Amara Lakhous è uno scrittore algerino, che vive a Roma dal 1995. Il suo secondo romanzo, in arabo, è stato pubblicato nel 2003 ad Algeri con il titolo Come farti allattare dalla lupa senza che ti morda, successivamente riscritto in italiano, pubblicato da E/O con un titolo ammiccante alla commedia all’italiana del nostro cinema, Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio. L’ascensore è il punto focale del romanzo, in cui confluiscono gli incontri, le attenzioni, i litigi, i battibecchi, le ossessioni dei condomini del palazzo, inclusa la portiera Benedetta e dentro al quale si consumerà l’omicidio del Gladiatore, il condomino più odiato e odioso. L’evento delittuoso, con la conseguente accusa contro il condomino Amedeo, il più amato e benvoluto da tutti, è l’occasione per indagare nei precari equilibri di un microcosmo che è emblema e rappresentazione del mondo multietnico e composito, dalle mille sfaccettature di  una città come Roma e in particolare della zona di piazza Vittorio. Pregiudizi, ignoranza, soprusi, frustrazioni, solitudini, ma soprattutto incomunicabilità e indisponibilità alla conoscenza reciproca sono descritti con una vena sottile e felice di ironia, che smaschera i preconcetti e le banalità dell’approccio all’altro. Bengalesi scambiati con Pakistani, Iraniani scambiati con Albanesi, Peruviani scambiati con Filippini, e persino, qui l’ironia più sottile e profonda del libro, immigrati scambiati per italiani. La polifonia di voci e di ottiche, di sguardi e di sbagli, grossolani e divertenti, è resa da una struttura narrativa frammentata: ogni capitolo è la versione fornita da un condomino (eccezione per il primo personaggio in scena, l’iraniano Parviz, che non abita nel condominio, ma lo frequenta assiduamente) per quanto riguarda l’omicidio avvenuto nell’ascensore, alternati a pagine (di diario?) di Amedeo, personaggio centrale e unificatore dei diversi destini e personalità del condominio. Vediamo così sfilare in una galleria variegata e ben congeniata l’iraniano Parviz con la nostalgia lancinante di Shariz e della sua famiglia; Bendetta Esposito, la portiera napoletana, immigrata interna, con la sua esilarante confusione etnica e il suo ingenuo razzismo; Iqbal Amir Allah, bengalese con il suo incompreso problema dei nomi, che Amedeo non solo risolverà ma di cui ci fornirà anche una interpretazione emotiva profonda e partecipata; Elisabetta Fabiani, con il suo amore smodato ed eccessivo per Valentino, il suo cane, che nasconde una grande solitudine; Maria Cristina Gonzales, peruviana, con il suo desiderio doloroso e sofferto di una famiglia; Antonio Marini, docente universitario che viene da Milano, razzista sottile e per questo più urticante; Johan Van Marten, giovane olandese, amante del cinema neorealista italiano, con il sogno di girare un film con i condomini di piazza Vittorio; Sandro Dandini, il prototipo del “romanaccio” con una sfegatata passione non per il calcio ma per la Roma; Stefania Massaro, dolce e comprensiva compagna di Amebeo; Abdallah Ben Kadour, algerino, che svelerà una parte del mistero ed infine il commissario Mauro Bettarini, che con una doppia versione chiarirà il giallo con neutralità e competenza.

Il dolore dei destini umani, la sofferenza profonda delle loro storie è addolcita dall’ironia con cui tutte le situazioni, anche le più difficili, sono presentate. Nelle pagine di Amedeo invece troviamo la riflessione umana, profonda, compartecipe, simpatetica con gli altri e la loro solitudine; una grande comprensione di certi meccanismi e atteggiamenti tipicamente italiani; il dramma esistenziale che non si traduce in chiusura e rigetto, ma in disponibilità e attenzione.

Come il cinema neorealista italiano ci ha dato forse l’immagine più esatta e veritiera di una certa Italia in un dato momento e contesto storico, così da questo romanzo possiamo capire tante e molte cose sulla nostra identità, sul senso profondo di appartenenza, sul valore della cittadinanza, sull’importanza dell’integrazione e della conoscenza di sé e degli altri.

Ricordo che dal libro è stato tratto il film nel 2009, diretto da Isotta Toso.

Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio
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