I vicini scomodi

Roberto Matatia con I vicini scomodi (Giuntina, 2014) dà con disarmante semplicità testimonianza del pezzo della sua famiglia falcidiata dalle leggi razziali. L’occasione per approfondire le proprie radici ebraiche, conosciute fino a quel momento con superficialità, nasce dalla consegna delle lettere della giovanissima Camelia da parte del suo innamorato, ormai vecchio signore, Mario.

Attraverso le lettere Roberto Matatia ricostruisce la voce di questa ragazza, dolce e delicata, che dagli agi di una vita borghese si ritrova, a soli diciassette anni, nella desolazione della guerra e nello sfregio delle leggi razziali. Intrecciata alla sua voce quella del padre Nissim, ebreo greco che in Italia ha fatto fortuna diventando pellicciaio, insieme con i due fratelli Leone e Eliezer. Simbolo del successo e del benessere è una villa a Riccione, adiacente quella del Duce. Con il tempo i Matatia, da rispettati commercianti, ben visti dal fascismo e dal Duce stesso, diventeranno vicini scomodi, sgraditi, di cui vergognarsi. La vendita della villa di Riccione segna così ineluttabilmente la fine tragica della famiglia. Non sfuggiranno alle persecuzioni razziali: di Nissim, della moglie Matilde e dei tre figli, Beniamino Camelia e Roberto, solo il primogenito è sopravvissuto ad Auschwitz.

Di I vicini scomodi colpisce il tono, semplice franco colloquiale, con il quale si cerca di dare forma ai pensieri e alle emozioni dei personaggi, con l’intento, riuscito, di renderli vivi e veri. Dall’intrecciarsi delle voci di padre e figlia non solo prendono corpo gli altri esponenti della famiglia Matatia, ma si delinea la vita nella provincia romagnola all’epoca del fascismo nella quotidianità, poi sovvertita dalle leggi razziali e infine dalla guerra. Si avverte la partecipazione affettuosa e sentimentale del narratore, ben tradotta nella prima persona con cui viene narrata la storia.

L’importanza del libro risiede nella testimonianza indiretta di cui si fa carico. Sempre più necessaria con lo scorrere del tempo, in cui le voci dei sopravvissuti, per ragioni anagrafiche, si vanno assottigliando. É la generazione di chi non c’era, dei nipoti dei testimoni diretti, a dover dimostrare di tenere saldamente in pugno la staffetta della memoria. Il fardello della commemorazione spetta a loro. Con I vicini scomodiRoberto Matatia assolve questo compito con tenacia e sensibilità.

I vicini scomodi
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