Con straordinaria disponibilità, Maria Concetta Scotto di Santillo (traduttrice, in particolare di libri per ragazzi) apre le porte di casa sua a me e Nuccia, che volevamo fare una chiacchierata su scrittura e traduzione.

Fra una traduzione nel pc e un ciambellone nel forno, si dedica a noi e alle nostre piccole, grandi curiosità di lettrici.

La mia prima domanda parte dalla sua figura di traduttrice.

Influisce nella traduzione il fatto che i lettori siano dei bambini oppure la semplicità della lingua è già fornita nell’originale? Cambieresti il tuo modo di tradurre se i possibili lettori avessero un’altra fascia d’età?

Devo ammettere che non mi capita spesso di tradurre libri per bambini. In genere i romanzi su cui lavoro sono rivolti a un pubblico di “young adults” ossia ragazzi adolescenti ed oltre. E’ chiaro che il linguaggio originale utilizzato varia a seconda della fascia di età e io devo per forza di cose adeguarmi allo stile. Può sembrare strano, ma a me risulta più difficile tradurre per bambini perché costretta a ricorrere a parole semplici, chiare, dirette che nella vita, nelle traduzioni e nelle letture da adulta si sono un po’ perse. Quando invece traduco per adolescenti o adulti, confesso che a volte uso di proposito termini inconsueti (due o tre in tutto il libro, senza ovviamente tradire la versione originale) per stimolare i giovani alla ricerca del significato e per arricchire il loro vocabolario. Ma è un trucchetto che non dev’essere rivelato!

Interviene Nuccia:

Ciao, Maricò.

Prima di cominciare a leggere “Il cielo non ha muri” sapevo che si trattava di una traduzione, perché quando comincio un libro, la prima cosa che leggo è il frontespizio. Mi sento molto portata per lo studio delle lingue, anche se al momento sto imparando solo l’inglese. Dopo aver letto il libro, mi è venuta voglia di imparare lo spagnolo, la lingua in cui è scritto.

Vorrei chiederti: quando hai cominciato a studiare lo spagnolo? è l’unica lingua che conosci?

Il cielo non ha muri

Cara Nuccia, innanzitutto mi complimento con te per la tua curiosità, il tuo impegno nella lettura, la complicità con la tua mamma.

Ho studiato inglese e spagnolo: inglese da quando ho memoria (!!!) mentre lo spagnolo l’ho imparato tardi, addirittura dopo il liceo classico quando mi sono iscritta alla Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori dove mi sono diplomata dopo quattro anni, un diploma a livello di laurea universitaria, purtroppo non riconosciuto.

Se desideri imparare le lingue, il mio consiglio è scontato: ottima scuola in Italia e soggiorni all’estero.

Io e la mia mamma già adesso discutiamo sulla scelta delle future scuole. Mia madre mi suggerisce il classico, mentre io sono già decisa per il linguistico.

Cara Nuccia, non vorrei sembrarti “in combutta” con tua madre (scherzo!), ma anche io mi sentirei di consigliarti il liceo classico. Nella mia esperienza personale, gli studi classici mi sono serviti moltissimo, mi hanno insegnato a cercare sempre le fonti, ad approfondire gli argomenti, a conoscere le radici della nostra cultura… in poche parole, per usare un’espressione trita e ritrita, “ad aprire la mente”. Poi potrai sempre frequentare corsi e scuole di lingua, o in contemporanea col liceo oppure successivamente.

Cara Maricò, ti ringrazio di tutti i consigli, anche se al momento continuo a preferire il Liceo Linguistico.

Nella tua risposta tocchi l’annoso problema del tradurre/tradire. Io che conosco poco e male le lingue “vive” (i miei studi sono stati tutti indirizzati alla filologa classica, quindi con la traduzione ho qualche dimestichezza anche io, ma su lingue “morte”), considero voi traduttori il sale delle mie letture perché senza di voi mi sarebbero precluse pagine meravigliose. Eppure nella mia esperienza di lettrice, mi capita a volte di sentirmi a disagio con certi autori nella loro traduzione. Quasi che perdessi qualcosa di fondamentale. Capita anche a te, nella tua veste di traduttrice, di sentirti a volte a disagio nel rendere la scrittura di qualche autore? Eventualmente per quale ragione? Lo stile, la lingua, l’enciclopedia che ognuno di noi si porta dietro? Quale approccio hai ai testi per essere più fedele possibile all’originale? Ma poi è questo il compito di un traduttore: la fedeltà?

Cara Giuditta, a chi lo dici! Tradurre/tradire è il dilemma, la croce e delizia, il nucleo, il cuore, il fondamento della nostra professione. Sarebbe splendido poter leggere in originale ogni libro che decidiamo di tenere con noi sul comodino-tavolino-poltrona-bus-divano-sala d’aspetto… ma si tratta di pura utopia, per cui non ci resta che affidarci ai traduttori e “fidarci” di loro. Confesso che per deformazione professionale sono spesso critica nei riguardi di certi colleghi, ma sono davvero l’ultima ruota del carro per poter giudicare. Certo, mi capita di pensare che magari io avrei tradotto quel termine o quella frase in maniera diversa, ma questo dipende dalla sensibilità di ciascuno. Nel mio lavoro mi trovo davanti alla scelta: fedeltà alla lingua o fedeltà allo spirito? Se sono fortunata, NON devo scegliere, ma di frequente nei libri per ragazzi trovo poesie, rime, giochi di parole, allusioni, “nomi parlanti” che mi costringono a optare per la seconda, e quindi mi allontano dalla lingua originale per avvicinarmi di più al contenuto e allo spirito di quanto voleva essere trasmesso. A ogni modo, cerco sempre di mettermi non solo nei panni dell’autore, ma anche dei personaggi e mi sforzo di renderli al meglio. Diciamo che ho un approccio “teatrale”, nel senso che vivo le scene e i dialoghi quasi immedesimandomi. Immagino che frequentare da anni un laboratorio teatrale mi aiuti molto. Per esempio, quando trovo una parola che può avere un doppio significato, mi figuro la scena, il carattere dei personaggi e decido per il termine che meglio calza alla situazione, sempre nel massimo rispetto delle intenzioni dell’autore e con grande umiltà.

Leggendo “Il cielo non ha muri” mi sono ritrovata nella tua scrittura, facile e chiara. Infatti ho letto il libro in due giorni, sia perché ero incuriosita dalla storia ma anche perché trovavo la tua traduzione molto semplice.

Per caso hai conosciuto l’autore del libro, Agustìn Fernàndez Paz?

I complimenti che mi fai mi hanno colpita, in particolare sono contenta che sia venuta fuori la mia curiosità.

Non ho conosciuto A. F. Paz purtroppo, ma incontrare o anche solo avere un contatto con un autore che si deve tradurre è un evento, ahimé, rarissimo. Nella mia ventennale carriera mi è capitato solo una volta, con Christopher Paolini, l’autore del ciclo dell’Eredità (quello di Eragon, per intenderci) quando venne a Roma per promuovere il suo secondo libro, Eldest. Ci mettemmo a parlare di un capitolo in particolare dove aveva citato una serie di nomi di funghi che io ero impazzita per trovare e tradurre. Molti non ero riuscita a trovarli da nessuna parte ed ero stata costretta a inventarmeli (in fin dei conti si trattava di un fantasy)… Bè, solo durante quella chiacchierata, a libro ormai pubblicato, scoprii che in effetti molti se li era inventati lui! Avessi potuto contattarlo PRIMA, mi sarei evitata un sacco di ricerche affannose e mal di testa!

Io e Nuccia ci siamo molto divertite con il tuo aneddoto sui funghi di Eragon. Ci hai permesso di toccare con mano i problemi testuali in cui può imbattersi un traduttore.

Anche per i traduttori, a volte, capita come per i doppiatori, di diventare la voce italiana di un determinato autore. È accaduto anche a te? C’è uno scrittore o una scrittrice con la cui scrittura ti sei sentita particolarmente in sintonia? è più facile tradurre uno scrittore con uno stile che senti congeniale o invece la distanza e la differenza è un vantaggio quando si traduce?

Sai, Giuditta, tradurre saghe, cicli o comunque libri di uno stesso autore è effettivamente paragonabile al rapporto che si istaura fra doppiatore/attore. Dopo aver lavorato per anni (e intendo proprio AAAANNI) al ciclo dell’Eredità di C. Paolini, alla fine riconosco ogni sua sfumatura, ogni guizzo, ogni cambio di ritmo. Ancora un aneddoto che lo riguarda: quando l’ho incontrato per la presentazione dell’ultimo volume della saga, gli ho chiesto in confidenza ma a bruciapelo se si fosse innamorato. Lui è arrossito come un pomodoro e mi ha chiesto come mi fosse venuta in mente una cosa del genere. Ebbene, lo avevo intuito da un suo cambio nel tono, nelle descrizioni dei personaggi, nella maggiore sensibilità verso gli intrecci romantici… tutto frutto senza dubbio di una maturazione nella vita e nella scrittura… ma secondo me anche di una bella scuffia con tutti i crismi! Perciò rispondo che decisamente preferisco tradurre autori che già conosco, che ho imparato a capire come compagni di cammino, anche se poi lavorare su autori per me nuovi rappresenta sempre una gran bella sfida e magari… l’inizio di una bella amicizia (da Casablanca, sono appassionata di cinema).

casablanca

Anche io da grande voglio fare la traduttrice, oltre la scrittrice e la giornalista. Tu hai mai pensato di scrivere un libro tuo?

