Un battito scandisce la prosa di Il paese dei segreti addii (Hacca) di Mimmo Sammartino. Il battito del cuore che si traduce in poesia, e che narrativamente diventa il canto di un usignolo, preveggente di morte e dolore.

Il battito della malinconia che si sposa con la nostalgia di un tempo che fu, abitato da spiriti indomiti pur essendo tra la schiera dei vinti.

Il battito di un orologio che scandisce un tempo sospeso, in cui i dettagli storici sono particolari introspettivi per dare spessore ai personaggi, più che delimitare temporalmente le loro vite in quella sospensione d’Appennino in cui è ambientato il romanzo: la prima guerra mondiale nelle gambe “sciancate” di Michele, l’occupazione delle terre nella ballata di Cristobaldo.

Un romanzo che si affida ai personaggi, che ne percorre le esistenze in tondo, avendo come perno la figura di Geremia, la sua vita tormentata che può essere considerata come un lungo, sofferente, segreto addio alle persone amate: Giuditta prima, la famiglia d’origine, Tobia, Giuditta seconda e infine Habel. Intorno a lui i compaesani di Pietrafiorita, ciascuno con il destino dei sopraffatti: Catafero, Rosina, Mago Mingo, Don Fulgenzio e il maresciallo Carmelo, Cataldo. Anime sperdute di un luogo dimenticato dalle mappe geografiche, in cui si può capitare solo per sbaglio.

Vita e morte si intrecciano e si confondono, fino a coincidere in uno estremo, definitivo sacrificio: quello del vino versato misto al sangue. Estremo rito di congiunzione tra chi era e chi è, pace suprema perché lo strazio, oltre una certa soglia, non può più fare male.

Un canto d’amore, pieno di struggimento, con una lingua lirica carica di sentimento, preziosa e precisa nell’aggettivazione, che si sostanzia di levità e indeterminatezza.

Una voce originale con un tono notevole di unicità quella di Mimmo Sammartino, che con Il paese dei segreti addii  sembra rivestire con note nuove i temi più cari della sua precedente produzione, da Vito ballava con le streghe (Sellerio) a Un canto clandestino saliva dall’abisso (Sellerio), in cui il ricorso alla struttura più tradizionale del romanzo nulla toglie alla sfera più intima e lirica con cui lo scrittore lucano riesce a cantare i sentimenti, quelli più ovattati e meno visibili.

Pur inserendosi nella linea verghiana dei vinti, Mimmo Sammartino racconta con partecipazione emotiva e sentimentale di un mondo che affonda nelle nostre radici, un mondo che sostanzia l’essenza profonda dell’uomo più ancora che il senso storico o geografico delle vite dei personaggi.

Il paese dei segreti addii svela un senso nuovo del meridione: un meridione senza tempo, che è nozione dell’animo umano più che indicazione territoriale. Un mondo segreto, che ognuno di noi si porta dentro, e che seppure sotto forma di un addio, sembra essere sostanza di una forma precisa di humanitas.

Nessuno più vide il cantastorie di Pietrafiorita. E Geremia si convinse che Cristobaldo fosse solo un angelo. L’angelo dell’annunciazione per i sogni dei pezzenti. Sogni sempre sopraffatti. Spesso traditi. Ma comunque sogni. E pensò che essi fanno spavento per il solo fatto di essere sognati.

“Custodiscono una loro grandezza indomabile i sogni”, si disse Geremia avviandosi verso il suo eremo.

Cristobaldo era un vento. Lui una solitudine perfetta.

Il paese dei segreti addii
Tag: