– Facciamo che siamo a Messina, io sono qui veramente in questi giorni e cade la neve sullo Stretto… Molto suggestiva!

Nadia Terranova ben conosce la tradizione del Chiacchierando, essendo stata una delle interlocutrici del cuore mio e di Nuccia (QUI). Visto che la neve è anche a Potenza, con un piccolo sforzo di immaginazione posso provare a pensare ai fiocchi che danzano sullo stretto, le mani intirizzite che si aprono in un abbraccio, una tazza fumante e … il via alle domande.

Ho letto il tuo libro facendo le ore piccole, senza riuscire a interrompere la lettura. Ho amato alla follia Giovanni, con il suo eroismo così fragile, ho ammirato Aurora per la forza e la passione, e ho provato una grande tenerezza per Marta, la sua infanzia custodita negli occhi, nonostante tutto.

La tua è una scrittura nitida, precisa, senza orpelli, con una sua candida naturalezza, che però graffia e artiglia, quasi inaspettatamente, come le unghie affilate di un neonato. Una narrazione continua, che non si concede pause liriche, ma che proprio nella concretezza dei fatti trova la sua forte emotività.

L’aver scritto per bambini e ragazzi, in cui credo che una scrittura immediata e naturale, con un suo spessore sentimentale, sia imprescindibile, può aver influito sulla scrittura di “Gli anni al contrario” (Einaudi, 2015)? Perché quello che mi ha più affascinato del tuo nuovo libro è la purezza dello sguardo con cui tracci un’epoca e tiri le fila di un periodo, guardandolo dal di dentro, senza voler giudicare imperfezioni ed errori, senza tentare valutazioni, che non siano quelle del cuore.

Grazie per quello che dici. Sicuramente mi piace raccontare storie, da cui anche la voglia di farlo per ragazzi, che le amano in purezza. Non mi metterei mai a scrivere senza avere un’idea di trama, che poi chiaramente viene fuori a poco a poco. Pensa se a un certo punto il narratore smettesse di occuparsi di Pollicino e non ci dicesse più se ritrova la strada di casa, o cosa succede nel frattempo, pensa che proteste da parte dei lettori. Poi certo c’è la questione della voce, a volte viene da sé, a volte invece fatica. Ora per esempio ho un’idea di storia ma non so ancora qual è la voce che la racconta, mi manca il punto di vista, quindi in questo caso ho i fatti ma non comincio a scrivere.

Nadia, che bello sentire la tua voce, perché un’altra caratteristica di “Gli anni al contrario” è senza dubbio il sentire, percepire, empatizzare con la storia che racconti.

La ricerca di Aurora e Giovanni è fortemente datata, ricolma dei loro anni e della Storia, seppure vissuta ai margini dei grandi centri, ma nello stesso tempo racconta fortemente di noi, di quel grumo inespresso che ci portiamo dentro. È come se ci descrivesse in un momento storico determinato, con quegli incantesimi che solo la letteratura riesce a fare.

Una salvezza o una dannazione per loro e la loro generazione venire dalla provincia? Penso soprattutto agli anni milanesi di Giovanni, che nella parabola esistenziale sono quelli più bui e persi e mi chiedo se la sua maturazione sarebbe stata possibile senza il nido caldo della provincia a cui torna malato o invece forse vivere il turbine degli eventi nei centri focali in cui avvenivano, Roma per esempio, lo avrebbe aiutato a trovare se stesso e la propria strada in una maggiore partecipazione. Tu sei venuta via dalla provincia, anche per te una salvezza o una dannazione?

Ti rispondo con Sciascia e l’incipit di “Paese con figure”, un racconto che si trova in una antologia che amo molto, “Il fuoco nel mare”, perché nessuno sa dire la provincia e la distanza meglio di lui:

Quando saremo lontani da questo piccolo paese in cui siamo nati e viviamo, quando finalmente ci sentiremo nascere dentro amore e nostalgia per le cose che oggi ci circondano e mortalmente ci annoiano – di queste povere case ammucchiate, di queste persone che ogni giorno incontriamo, il nostro ricordo riuscirà forse a comporre una di quelle infantili e amorevoli costruzioni in cui cubetti di legno e figurine di coccio fanno affettuosa armonia; una povera e incantata armonia. Come uno di quei Presepi a cui intorno al Natale si affaccendano grandi e piccini e che, dal re dell’acquaiolo, raccolgono tutte le umane attività e significazioni. Quello sarà veramente il nostro paese: perché la lontananza darà dolci cadenze alla noia di oggi e all’angustia; e diventerà un po’ amore quel che ora è insofferenza e reazione. Intanto, poiché ancora in nessun modo lo amiamo, una pausa della nostra insofferenza ci permette di immaginare come sarà il ricordo di noi lontani, come nascerà quell’insieme nitido e minuscolo come un Presepe.

Sarà per questo, Nadia, che ho nei tuoi confronti una grandissima ammirazione? e mi viene da chiederti: esiste la “sicilianità” per Nadia Terranova? Senti di essere parte di una certa letteratura, che ha nella Sicilia il suo fulcro e il suo colore?

