiamo del potere che esercitiamo sugli uomini. Usiamo la nostra intelligenza per manipolarli, ottenere favori, regali.” Si portò le mani ai capelli e si liberò delle forcine. “Se impiegassimo lo stesso sforzo per farci strada potremmo ottenere da sole quel che ci spetta, senza attendere l’elemosina di nessuno.” Sollevò il tuppè e lo posò sul comodino. Non aveva il piattino e i capelli erano soffici e lucenti. “Sapete cosa impedisce a una donna di avere lo stesso potere di un maschio?”

Giovanni beveva attento le parole di lei.

“Un’altra donna. Le nostre armi migliori le usiamo per combatterci, quando basterebbe liberarci di un solo uomo per capovolgere le regole. È così, mio caro, noi ci facciamo la guerra e loro vincono la battaglia.” Lo prese per i fianchi e lo tirò verso di sé. Cercò il nodo del cordino e gli tolse il piuolo. “Questo non serve” disse sdraiandosi. “Ho voglia di qualcosa che solo voi mi potete dare.” 

La vita a rovescio
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