In Mister Piccolo, il protagonista ironicamente e causisticamente autobiografico di Allegro occidentale, romanzo di Francesco Piccolo pubblicato nel 2003, ognuno di noi può riconoscere un parte o il tutto di se stesso. L’ironia e il divertimento scattano proprio da questa forte e subitanea immedesimazione. Mister Piccolo è l’occidentale che, con tutti i comfort dell’essere giornalista inviato da una grande testata, affronta un viaggio in Oriente (Skri Langa, Hong Kong, Australia) viaggiando in business class, soggiornando in resort di lusso e godendo di tutti i privilegi di una vacanza a cinque stelle. La sensazione è quella di non essersi allontanato, di aver portato con sé l’occidente e di vedere questi posti esotici e lontani con uno sguardo artefatto, da cartolina, mentre una vera esperienza di spaesamento e allontanamento il protagonista ricorda di averla vissuta nei primi anni a Roma, lui che proveniva da un paese del casertano, recandosi da una ragazza sull’Aurelia dalla zona di s.Giovanni in cui abitava. Nel visitare l’Oriente il Mister Piccolo meridionale sa  scorgere il contrasto tra la povertà e la ricchezza, il bisogno e il superfluo, con alcune scene strazianti nella loro semplicità in cui il divario tra ricchi e poveri è così evidente da sembrare paradossale: delle donne colorate nei loro abiti che chiedono al pulmino di turisti di dare loro delle confezioni di thè comprate nella fabbrica per cui lavorano. Richiesta a cui il gruppo di occidentali non risponde, perché intenti a fotografare l’effetto visivo dei loro gesti reso “folclorico” dagli abiti multicolori.

Il romanzo segue una narrazione frammentata, in cui ogni spunto del viaggio è occasione per riportare un aneddoto della vita del protagonista. Esilarante l’esperienza all’Ikea o il racconto della merenda della figlia, in un primo tempo diversificata in base alla casa in cui veniva svolta, che dava alla piccola anche il sapore del luogo in cui si trovava, per poi divenire unica e conformata alle abitudini della propria casa nel tentativo di nonni e zii di piacere maggiormente alla nipote, proponendole ciò a cui è abituata nella sua quotidianità e di cui sanno bene che è ghiotta.

Devo però confessare che, nonostante il tono leggero e ammiccante, l’autoironia spiazzante e divertente, si legge tra le righe una sottile saccenteria cha a tratti disturba. In alcune scene, come l’esperienza con la prostituta nigeriana, c’è una lentezza eccessiva nel ritmo della narrazione, che probabilmente risente delle esperienze cinematografiche dello stesso Piccolo, che diventa urticante. Come snervante e ripetitiva appare l’ottica del narratore, che già prima della metà del libro comincia ad essere prevedibile e meno sorprendente nelle sue riflessioni e nei suoi atteggiamenti.

Allegro occidentale