Ritornando più esplicitamente a “Gli anni al contrario”, lo definiresti il racconto di una storia d’amore o invece un romanzo politico? Perché il tuo romanzo è anche un tirare le fila, sentimentali emotive affettive, di un determinato periodo, controverso e dibattuto, della storia d’Italia. Mara è la figlia di una scelta politica, come presuppone il suo nome, o al contrario è la deroga dall’ideologia, l’irrompere del personale nel politico?

BufalinoPenso che esistano varie sicilianità, le cento Sicilie come diceva Bufalino, e che ognuno possa scegliere la sua (restiamo in compagnia di Bufalino: a me piace “il luttuoso lusso d’esser siciliani”, come diceva lui, e mi piacciono tutte le riflessioni che irridono o adombrano la presunta “solarità” degli isolani).

Tutto sommato, credo sia più una storia d’amore. La politica urta le vite di questi due ragazzi, le devasta, ma la struttura della storia è narrativa, credo che quello che interessa al lettore è sapere come va a finire fra loro due. Perché com’è finito quel periodo lo sappiamo già, senza bisogno del mio libro; se poi la storia aggiunge eventuali riflessioni sono contenta.

 

Da lettrice, e dunque con un pensiero molto soggettivo, ti dico che il tuo libro si artiglia al cuore ed è molto difficile interromperlo. La tua scrittura così sottile e leggera, elegantemente duttile fa il resto. Certo il merito è dei personaggi straordinari che racconti, ma cosa sarebbero senza la Storia che è dietro le loro spalle? Periodo tormentato come le loro anime. In questa simbiosi il miracolo di “Gli anni al contrario” che ti rimane dentro e diventa inesorabilmente tuo. Magia anche del tuo sguardo obliquo, della sospensione del giudizio, tanto storico quanto personale sui personaggi.  Una visuale dall’interno, che diventa fortemente empatica. 
Domanda banale, ma irresistibile visto il fascino dei protagonisti, come quella di un tempo ai bambini: vuoi più bene alla mamma o al papà? Puoi scegliere tra Aurora e Giovanni? Intendo strettamente come personaggi narrativi. Quale dei due è stato più difficile da incontrare nella scrittura?

Guarda, Aurora mi ha fatto ammattire, era un personaggio difficilissimo da scrivere perché a un certo punto il suo sviluppo, personale e drammaturgico, si interrompe, e nella seconda metà del romanzo temevo che risultasse piatta, bloccata. Poi ho capito che era quella la sua cifra e mi sono arresa: da lì in poi vive di quotidianità. La Storia continua a intrecciarsi con le storie di entrambi, ma per Aurora è soprattutto paura e ansia per Giovanni.

Aurora è un personaggio che ha destato tutta la mia ammirazione. Caparbia determinata, ma nello stesso tempo amorevole e materna. Umana nelle sue incertezze e fragilità.

Arriviamo all’ultima domanda.

Una delle magie del tuo libro è quello di raccontare di due giovani e del loro amore, come ce ne possono essere tanti, (infatti la copertina ritrae due giovani d’oggi, vero? Non è una foto “d’epoca”) e contemporaneamente risultano del tutto immersi e “datati” in un periodo determinato.

Manca qualcosa alle generazioni di oggi per vivere una storia come la loro? Perché quello che colpisce è il loro rimanere uniti, pur nella lontananza e nella separazione. Un sentimento di famiglia vero, autenticamente vissuto, che non ha nessun riferimento religioso, eppure contiene la forza dirompente del sacramento cristiano, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, per sempre. Giovanni e Aurora, come lettrice, li immagino ancora così, come i giovani ritratti in copertina, insieme e abbracciati, pur conservando ciascuno la propria personale e unica visione del mondo.

“Gli anni al contrario”, poi, da quale prospettiva? Al contrario dal punto di vista della generazione di Giovanni e Aurora o di quella di Marta?

Al contrario dal punto di vista di entrambe le generazioni, direi. E con ‎l’amaro sospetto che i nostri anni dritti non siano poi tanto meglio.

Manca qualcosa, sì, in quest’epoca, un vuoto che ci fa sentire la storia di Aurora e Giovanni molto vicina ma allo stesso tempo lontanissima, impossibile da riprodurre oggi, dietro un vetro. Sarà anche quella distanza consumata fra lettere di carta e cabine telefoniche, che permette pensieri diversi rispetto alla velocità di comunicazione di oggi e paradossalmente, nel tempo consumato a immaginare l’altro, l’amato, senza vederlo su Facebook o in chat. Questa distanza lega e divide in un modo diverso, più legato all’immaginazione e quindi più vero.

Nessuna riflessione potrebbe chiudere meglio questa chiacchierata, a cui aggiungo solo un semplice e significativo “Grazie” a Nadia Terranova per essere tornata sul nostro sito.

Chiacchierando con … Nadia Terranova