Mi piace pensare che questa chiacchierata si sia svolta sulla gradinata di piazza s. Alessandro a Milano, nel tempo sospeso del crepuscolo, durante l’abbandono del giorno che muore. Perché anche i luoghi, a volte, nei libri, rimangono impressi nel cuore, inscindibilmente legati ai personaggi e alla storia.

Sono emersa dalla lettura di “Atti osceni in luogo privato” (Feltrinelli, 2015) emozionata come mai. Marco Missiroli scrive un romanzo denso, pensato, importante. Personaggi indimenticabili che prendono un posto stabile in quella galleria che è il luogo magico nella mente di ogni lettore.

Atti osceni in luogo privato. Il titolo del romanzo è perfetto (come l’immagine di copertina, con l’inganno ottico che porta a vedere un dato osceno o una semplice intersezione di linee). Da sempre ho considerato l’oscenità un dato negativo, ma l’indicazione del privato già dal titolo è una traccia sottile per comprendere che al contrario per Libero l’oscenità diventa banco di prova dei sentimenti, in cui forgiare le relazioni, indagare i moti dell’animo e riconoscere se stesso.

Cos’è l’oscenità per Marco Missiroli?

È un sentimento molto variabile. In luogo pubblico è qualcosa che offende, in privato tutto cambia. Cosa è osceno per me può essere una liberazione per un altro. Una libertà. Una felicità. Una contemplazione.

L’oscenità in privato è stato l’azzardo, rincorrere corpi e sentimenti quando non si possono avere. Osservarli con la paura di averli. E poi averli. L’oscenità, a volte, è la liberazione di diventare se stessi.

Per lo stesso Libero il sentimento di osceno è qualcosa di molto variabile. Qualcosa che lo fa soffrire, come avviene per la madre, o qualcosa che lo lega per sempre, come per Marie, o ancora qualcosa che lo fa crescere, come con Lunette, ma sembra che solo superando il senso di osceno, quando esso perde la sua carica di “scandalo”, sia prova di una raggiunta libertà, piena realizzazione di sé stesso.

Più volte nel romanzo si sottolinea il valore del nome Libero, declinato in varie eccezioni, che viene ribadito nel finale. La maturazione del tuo protagonista sembra volta ad “attuare” il suo nome. Nasce Libero oppure il nome è venuto fuori mentre prendeva corpo la sua storia?

Libero è nato prima ancora del libro. E’ il nome di mio nonno, il padre di mio padre, che era un contadino con un’intelligenza vivida e un’ironia pungente. Tutti gli dicevano che avrebbe potuto lasciare la terra per fare altro, ma per ragioni economiche e familiari non se l’è mai potuto permettere. Non era il suo nome. Per cui ho deciso di dare a un personaggio una missione: diventare il proprio battesimo.

Risultati immagini per Atti osceni in luogo privato” (Feltrinelli, 2015)

… concedendo a noi lettori di diventare liberi con lui.

I luoghi sono molto importanti nel tuo romanzo. Alcuni assurgono a rifugio o emblema di uno stato esistenziale, come Deux Magots a Parigi o le scale della chiesa di s. Alessandro o i navigli a Milano.

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Tu tracci una topografia precisa dei passi di Libero che cammina cammina, passeggia e discute, riflette e ama tanto a Parigi quanto a Milano. Non possono essere percorsi casuali, mi sono detta leggendo. Troppa precisione e attenzione, che diventa sentimento. Perché Libero ama tornare nei luoghi e attraverso di essi riappropriarsi della perdita o della realizzazione di un desiderio, che sia erotico o sentimentale.

C’è una traccia personale nel dedalo delle strade e dei camminamenti di Libero? Parigi e Milano, che si intrecciano indissolubilmente alla “formazione” di Libero tanto che pare che non possa “essere” in città diverse da quelle, sono scelte letterarie o autobiografiche?

