“Ogni giorno come fossi bambina” (Garzanti, 2015) conquista sin dall’incipit:

Mi chiamo Arianna e a volte perdo il filo dei miei pensieri e della mia vita. Ma poi lo ritrovo.

Condensa perfettamente il senso e il valore della scrittura di Michela Tilli: grazia, arguzia, introspezione.

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Arianna è una ragazza obesa, chiusa nel suo guscio, ritratta dal mondo, nascosta dietro le parole del blog che scrive. Il suo nickname è AriaLove ed è lì che lascia scorgere la vera se stessa. A scuola è troppo difficile sopportare i risolini pieni di sarcasmo dei compagni. Allora preferisce negarsi e farsi etichettare, da tutti tranne che dall’insegnante di italiano che da quando l’ha scoperta a leggere un libro di Izzo ha potuto constatare la sua ricchezza intellettuale e sentimentale. Ma il 9 in italiano non può salvarla dall’ennesima bocciatura e allora la madre, fredda e distante, la costringe ad andare a lavorare come badante della vecchia madre, Argentina, della sua datrice di lavoro.

Argentina nasconde un segreto in una scatola di latta, che Arianna in modo alquanto maldestro scoprirà. Sarà il movente per un viaggio, che dopo tanti anni riporterà Argentina in Lucania, nel paese d’origine da cui il marito l’aveva allontana per sempre nel lontano 1953, Grassano, caro anche a Carlo Levi. Qui Michela Tilli sceglie una Lucania stereotipata e stantia. Sicuramente un omaggio a Levi, che viene espressamente citato e ricordato, nelle immagini e nelle descrizioni,  che però non corrispondono più alla realtà neppure dei più sperduti paesi, travolti dalla globalizzazione. Difficile ormai vedere seggiole dinnanzi alle case, uomini con mustacchi e donne uscire in ciabatte. Se pure qualcuno di questi elementi persiste, sarebbe motivo di sorpresa folclorica per gli stessi abitanti. Anche l’accoglienza che il paese riserva ad Argentina non troverebbe più spazi e momenti nei paese lucani di oggi. Rimane vera e autentica l’ospitalità privata, intima, parentale che diviene una festa numerosa e allargata, come quella che Argentina riceve dal nipote Giuseppe e dalla moglie, mai conosciuti prima di allora.

Un viaggio senza ritorno quello di Argentina, o meglio un viaggio che è un ritorno, come per Ulisse. Ritrovare se stessa, senza rinnegare nulla della vita passata e delle scelte fatte. Non è una conquista da poco. Il ritorno non è mai un viaggio semplice e di questo Michela Tilli è ben consapevole, evidenziando passo passo il tragitto introspettivo che Argentina deve compiere per maturare e portare a termine il lungo viaggio da Milano a Grassano, sulle orme di Rocco, il perduto amore della giovinezza. Michela Tilli sa rintracciare i tanti interrogativi che si affastellano nella mente e nel cuore di una donna anziana, che sa di essere giunta alla meta del suo viaggio esistenziale e sente la necessità di tirare un bilancio, di fare i conti, di ottenere un risultato.

Anche per Arianna il viaggio in Lucania sarà un momento importante di maturazione e consapevolezza. Un viaggio interiore per lei, perché AriaLove si riconosca in Arianna e diventi più vera e autentica, non sia fatta solo di Aria, ma prenda peso e corpo. Il lettore sa già che la trasformazione è avvenuta, e questa consapevolezza rende ancora più pregnanti le riflessioni e le difficoltà del cammino che Arianna ha compiuto per giungere lì dove il lettore l’ha conosciuta nelle prime pagine.

Michela Tilli sa parlare con leggerezza, senza togliere in spessore introspettivo, della difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo, sia nella giovane età come per Arianna, che al termine come per Argentina. Entrambe non si ritrovano nel loro corpo, nascondono dentro di loro un mondo pieno e fecondo difficilmente intuibile per chi si ferma all’apparenza di ciò che sono. Due estremi anagrafici quelli delle due protagoniste che la scrittrice modula con ricchezza di toni e sfumature psicologiche. Anche il tema dell’obesità, che non manca di momenti di crudezza come un tentativo di stupro, è declinato con un tocco sapiente che sa alleggerire senza snaturare. Una sottile, elegante ironia sfiora le pagine portandovi un soffio di brio, come un piacevole venticello primaverile.

Come già in “Tutti tranne Giulia” (Fernandel, 2012), il romanzo con il quale ho conosciuto la scrittura di Michela Tilli, anche in “Ogni giorno come fossi bambina” l’attenzione della scrittrice si concentra sui personaggi, che sa ritrarre con estrema vividezza. Non solo le due protagoniste, con il loro groviglio interiore pienamente analizzato e mosso, ma anche i personaggi secondari, sui quali lo sguardo di Michela Tilli non è mai superficiale. Come un pittore sapiente riesce a evidenziare con rapide pennellate, pastose e piene, timori fragilità e percorsi interiori. Così avviene per Monica, la figlia di Argentina, e per la madre di Arianna, o anche per Jewel e Seba, giovani blogger. La capacità di Michela Tilli nel ritrarre i suoi personaggi è quello di non consegnarli mai staticamente al lettore, ma di mettere in evidenza un percorso, un movimento intimo, un cambiamento.

“Ogni giorno come fossi bambina” è un romanzo pensoso e meditato, che viene incontro al lettore con leggerezza e grazia.

Ogni giorno come fossi bambina
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