L'ultimo ballo di Charlot

Non so se vi è mai capitato di sentirvi in particolare sintonia con un autore. Di leggere tutti i suoi libri, perché non ne potete fare a meno. Di trovare piccoli indizi nel testo dell’empatia profonda tra la propria lettura e la sua scrittura.

Io mi ritengo fortunata nel poter rispondere di sì e lo scrittore in questione è Fabio Stassi.

Dopo La rivincita di Capablanca ed È finito il nostro carnevale ho appena terminato di leggere L’ultimo ballo di Charlot, tenuto a lungo sul comodino, come pegno e speranza di una lettura particolare.

Mentre lo leggevo, mi trovavo a pensare alla musicalità profonda della scrittura di Stassi, che nei cambiamenti di scenari e di atmosfere, di personaggi e di situazioni, si mantiene inalterata, ripetibile, ma inafferrabile. Giunta alle Nota finale, mi specchio in questa persistente sensazione di lettura in una riflessione dello scrittore:

Questo romanzo conclude una mia piccola trilogia delle Americhe.

La storia di Rigoberto era la fine di un Carnevale, tra Salvador de Bahia e Rio de Janeiro.

Quella di Capablanca aveva inizio a Cuba e raccontava una Pasqua di riscatto.

Questa di Charlie, invece, è un Natale e parla della nascita del cinema in California.

Nelle mie intenzioni, avrei voluto darle un andamento musicale, orchestrarla in quattro movimenti: allegretto, adagio, andante con variazioni e finale.

Pur avendo letto invertiti i primi due romanzi, mi sono stupita della percezione chiara che i tre testi fossero uniti da un progetto comune e che questo si esplicasse proprio attraverso la melodia.

L’ultimo ballo di Charlot è una lunga lettera che il grande attore scrive all’ultimo figlio, Christopher, avuto in tarda età, quando gli è ormai chiaro che la morte è imminente. La variazione al tema che Stassi inserisce nella vicenda del racconto esistenziale, sono gli incontri che Charlie Chaplin ha con la Morte, in cui riesce, con piccoli stratagemmi che raccontano la sua arte rivista alla luce della vecchiaia, a strappare altri sei anni di vita.

Quello di Charlie diventa il racconto di un viaggio da Londra in America, e poi una volta nel Nuovo Continente, un girovagare costante e impellente del Vagabondo tra strade e incontri, città e paesi, successi e sventure. Siamo agli inizi della storia del cinematografo e Charlie Chaplin ne segna, per i capricci del destino e la certezza della fatalità, i primi passi cominciando come scrittore di didascalie. Lo sguardo di Stassi è quello ammirato di chi il cinema lo ama e attraverso la sincerità della propria passione ne racconta l’epopea. Ma tanti sono gli amori appassionati dello scrittore e straordinarie risultano anche le pagine sulla boxe e ancora di più quelle dedicate alla stampa dei libri.

Dopo essermene andato in giro in lungo e in largo per tutta l’America, finalmente avevo un’occupazione che mi costringeva a restarmene fermo in un posto, con i piedi ben piantati per terra, e che per di più mi obbligava a leggere. Si può dire che imparai a farlo in quella tipografia. Non era passato molto tempo da quando mio fratello Syd aveva dovuto sillabarmi a voce alta in una soffitta la parte che dovevo interpretare in Sherlock Holmes. Da Willie mi dedicai soprattutto ai romanzi. Erano un lusso che avevo potuto concedermi assai raramente. Ma fin dal primo rigo che composi con le mie dita, capii che non si trattava soltanto di leggere e basta. Le parole le stringevo nel pugno, potevo pesarle, misurarle, graffiarmici la pelle: prima di essere qualsiasi altra cosa, per me erano piombo, stagno, antimonio. Da quel momento, e per tutta la vita, le avrei trattate come un giocoliere, avrei cercato per loro sempre la luce migliore.

Giocoliere può essere considerato lo stesso Stassi, che si diverte nel far incontrare il suo Charlie Chaplin con una lunga serie di figure straordinarie, reali ma trasfigurate dalla sua ammirazione e fittizie, a partire da Stan Laurel. Stassi ha la capacità di rubare l’anima dei suoi personaggi e di fissarla sulla pagine con le parole, leggere e sublimi, e con uno sguardo penetrante e illuminante.

Infine c’è l’amore, che non manca mai nei libri di Stassi, che riesce a raccontarlo con accenti commossi e perspicaci:

Christopher, Alice fu la prima ragazza che mi si addormentò accanto. Si scavò un posto tra i miei fianchi, tranquilla, poi si lasciò andare al sonno, consegnandosi totalmente alla mia cura, e io smisi di repirare, perchè è così raro divenire rifugio di qualcuno, anche per pochi minuti e ore.

Non si può non pensare a The Artist  o anche a Hugo Cabret Locandina Hugo Cabret, osannati film sulla nascita e gli inizi del cinema, leggendo L’ultimo ballo di Charlot, ma con quanta maggiore acribia e spassionata ammirazione Stassi fa innamorare di questa straordinaria arte, cantandone gli inizi e uno dei suoi idoli.

L’ultimo ballo di Charlot
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