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Un buon detective

non si sposa mai

di Marta Sanz 

 Patrizia http://www.leultime20.it/

twitter: @patrizialadaga

 Giuditta

twitter: @tempoxme_libri

1. Dai un voto alla copertina e spiegalo
Voto: 8.

La copertina, con la stessa immagine della versione originale spagnola ma con un tocco raffinato in più, dato dal colore e dalle scritte di fondo, è in totale sintonia con il romanzo. Commedia, eleganza e torbide passioni.

 

Voto: 8.

Quello che mi fa impazzire delle copertine Nutrimenti è lo sfondo, quello che mi convince è la qualità del manufatto dai materiali pregiati e resistenti, un vero piacere al tatto. Quello che apprezzo è la riconoscibilità della casa editrice senza venir meno all’originalità della singola copertina. In questa specifica copertina il gioco è sottile e rende pienamente la sperimentazione poliedrica del romanzo.

2. L’incipit è …

Un biglietto da vista tout court:

Ho il cuore infranto e non so guidare.

Ho il cuore infranto e non so guidare.

Senza nessun avvertimento Marta Sanz cala il lettore nell’io del suo egocentrico personaggio e nel surreale della narrazione. Quella “e” spiazzante tra le due affermazione dice tutto sul modo di raccontare della scrittrice spagnola.

3. Due aggettivi per la trama
Eccelsa, quando riesci a scorgerla tra una valanga di parole e l’altra. Coltissima e sconcertante.
4. Due aggettivi per lo stile
Straripante, eccessivo (ma farcito di cultura). Un grande impegno per il traduttore Luigi Scaffidi (ho avuto modo di comparare la versione italiana e quella originale) che rende in modo brillante l’esuberanza linguistica della Sanz. Esuberante e borgesianamente elencativo. Immagino che sia stata una vera erculea fatica per il traduttore, Luigi Scaffidi, a cui va il mio plauso.
5. La frase più bella

Marta Sanz è una professionista dell’introspezione, specie quando si tratta di rovistare nei pensieri più torbidi dei suoi personaggi. Nessuna frase mi ha regalato bellezza in senso letterario, eppure tutte le frasi a loro modo sono “belle” per la capacità dell’autrice di mettere il dito nella piaga. Indicare un passaggio che eccelle in questo libro mi risulta davvero impossibile.

Bello non è un aggettivo appropriato nei confronti dello stile della Sanz. Ci vorrebbe un termine che indichi lo stupore ammirato e costernato delle rivelazioni. Scelgo una frase, ma la felicità del romanzo è proprio in queste riflessioni mirabolanti e metanarrative che sostanziano il racconto.

Tutti i racconti sono generosi. Perfino quelli avari di parole e che ti conducono in luoghi tenebrosi. Quando mi lascio prendere la mano è perchè non so dove andare. Mi sento smarrito. Perciò, ringrazio Ilse per le sue confessioni e per quelle omissioni che sono come l’ombra di un albero – cipresso, betulla, quercia, carrubo – che, grazie alla sua oscurità, mi dà conforto.

Anche io spesso mi sono sentita smarrita tra le pagine della Sanz, ma l’abilità della scrittrice è di prenderti per mano con decisione e consapevolezza.

6. La frase più brutta

Amparo Orts veste come una donna di paese degli anni Sessanta. Una vedova Couderc che potrebbe aprire le cosce davanti a me per sventagliarsi la vagina prensile e rinfrescarsi così del sudore che le causa l’elastico delle mutande.


Trovo la vagina prensile ed altre amenità, che per altro appaiono con frequenza, piuttosto noiose. Non è mitragliando grossolanità che la Sanz dimostra il suo talento.

Senza dubbio quelle pulp che riguardano la morte, seleziono quella che mi permette di non fare spoiler:

[…] adesso il sangue – molto poco – impregna l’ambiente di un odore di metalli preziosi e di insaccato dolce di paese. La prossimità della morte, il suo afrore, ci pietrifica. I cani si allontanano con la coda tra le gambe, ululano, quando sono in presenza di cadaveri di altri cani.

7. Il personaggio più riuscito
Arturo Zarco, il detective protagonista e voce narrante della storia. Di lui finiamo per conoscere ogni recondito pensiero, dubbio, impulso o frustrazione. Impossibile resistergli. Una coppia, che diviene personaggio unico nell’essere alterità: Arturo e Paula. Se in “Black black black” Paula era un personaggio in carne e ossa che si materializzava con delle telefonate all’ex marito, in questo secondo romanzo è presenza totalmente assente, alter ego immaginario e concreto del protagonista.

Paula Quinones, invece, continua a vivere nel mio timpano.

– “Dove sono? Dove siamo Zarco?”, Paula copre e scopre di colpo il suo volto, mi fa cucù. Non posso strapparmela via, tirando l’estremità di questa goccia ambrata che la mantiene in conserva. Chiedo soltanto agli dei, anche sotto forma di presenza illusoria, che Pauli non mi abbandoni mai. Perché lei è il mio Hyde – che rimane nella stanza buia -, ma soprattutto è il mio Jekyll: la mia razionalità, il mio buon giudizio, il mio lato nobile – che non ha niente a che fare con l’elaborazione sofisticata del cibo, con il galateo, con gli eccessi di un depravato bon vivant o con i capricci di un bamboccio che va pazzo per le fragole con panna e i cannibali. Se Paula non si fa viva, e se nessuno me lo impedisce, avanzerò con passo incerto verso l’autodistruzione ed è molto probabile che prenderò le piattole.

Grande Marta Sanz!

8. Il personaggio meno azzeccato
Charly, la domestica. L’unica figura che nonostante il torrente di parole si fatica a definire. La zia Amparo e in effetti nelle pagine in cui Arturo Zarco la incontra nella sua stanza mi sono del tutto persa, senza capire fino alla fine se era la narrazione di un dato reale o di un’esperienza onirica. Ma anche questo fa parte del gioco della Sanz con i lettori e della forza innovativa della sua scrittura.
9. La fine è…
Pura psicopatia. Chi vivrà, vedrà … mi sa tanto che la Sanz prepara una terza avventura per i suoi eroi e la conclusione serve a tracciare un filo su cui infilare come perle i romanzi di Arturo Zarco.
10. A chi lo consiglieresti?
A lettori capaci di non perdere il filo né la pazienza (io l’ho persa più di una volta) davanti alle sperimentazioni linguistiche dell’autrice. Agli amanti del noir purché disposti a chiudere un occhio sull’eccentricità con cui Marta Sanz tratta il genere. Questa volta capovolgo la domanda. A chi NON lo consiglierei. A quanti ritengono che il noir ha delle regole ferree che vanno rispettate e mai eluse, perché la Sanz le sovverte tutte, senza lasciarne in piedi neppure una. A chi legge noir perché ritiene che il genere non faccia parte della letteratura, perché la Sanz è una scrittrice di piena maturità e consapevolezza, anche esigente nei confronti di chi la legge. Se non ami la metaletteratura, non puoi apprezzare la Sanz.

Il vero consiglio, però, è: leggete prima Black Black Black, tanto Un buon detective non si sposa mai sarà in libreria solo dal 9 luglio!

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P&G Un buon detective non si sposa mai. In anteprima
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