Quando sarò una traduttrice, ho intenzione di conoscere prima lo scrittore perché se è antipatico non lo traduco. Hai mai avuto delle difficoltà nel tradurre un libro? Per quali ragioni?

Difficoltà a tradurre, Nuccia? A palate! Ti confesso che proprio in questo periodo sto traducendo un libro per ragazzi (l’ultimo di una trilogia di cui però non ho curato i due volumi precedenti) che mi sta dando non poche grane. E’ difficile entrare in corsa in una saga, dove tanti nomi, luoghi, situazioni, sono già scontati per altri, mentre per me sono novità assolute. Nel mio lavoro ci sono spesso delle difficoltà oggettive date dai diversi “inglesi” che incontro: britannico, americano, australiano… Ognuno con le sue caratteristiche, i suoi modi di dire, perfino le parolacce diverse! E difficoltà anche quando trovo delle sviste madornali degli autori, in genere americani che accennano alla storia europea, dove date, avvenimenti e personaggi sono sbagliati o confusi con altri. In questo caso correggo senza ritegno!

Avremmo ancora tante domande, ma credo che se lasciamo fare alla nostra curiosità questa chiacchierata non avrebbe più termine.

Ultime domande? Uh, che peccato! Era divertente dialogare in differita con voi (nonostante i miei tempi biblici!) e spero che prima o poi torneremo a chiacchierare di libri. Splendide ragazze, è stato un privilegio essere “intervistata” da voi.

(Così questa volta è stata la nostra interlocutrice a svelare che la visita era solo virtuale. Ma ogni promessa è un debito, quindi prima o poi io e Nuccia busseremo alla porta di Maria Concetta per continuare a deliziarci con i suoi aneddoti!)

Cara, carissima Maricò, non puoi immaginare quanto sia stato piacevole per noi chiacchierare con te. Ci hai concesso un privilegio per noi importantissimo: entrare nella tua officina, vederti al lavoro, sentirti sorridere e anche correggere con la penna blu!

La tua accoglienza, poi, è straordinaria.

Ti vorrei fare ancora un’ ultima domanda. Mi consigli un libro tradotto da te come prossima lettura?

Che pizza, finire questa chiacchierata! Mi  è  piaciuto molto chiacchierare con te, perché le tue risposte sono sempre piene di racconti.

Baci, baci da piccola lettrice.

Cara Nuccia, avrei tanti di quei titoli da suggerirti! Non ne ho tradotti molti per la tua età, quasi sempre si tratta di libri per ragazzi più grandi o proprio per adulti, ma tu mi sembri piuttosto sveglia e intelligente. Se ti piacciono gli animali, ti raccomando i fantasy Il Portatore di Fuoco La Visione, di qualche anno fa a dire il vero, spero che riuscirai a trovarli. Oppure comincia a leggere il primo di una trilogia ancora in progress che si intitola La Casa dei Segreti, pubblicato da Rizzoli, fantasy scatenato, misterioso e divertente. Se poi non ami i fantasy, ci sono Quasi per Sempre e Il Regno di Kensuke, della collana Gli Istrici della Salani.

Il Portatore di fuocoLa Visione

La Casa dei Segreti Il regno di Kensuke

La conclusione, invece, è vita vera che ha sempre la meglio, quando racconta la generosità intellettuale e la ricchezza sentimentale di persone speciali come Maria Concetta Scotto di Santillo, nelle parole e nel vissuto.

Domani, cioè venerdì, partiamo per Roma. Se abiti lì, ci possiamo incontrare!

Ma che bello! Una gita nella Città Eterna. Sapete che vi dico? Fatemi uno squillo se avete tempo. Magari ci scappa un caffè se non proprio un pranzo, perché ho un fine settimana coi fuochi d’artificio.

Chiacchierando insieme a Nuccia con… Maria Concetta Scotto di Santillo