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Il tempo della vita

di Marcos Giralt

Torrente 

 Patrizia http://www.leultime20.it/

twitter: @patrizialadaga

 Giuditta

twitter: @tempoxme_libri

1. Dai un voto alla copertina e spiegalo
Voto:7.

L’editore Elliot ha mantenuto la stessa foto della versione originale, pubblicata in Spagna da Anagrama. L’immagine ritrae l’autore del libro da bambino con suo padre. Di certo un bel modo per onorarne la memoria.

Voto:6.

Troppo facile e semplice l’immagine di copertina. Una foto dello scrittore bambino con il padre. Io sono per le scelte più studiate e meditate, che hanno un guizzo creativo. Quello che di Elliot mi piace è la nuvoletta stilizzata in rosso, con le indicazioni bibliografiche, che è il vezzo di riconoscimento della casa editrice.

2. L’incipit è …

Ingannevole perché molto più intrigante di quel che risulterà il resto della storia.

Lo stesso anno in cui mio padre si ammalò pubblicai un romanzo nel quale lo uccidevo.

Lo stesso anno in cui mio padre si ammalò, pubblicai un romanzo nel quale lo uccidevo.

… e da subito lo scrittore mi risulta antipatico e supponente. Ahimè, la mia impressione non cambia nel proseguo delle pagine. Certo l’incipit è ad effetto, ma per me l’effetto è stato di prendere le distanze dalla voce narrante.

3. Due aggettivi per la trama
Noiosa e ripetitiva. Eccessivamente biografica e poco empatica.

Mi sono avvicinata a questo libro con molta curiosità. Tra i candidati al Premio Strega Europeo, insieme con il vincitore “Il tempo della vita”, c’era lo straordinario “Fisica della Malinconia” di Gospodinov, un libro geniale che ho amato molto. Le mie aspettative erano altissime, invece il libro non si è dimostrato all’altezza di superare il mio preferito, e neanche di uguagliarlo, rimanendone molto molto al di sotto.

4. Due aggettivi per lo stile
Lucido e sofisticato. Ripetitivo ed elencativo.
5. La frase più bella

Tutta la seconda parte del romanzo, dedicata alle cure che il figlio riserva al padre malato, è costellata di frasi commoventi. Ne scelgo una che ben illustra che cosa significa prendersi cura con amore di una persona cara.

Da allora, senza rendermene conto, mi trasformo in suo padre. Al mattino lo aiuto a farsi la doccia. È combattivo, vuole fare tutto bene e il mio aiuto rafforza la sua determinazione. Così siamo più vicini al successo.

Del libro salverei solo le ultime pagine ed è lì che prendo la mia frase più bella, in cui il sentimento gorgoglia e si fa scrittura:

Il corpo che giaceva nel letto non era più mio padre. Mio padre era sparito, era andato in nessun luogo, quello della memoria che si arrende e sparisce.

6. La frase più brutta

“Il tempo della vita” è un campionario di concetti dolorosi. La frase che più mi ha toccato, anche per via di vicende personali, è una domanda, banale nella sua semplicità, ma davvero “brutta” per la negazione di futuro che sottende.

Come augurare buon anno a qualcuno che non lo avrà?

Non una singola frase, ma quello che del libro non mi ha convinta è lo stile, l’andamento meccanico, gli elenchi, le ripetizioni che costringono l’emotività e le fanno perdere vigore.
7. Il personaggio più riuscito
La donna brasiliana che condivide la vita con il padre dell’autore dopo il divorzio. Giralt Torrente ne fa un ritratto negativo così dettagliato da farcela odiare al primo istante. La madre. Senza dubbio. Leggera, con un tocco di frivolezza e grande umanità.
8. Il personaggio meno azzeccato
La madre dell’autore. Se ne parla spesso ma non se ne sa nulla. Un personaggio positivo ai margini. Un peccato. La donna brasiliana. Troppo il rancore e l’astio dello scrittore nei suoi confronti. Descritta solo nella sua negatività.
9. La fine è…
Inevitabilmente molto triste. Prolissa. Le uniche pagine che ho letto con piacere sono quelle della morte del padre, poi Giralt Torrente si dilunga, con il suo fare ripetitivo, oltre il momento della perdita, concentrato come è su se stesso, in un egocentrismo, per me, insopportabile.
10. A chi lo consiglieresti?
Giuditta, abbiamo una domanda di riserva? … invece di Giralt Torrente consiglierei di leggere “Guarigione” di Cristiano De Majo, in cui l’autobiografismo assurge a esperienza universale, in cui specchiarsi e riconoscersi. Non è questo il valore di un memoir?

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