La scelta di un libro è sempre un azzardo per il lettore, ancora di più per una piccola lettrice, avida e famelica come Nuccia. Quando le chiedo perché tra tante possibilità la sua attenzione si sia soffermata su “Io e Sara, Roma 1944” di Teresa Buongiorno (Piemme, 2003), con le illustrazioni di Desideria Guicciardini non ha incertezze:

– L’ho scelto perché mi ha ispirato il titolo.

Ma a me, madre-lettrice, impicciona e curiosa, non basta e allora incalzo:

– Quale elemento del titolo? “Io”, o i due nomi legati dalla “e”, o cosa?

La risposta di Nuccia dimostra la scrupolosità di lettrice attenta:

– La data. Mi ha incuriosito l’anno del titolo, perché in Italia c’era una guerra e anche le leggi contro gli ebrei.

Anche questo è un vantaggio della lettura, dare la percezione del tempo e del passato a una bimba di 9 anni. Mi ha sbalordita la precisione con cui Nuccia è riuscita a posizionare nel tempo un evento storico nella sua portata.

Nel 1944 in Italia c’erano le leggi razziali – continua – ma nel libro invece di parlare di una famiglia ebrea, si racconta di come viveva la guerra una bambina italiana, che diventa amica di Sara, che è ebrea. La guerra è brutta per tutti, non sono solo gli ebrei ad essere in pericolo, ma anche gli italiani. Durante la guerra, c’erano i bombardamenti. Quando suonava l’allarme, Isabella e la sua famiglia dovevano correre in cantina. A volte bussava qualcuno che si era ritrovato per strada in un momento di pericolo per chiedere ospitalità. Nelle situazioni di pericolo l’unica arma è essere solidali e disponibili con gli altri. Isabella e Sara si sono conosciute da bambine al mare, poi si rincontrano a Roma durante la guerra. Di Isabella mi ha colpito, che tra i suoi primi pensieri ci sia sempre Sara, se è in pericolo o no. Sara, in realtà, è nata da madre ebrea e da padre cristiano e durante le leggi razziali si battezza per sfuggirle. Quando la situazione peggiora, il battesimo non basta a proteggere lei e la madre. Nella scuola delle suore, frequentata da Isabella, si iscrivono tante bambine ebree e tra queste vi è anche Sara. Sperano così di essere protette, perché le suore sono spagnole e la Spagna non è in guerra. È per loro una vera fortuna, perché si salvano tutte. Anche il fratello di Isabella, con tutti i fratelli di Sara, si rifugia in un seminario, per evitare l’arruolamento in guerra.

Il libro si conclude in festa, con l’arrivo a Roma degli Americani, che sono acclamati con gioia da tutta la città. La guerra è finalmente finita.

Dal titolo – conclude Nuccia – mi aspettavo il racconto sulla vita di una bambina ebrea, invece “Io e Sara, Roma 1944” racconta molte più cose e mi ha spiegato il fascismo, e come vivevano in quel tempo anche gli italiani. Io non avrei mai voluto essere una Piccola Italiana!

Io e Sara, Roma 1944