10 BUONI MOTIVI PER NON LEGGERE

LA FORMA MINIMA DELLA FELICITÀ

di Francesca Marzia Esposito

1 Le schermate dei palazzi, quando arriva la sera, e la città è un luccichio elettrico sperso nel buio. Le molte finestre accese. Tutte accese, tranne una. Tutte spente, tranne una. Le moltitudini. Le esistenze parallele.

2 Dei molti cartelli surreali che frammentano lo scorrere.

3 Di solitudini cercate, volute, perfezionate.

4 Di parole non dette. Di spazi interstiziali.

5 Di mattine in cui ti svegli e non ti sei trasformato proprio in un bel niente, nemmeno in un insetto schifoso.

6 Di facce sconosciute. Del non voler conoscere le facce. Non voler parlare con le facce.

7 Di cose che non smettono di essere tue solo perché non ci sono più.

8 Degli smarrimenti. Di angosce sotterranee, ripetizioni sonore di un mondo blu abisso di luce vertiginoso.

9 Della vita incastrata un giorno da qualche parte, in qualche luogo, in qualche tempo.

10 Della finitezza delle cose infinite. Dell’infinità delle cose finite. Dell’equilibrio nel disequilibrio. Del contare i passi. Numerare le distanze. Organizzare percorsi. Rendere sopportabile la dismisura dell’universo.

Dieci Buoni motivi per NON leggere “La forma minima della felicità”