La luce perfetta del giorno

Non c’è un vero ciclo stagionale in La luce perfetta del giorno di Elena Varvello, (Fandango 2011), ma un rincorrersi perenne e continuo di estati calde e afose e di inverni ventosi e innevati, in entrambi i casi l’impressione è quella di essere abbagliati tanto dal sole estivo quanto dalla neve invernale. La natura nel libro non consola, ma altresì accresce il timore e la paura, il senso di spaesamento e di tremore, che si incarna soprattutto nel bosco che lambisce e delimita le case delle tre famiglie, protagoniste del romanzo, come un limite e un monito. Spesso i vari personaggi, giovani e vecchi, si fermano a guardarlo attoniti, sorpresi, impauriti, abbandonandosi agli interrogativi che la vita pone loro. Siamo a Croci, un piccolo centro abitato del settentrione d’Italia, in cui si incrociano e intrecciano le storie di tre donne: Matilde Anita e Clara, e poi delle loro figlie Monica e le sorelle Aurora e Anna. Ai figli maschi narrativamente spetta un destino crudele, o la morte prematura come per Massimo, il figlio di Anita (vicenda che segnerà ineluttabilmente il destino del nucleo familiare) o una tenue parvenza come per Andrea, il figlio di Matilde, che al di là dell’infanzia (in cui però il suo esserci è mediato dall’ottica della madre) comparirà solo in una scena finale del romanzo, in un cammeo certamente non positivo. Infatti le figure maschili nel romanzo non sono mai del tutto positive e risolute. Sono uomini fragili e scostanti, che vivono all’ombra delle loro mogli, che non sanno chiedere né donare amore, che portano ferite interiori che non riescono a guarire, che non sanno dare e ricevere aiuto e preferiscono il silenzio e l’indifferenza. Sono invece le figure femminili a farla da padrona. Figure complesse e complicate, di cui la scrittrice con profonda introspezione non nasconde spigoli e limiti, ma che conquistano per la carica vitale che sanno dimostrare nelle avversità come nella quotidianità. Donne che conservano una fragilità emotiva e sentimentale, che (questa la felicità del libro, a mio avviso) sanno superare attraverso la reciprocità e l’empatia con le altre, che siano amiche o madri o figlie. Sulla maternità la Varvello getta uno sguardo acuto e doloroso, a tratti lancinante. Solo una donna può descrivere l’intensità del sentimento materno, che è anche inadeguatezza e stanchezza senza edulcorarlo né mistificarlo. Lo sguardo della scrittrice a tratti è fortemente e consapevolmente lucido e crudele, ma proprio per questo tanto più vero e femminile. Su tutte le figure femninili campeggia Matilde, con le sue irruenze, i suoi nervosismi, le sue esuberanze, ma sopra ogni altra cosa una carica ironica eversiva e spiazzante che sa ridere non solo di se stessa, ma anche della malattia e della morte.

Il racconto si snoda frammentario e dinoccolato dal 1969 al 2006, seguendo a sbalzi e saltelli le vicende comuni e quotidiane con la loro dose di infelicità e travagli, di netto superiori ai momenti beati e sereni, dei personaggi. Vite anche banali, se vogliamo, ordinarie, che la Varvello indaga con compiacimento psicologico, di cui scava i sentimenti e le incertezze, i disagi e le incongruenze. Per nessuno di loro la vita è facile, anche perchè sin dalle prime pagine l’ombra e il tema della morte e della perdita si stendono come un drappo funebre su atmosfere e personaggi.

La Varvello è anche poetessa e da questo le deriva una scrittura fortemente evocativa, una pregnanza lessicale ricca di suggestione, uno sguardo assoluto e sentimentale sugli elementi della storia. Uno stile capace di incantamento nei confronti dei lettori, che però è giocato sui sentimenti più che sulle ambientazioni. Leggendo La luce perfetta del giorno per quegli strani meccanismi della memoria che nella mente del lettore portano a galla suggestioni ed emozioni, ho ripensato a Sotto cieli noncuranti della Cibrario, ma se in questo ultimo ciò che conquista è soprattutto il ricreare atmosfere e ambienti legati alla montagna, nel primo invece la malia è distesa sui personaggi nei confronti dei quali la scrittura riesce a tracciare contorni ricchi di sfumature.

La luce perfetta del giorno
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