Il titolo di un libro è una promessa. Ogni promessa un debito, dice il proverbio. Christian Raimo con Le persone, soltanto le persone (Minimum fax, 2014) paga il debito contratto con il lettore intrigato dal titolo della nuova raccolta di racconti, dandogli quello che si aspetta: persone, disparate e disperate, con i loro brandelli di esistenze allo sbando, fulminati nel momento della narrazione e abbandonati di punto in bianco, come capita non di rado con le persone e tra le persone.

C’è tutta la nostra contemporaneità nei racconti, impellente e stringente, ma sullo sfondo dei personaggi, a chiarificazione e giustificazione dei loro gesti e dei loro atteggiamenti, perché come promesso dal titolo sono le persone a interessare e focalizzare lo sguardo del narratore.

L’io narrante è prepotente, talvolta invadente, e lo rimane anche quando come nell’ultimo racconto che chiude la raccolta, Il cielo stellato lontano da noi, la narrazione è in terza persona, perché totale è l’adesione di vedute e di visuale con il protagonista.

Dopo tre giorni, qualsiasi posto straniero ti diventa familiare

Sono le prime parole, di quella che potremmo considerare una prefazione, lirica nel senso classico del termine e soggettiva, all’opera, e suonano come una promessa. Anche in questo caso mantenuta da Christian Raimo. Ci si allontana malinconicamente dai personaggi dei racconti, così come faticosamente si è entrati in rapporto con loro. Non succede anche nella vita, con le persone reali? Non succede con i posti stranieri, come promette la prima riga del libro?

Abbandonati tutti i sogni che da bambini ci fanno credere che esistono i maghi e le fate, capaci di cambiare il nostro destino e di trasformarci in principi e principesse (ma poi chissà se anche loro sono davvero felici!) non ci resta, nella faticosa lotta per diventare adulti che affidarci alle persone, e comprendere che

al mondo ci sono le persone, solamente le persone.

Le voci narranti e i personaggi delle storie sono irrisolti, sbandati, fragili, alla ricerca di un loro posto, ma che riescono a stento a definire le proprie esistenze. Eppure il quadro d’insieme ricreato da Raimo non è pessimistico. Lo scrittore li sfiora, li accarezza e poi li lascia andare via dolcemente, e il lettore ha la percezione di averli conosciuti per davvero, e che come nella vita vissuta, ci si perda di vista, senza un perchè e soprattutto senza sapere come sia andata a finire.

L’ordinamento dei racconti è in climax: si parte da un io narrante in cui si può riconoscere una generazione, quella di Raimo che coincide con la mia, per poi arrivare ad un’adesione sempre più piena della visuale della voce narrante con quella del narratore e accorgersi che era proprio quello che Raimo progettava, fino ad arrivare alla sovrapposizione completa in Il gioco sbagliato, in cui l’io narrante è Christian Raimo, alle prese con un personaggio secondario, che porta il suo nome, del romanzo di una giovane talentuosa esordiente.

Nella costruzione di un romanzo Il gioco sbagliato rappresenterebbe la Spannung, il momento di maggiore tensione narrativa, ma in Le persone, soltanto le persone c’è una dilatazione con il racconto successivo, Il tesoro nascosto nel campo, in cui solo accidentalmente scopriamo che il protagonista sempre Christian si chiama.

Sguardo soggettivo quello dei racconti, eppure lucido. Sarà per la scrittura, sempre controllata, articolata, pienamente consapevole.

Al centro della raccolta, punta adamantina di questo immaginario disegno che lo scrittore traccia con i racconti, Calvino contro Pasolini, in cui un io narrante, ormai vecchio, si toglie il peso di una confessione, che è una riscrittura della storia della letteratura italiana della seconda metà del Novecento, attraverso due modelli, che vengono capovolti e ribaltati, anche se il risultato sembra non cambiare nell’economia del quadro letterario.

A collegare tra di loro i racconti, trama sottile e delicata, l’amore, spesso sfilacciato incerto malfermo:

Se segui le nuvole, diventano piuttosto in fretta delle strisce, prima attaccate l’una all’altra, poi nemmeno più. Sono scie bianche. Se non l’hai notato da prima, non ti viene in mente che fino a un’ora fa facevano parte della stessa nuvola. Sto cercando una metafora? Sto cercando un’immagine per dire che quello che sembrava una cosa intera, completa e bellissima, quando si sfascia, non va nemmeno in frantumi, ma si sfibra?

Le persone, soltanto le persone è una metafora del nostro essere nel mondo, il racconto di come siamo, precari del lavoro e della vita.

Le persone, soltanto le persone
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