Parigi per Libero è l’iniziazione, nella magia, nell’incantesimo culturale e sociale di una stagione ancora pura. Ma è anche un’illusione. Milano è la formazione, è una città burbera ma che fa crescere se rimani te stesso. Cercavo questo, luoghi che mettessero alla prova un se stesso che deve ancora diventare se stesso. La piccola magia di Milano lo permette, più della grande magia di Parigi. Al centro, c’è la trasgressione di New York che infrange le certezze. Ogni luogo, dai Deux Magots alle scalinate di Piazza Sant’Alessandro sono luoghi sospesi, dove l’intimità è il tratto fondamentale. Libero Marsell è fatto di luoghi circoscritti, controllabili, intimi. Le due città che vive sono apparentemente vaste, ma lui sa ritagliare dei nidi cruciali per la sua crescita.

 

Così intimi i luoghi, che mi è sembrato di esserci stata e per la verità, mi sento ancora lì sulle scale di Piazza S. Alessandro, perché Libero Marsell non si dimentica.

Le donne, tante e meravigliose, anche quelle più fredde e rigide come Frida con “la collera per quel nome che non aveva saputo vivere”. Due su tutte, però, mi hanno conquistata. Madame Marsell (tale anche dopo la separazione dal marito) e Marie, che forse sono contrapposte e complementari. L’una che sceglie, sempre, anche nel caso della morte, a costo di provocare sofferenza:

“Disse che era più della purezza, era la dignità. La dignità di scegliere, Libero. Ecco perché io e tuo padre ti abbiamo chiamato così.”

L’altra che invece si rassegna e dissimula i moti del cuore:

“Marie si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio che era la sua condanna, l’eros, e che non avrebbe permesso di rovinare una cosa pura che la vita le aveva riservato.”

Sono loro che in maniera differente, e contraddittoria, insegnano a Libero ad amare e a innamorarsi e dietro entrambe si allunga l’ombra di Monsieur Marsell, il personaggio a cui in assoluto ho voluto più bene.

Non mi è sembrato casuale che Marie non avesse figli e che vivesse la mancata maternità come un tormento. Non è in qualche modo anche lei madre di Libero?

In un certo senso Marie è la grande madre di Libero. Dopo il “tradimento” della mamma biologica, Marie prende le redini della sua educazione sentimentale e letteraria. Ecco perché tra loro non può che esistere il candore: sarà lei a preservarlo, perché in un certo senso sa che non potendo avere figli, Libero rappresenta il suo destino mancato di madre. I libri consigliati sono questa missione, acquisiscono potenza anche agli occhi del lettore proprio per questa forza sublimata.

Il gran seno di Marie è anche il simbolo, complesso, dell’esuberante femminilità della donna e della sua strabordante “maternità”.

La spendiamo qualche riflessione su Monsieur Marsell? Il personaggio che si ama, con malinconia, da subito e che rimane vivo tra le pagine anche dopo la morte.

Assieme a Palmiro Togliatti, Monsieur Marsell è il personaggio che ho amato più scrivere e che mi ha dominato di più. Perché c’è senza esserci, perché quando c’è manca. E’ un uomo poetico, irrisolto, delicato, ma creatore. Mette al mondo la missione di Libero in silenzio e lo segue in bassorilievo, nei libri, sulle donne, nel modo di trattare la vita. Viene sommerso dalla vita, ma la lascia a Libero.

L’ultima domanda, Marco. Ma prima una curiosità: perché hai scelto proprio il 27 dicembre per far nascere Libero come padre?

È un giorno strano. Di svuotamento delle feste e di attesa verso l’anno nuovo. Tra il Santo (Natale) e il Pagano (Capodanno). Di sospensione. Di bilanci. Di magie consumate. Di Libero.

Cosa vuol dire per te la candidatura allo Strega? Un punto di arrivo, di partenza, un riscontro al tuo percorso letterario, una consacrazione?

Io e Feltrinelli abbiamo deciso di non portare “Atti osceni in luogo privato” allo Strega. È stata una decisione presa con serenità, senza dietrologie o chissà cosa. Questo è un libro che può andare con le sue gambe direttamente alla gente!

Marco Missiroli sorprende, stupisce e arriva al cuore di me lettrice con la serenità di una scelta chiara, senza orpelli che lo rende Libero, almeno ai miei occhi.

Chiacchierando con… Marco Missiroli